Parigi, 13° distretto. Oggi. Emilie incontra Camille, che è attratto da Nora, che incrocia il cammino di Amber. Tre ragazze e un ragazzo ridefiniscono l’amore moderno.
Dopo aver conquistato il pubblico e la critica dell’ultimo Festival di Cannes, arriva nelle sale italiane Parigi, 13Arr. diretto da Jacques Audiard, vincitore, tra gli altri, di una Palma d’Oro e un Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, due Premi César, un Leone d’Argento a Venezia e due BAFTA.
Il film è un libero adattamento della graphic novel ‘Killing and Dying’ di Adrian Tomine, edito in Italia da Rizzoli con il titolo ‘Morire in piedi’ e racconta una moderna storia di amore e amicizia, giovinezza e sessualità, filmata in un sontuoso bianco e nero. Quattro vite con i rispettivi interrogativi esistenziali, quattro destini che si intrecciano sullo sfondo dei grattacieli parigini di “Les Olympiades”, quartiere nel XIII arrondissement. A vestire i panni dei giovani protagonisti, Lucie Zhang (Happy Night), Makita Samba (The bunker game), Noémie Merlant (Ritratto della giovane in fiamme) e Jehnny Beth (frontwoman delle Savages).
Candidato in 5 categorie ai prossimi Premi César (attrice e attore rivelazione, sceneggiatura non originale, fotografia e colonna sonora), Parigi, 13Arr. è distribuito in Italia da Europictures a partire dal 24 marzo.
“L’Olympiades è un quartiere di grattacieli nel mezzo del 13° Arrondissement di Parigi – racconta il regista a Globestyles.com – tra rue de Tolbiac e Avenue d’Ivry. Questo quartiere è nato grazie a un programma di rinnovamento negli anni ’70, da qui la sua omogeneità architettonica molto riconoscibile. Come omaggio alle Olimpiadi Invernali del 1968 a Grenoble, ciascuna torre prende il nome da una città che ha ospitato i Giochi Olimpici: Sapporo, Messico, Atene, Helsinki, Tokyo… mentre le strade prendono il nome dagli sport olimpici: rue du Javelot [via giavellotto], rue du Disque [via del disco]. L’Olympiades è un quartiere molto originale, esotico e vivace, con una fusione sociale e culturale impressionante. I personaggi del film vivono lì ed è lì che si incrociano. Il termine “Olympiades” è anche un riferimento alle imprese atletiche e, da un punto di vista più osé, può anche riferirsi alle prodezze sessuali dei personaggi.”
“Le narrazioni di Tomine sono concise, vicine alla realtà – continua poi – i loro personaggi sono persi e alla ricerca di qualcosa che neanche loro riescono veramente a capire. Mi sono piaciuti tutti questi aspetti. Inoltre i suoi disegni sono molto semplici e d’impatto, non distraggono dalla narrazione e sembrano fatti per il cinema, quasi come fossero uno storyboard. Inoltre, un po’ come Eric Rohmer, Adrian Tomine è un moralista: alla fine delle sue storie, i personaggi sembrano sempre aver imparato qualcosa sulla vita e su sé stessi. Sono sempre più convinto che l’espressione “cercare un buon soggetto” non abbia molto senso e che “cercare un soggetto” sia molto probabilmente il modo migliore per non trovarne mai uno, o al massimo per trovarne uno brutto. Non si cerca un soggetto, si pensa a forme e schemi, a cose in generale, fatte di luci, ritmi, colori, suoni, tipi di personaggi e temi. Ad esempio, dopo aver fatto I fratelli Sisters, ho iniziato spontaneamente a pensare al suo opposto, ovvero una storia urbana, con personaggi di città e un perimetro limitato, senza colori e con poca azione. Quindi un giorno un amico mi parlò delle opere di Tomine, che non conoscevo. Le ho lette e poi tutte queste cose che turbinavano nella mia mente hanno iniziato a cristallizzarsi, diventando a poco a poco la mia storia. E’ un film dedicato ai giovani, sicuramente, ma non più adolescenti. I quattro personaggi principali sono giovani adulti, che hanno già qualche esperienza di vita, che si incontreranno e ameranno l’un l’altro. Hanno tutti un’esistenza sociale, non sono eremiti. Tre di loro sono sulla trentina e hanno già affrontato difficoltà nel trovare casa e/o un lavoro, attraversano crisi professionali e non riescono ad ambientarsi nella loro sessualità, figuriamoci in una relazione. Cambiano il loro stile di vita essendo appena diventati autosufficienti. Ecco dove sono, come le anime perdute dei racconti di Tomine”.
“La modernità faceva parte del progetto – aggiunge in conferenza – volevo parlare anche di globalizzazione, con l’uso di app e tecnologie varie, volevo normalizzare l’aspetti inter etnico, mettere insieme una giovane cinese con un franco africano, e doveva tutto sembrare normale e scontato, anche se magari è in anticipo rispetto alla società francese. Volevo uscire dal concetto di una Parigi obbligatoriamente piccola, romantica, museale. Per questo la scelta stilistica. Se in Francia si gira un film in bianco e nero è automaticamente una lotta contro la televisione, già si sa che si avranno meno soldi per realizzarlo. E’ uno standard del passato, come nel Belfast di Branagh, ma per me è uno standard dell’epoca moderna. E il 13m in bianco e nero di notte è molto moderno, può sembrare di trovarsi in una metropoli asiatica. In questo caso ho avuto 3 milioni e mezzo per sei settimane di riprese. E avrei dovuto rimborsarli se avessi mostrato un pene in erezione, la signora che ha stilato il contratto me lo ha detto molto chiaramente. Ho dovuto togliere la scena”.
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