Peppe Servillo, la voce dei soldati in trincea

Presentato a Taormina il documentario di Matteo Raffaelli La linea del Pasubio, distribuito da Istituto Luce Cinecittà


TAORMINA. Sono le lettere dei soldati italiani alle persone care a restituirci l’immane tragedia e carneficina che si sono consumate per tre anni e mezzo sul fronte del Monte Pasubio durante la Prima Guerra Mondiale. Queste testimonianze dirette sono affidate al volto sofferto e alla voce intima del musicista e attore Peppe Servillo che percorre le gallerie e i rifugi scavati nella roccia nel documentario La linea del Pasubio di Matteo Raffaelli, distribuito da Istituto Luce-Cinecittà e presentato al TaorminaFilmFest.

“Ho scelto Servillo perché volevo un viso che esprimesse sofferenza – spiega il regista – ma anche una voce del nostro Sud perché tanti sono stati i soldati meridionali coinvolti nel conflitto e che per la prima volta hanno visto e sofferto interminabili inverni rigidi tra neve e ghiacciai”. La disperazione, la nostalgia di casa, le dure condizioni di vita nelle trincee, l’esperienza terribile del combattimento corpo a corpo, dei gas bellici, delle mine sono attinte da “Il diario di guerra” di Francesco de Peppo, le “Lettere di Azaria Tedeschi”, la Grande Guerra-I diari raccolti dall’Archivio di Pieve Santo Stefano.

Il documentario di Raffaelli è soprattutto la ricostruzione storica di un luogo, il Monte Pasubio, teatro di uno degli scontri più duri della Prima Guerra Mondiale. La linea del Pasubio era l’antico confine tra Italia e Austria, ma anche la linea delle trincee dei due eserciti e la linea di tiro delle artiglierie. dove si fronteggiarono 600mila italiani e 400mila austroungarici, in una logorante guerra di posizione. Oggi è quel museo diffuso tra le montagne fatto di molti chilometri di gallerie e di reperti bellici.

“Il progetto del film nasce all’interno di un percorso creativo e formativo voluto dall’artista internazionale Marco Nereo Rotelli, che si occupa di progetti sulla pace e la guerra, e dal Comune Valli del Pasubio che ha anche l’ossario che raccoglie le spoglie di oltre 5mila caduti, sia italiani che austriaci, della grande battaglia del Pasubio – racconta Raffaelli – Per le celebrazioni nel 2015 del centenario dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, mi è stato chiesto, due anni prima, di realizzare il documentario per raccontare con uno sguardo nuovo una storia che è conosciuta molto bene”.

Per la ricostruzione storica di quel fronte di guerra durato tre anni e mezzo il regista si è avvalso della presenza nel film di Mauro Passarin, direttore dell’Istituto di Storia del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza, e di Giuseppe (Bepi) Magrin, guida esperta ed ex colonnello degli alpini, che è stato consulente per il Ministero della Difesa della bonifica e della messa in sicurezza delle aree della Prima Guerra Mondiale dove, con lo scioglimento dei ghiacciai, riaffiorano magazzini di munizioni.

“I repertori dell’Archivio Luce sono stati la base su cui costruire il racconto del film, si tratta di immagini dei Cinegiornali dell’epoca, tra cui quelle attinenti alla battaglia del Pasubio. All’epoca c’era un rapporto di collaborazione tra le produzioni che realizzavano i servizi dai vari fronti delle battaglie di tutto il mondo e poi si scambiavano i materiali per realizzare i cinegiornali di ciascun paese e ogni nazione creava poi il suo commento sonoro e propagandistico. Non va però dimenticato che le immagini esistenti sulla Prima Guerra Mondiale sono comunque poche”.

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