Minà e Fellini dal dietologo insieme, viaggiando in 500

Loredana Macchietti Minà a Lecce per l’Omaggio a Gianni Minà, protagonista del doc 'Gianni Minà – Una vita da giornalista', esordio alla regia della moglie stessa: il film si correda anche con 'Fame di storie', ultimo scritto dello stesso giornalista


LECCE – La sua strada correva sul binario dell’assistenza sociale, poi – incontrando Gianni Minà – ha curvato su quella dell’audiovisivo, da segretaria di redazione a produttrice esecutiva, fino a regista: Loredana Macchietti, poi Loredana Macchietti Minà per un incontro che non è stato solo professionale, ma anche romantico, nel 2021 ha esordito dietro la macchina da presa raccontando proprio l’uomo protagonista di quell’incontro che le ha cambiato la vita. Il documentario è Gianni Minà – Una vita da giornalista, che lei accompagna al Festival del Cinema Europeo, insieme a un altro titolo, Fame di storie, questa volta cartaceo, ultimo scritto dello stesso Minà.

“Questo documentario con Gianni l’avevamo pensato per le nuove generazioni, per raccontare la Storia del Giornalismo e della Televisione dagli Anni ’70 e fino alla generazione dei device, infatti il doc è stato montato tecnicamente in modo da far riuscire a mantenere l’attenzione, con porzioni pensate 10 minuti per 10 minuti. Con Minà abbiamo pensato di lavorare per loro e con la Fondazione Minà stiamo creando un database, che produca storie attraverso il matrimonio culturale Gianni, perché lui è stato un fagocitatore di storie; lì c’è anche materiale da lui realizzato e che Rai non ha mai voluto. Lui sosteneva che con la conoscenza acquisisci la coscienza critica, utile a capire quello che è finto e quello che è vero”, spiega la regista e moglie.

È mancato nel marzo di quest’anno Gianni Minà, 85 anni, e Lecce ha scelto questo unicum del giornalismo per un Omaggio:

“Il documentario è nato casualmente: dal 2008 stiamo lavorando sulla memoria storica, in questo caso sulla sua carriera di giornalista, una scusa appunto per raccontare la Storia della Tv. Lui mi disse, per il doc: ‘scrivimi il copione, poi ne riparliamo’, quindi ho fatto la trafila come gli altri. Ho voluto montarlo secondo il suo stile: un montaggio breve, che ti cattura l’attenzione con piccoli espedienti, e alla fine lui l’ha accettato. Trovare una casa di produzione è stato difficilissimo: è stata una sfida la produzione fatta con pochissimi soldi. Però è stata un’esperienza. Io ho sempre fatto per lui la ricerca delle fonti, lui era maniaco: studiava, studiava. E mi fece prendere la laurea in Comunicazione per aggiornarmi: lui ha sempre puntato sulle nuove generazioni perché laddove non riusciva a capire – perché figlio del suo tempo – usava le nuove generazioni”.

È un film biografico: la vita di Gianni Minà sembra essa stessa un film, eppure è stata più che reale e Loredana Macchietti Minà (anche voce narrante) ha tessuto la sostanza professionale con la conoscenza personale per riuscire a disegnare questo affresco dell’uomo, che si conferma palese quanto non fosse scisso dal giornalista, Minà era Minà, un tutt’uno con se stesso: non si contano i reportage realizzati o i programmi televisivi ideati, ha raccontato il pop e il contraddittorio, Fellini e Kennedy o Maradona e Garzia Marquez.

“Lui non era un politico ma aveva capito, per esempio, che su Cuba gli USA testavano le strategie di comunicazione, e lui studiava questo. Minà era un cinefilo, adorava il jazz e la musica, era dominato dalla curiosità e – a proposito di cinema – lui era molto amico di Fellini, che andò in incognito a Blitz per capire il dietro le quinte della tv, mentre preparava Ginger e Fred. E con lui c’è un episodio divertente: un giorno accompagnai Minà dal dietologo, dove incontrò Fellini; io stavo in macchina ad aspettarlo e dopo un’ora e mezza apparvero questi due, Fellini e lui, e Gianni mi chiese di accompagnarlo a casa: alzai la cappotte della Fiat 500, misi Gianni e la figlia dietro, e accanto Fellini con i suoi tipici sciarpa e cappello, per cui dalla parte alta della macchina spuntava solo quello, mentre io andavo piano piano perché non potesse volar via”.

Minà con i suoi incontri, a suo modo, è stato anche involontario precursione e narratore di tematiche attualissime, come la questione climatica: “Negli Anni 2000, andavamo in giro tantissimo in America Latina e durante un Social Forum si parlava di cambio climatico, ma il cambio climatico significa cambio di paradigma, qualcosa che nessuno osa fare: lui fu l’unico giornalista al mondo a filmare quell’evento, e a marzo la presenteremo, perché adesso si sta lottando per il cambio climatico e così Mina mostra cosa si sia detto, fatto e cosa no… E Fidel è stato il primo leader al mondo a parlare di cambiamento climatico: sono concetti arditi per cui sembra sia meglio non parlarne ma inscatolare la persona, come dittatore in questo caso”.

Dell’uomo Minà, la regista, racconta che “aveva un carattere molto introverso: l’amicizia con i grandi si sviluppava perché era maniaco della preparazione, anche per le interviste più banali, sempre per cercare qualcosa di diverso. Lui amava raccontare le stelle ribelli perché sosteneva che per dire la verità avessero pagato un prezzo e il suo dovere fosse raccontare. Lui aveva un senso sociale del giornalista, che doveva essere il ponte tra fatto/persona/mondo e la gente, doveva essere uno strumento culturale. Il suo modo di vivere un’amarezza era rilanciare sempre, senza farsi toccare da certe miserie umane: certo, soffriva ma non s’è mai lagnato”.

Nicole Bianchi
13 Novembre 2023

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