Paolo Sorrentino: “Questa volta non parlo di Fellini”

Non c'è Fellini tra i cinque film del cuore, scelti dal regista per l'incontro con il pubblico alla Festa di Roma, ma Antonioni, David Lynch, Sam Mendes, Ang Lee e Tim Burton


Non c’è Fellini tra i cinque film del cuore, ma Antonioni, David Lynch, Sam Mendes, Ang Lee e Tim Burton. Paolo Sorrentino vuole stupire il pubblico dell’Auditorium venuto ad ascoltare la sua conversazione con Antonio Monda in una domenica pomeriggio di pioggia. “Mi fanno sempre parlare di Fellini, dei Coen e di Scorsese, i miei registi preferiti, così ho fatto scelte completamente diverse e in particolare film che parlano della famiglia. Anche se non è un tema che affronto io, quando lo fanno gli altri mi colpisce molto”. Monda qualche giorno fa è andato a trovarlo a casa per mettere a punto la scaletta della chiacchierata: “E’ arrivato in ritardo perché c’era la partita del Napoli – racconta – e nel suo salotto tra tanti premi, Oscar compreso, il cimelio più prezioso è la maglia di Maradona”.

Scorre il finale di The Ice Storm: “un capolavoro sulle bellezze e i pericoli della famiglia, un film che riesce a coniugare il bello col vero”. Mentre di Ang Lee, che ha incontrato di persona, dice: “È una delle persone più timide che io conosca, si direbbe un uomo da pantofole, difficile immaginarlo che dà ordini sul set urlando”. Di Antonioni ha scelto La notte: “Innsieme a Fellini e Bertolucci, Antonioni è un autore che qualsiasi cosa metta in scena lo fa in un modo unico. La notte, con Professione reporter è il suo film che mi è rimasto di più in mente”.

Qual è il primo film visto da bambino? “Uno straziante, con un bambino biondo col caschetto… Ma come si chiamava? Incompreso? Tra i primi ricordi anche Bud Spencer e Terence Hill”.

Ecco Sam Mendes con Era mio padre, la scena del regolamento di conti. “Una scena che spiega come si crea un’epica, una grande sintesi di che cosa è o dovrebbe essere il cinema. Di Mendes mi piace tutto, anche il minore American Life che si doveva intitolare This must be the place, ma poi per fortuna non lo usarono e restò a me”. E, a proposito di titoli, racconta che La grande bellezza l’ha preso a prestito da una sceneggiatura di Roberto De Francesco. “Meno male perché L’apparato umano – che era il titolo provvisorio – sarebbe stato sbagliato”.

Si parla di Jude Law, che ieri ha partecipato a un incontro qui alla Festa, svelando solo pochi dettagli su The Young Pope, la nuova serie Sky in collaborazione con HBO e Canal+ che sta girando in questi mesi a Roma nel ruolo di Pio XIII, un papa americano di fantasia, del tutto inventato. “Il mio più grande impegno – ha detto l’attore inglese due volte candidato all’Oscar – è quello di non sciupare l’abito papale, così mi siedo solo qualche volta su un trespolo e sto circa 14 ore in piedi”. Anche Sorrentino non si sbottona più di tanto. “Ho pensato subito a Jude Law per il ruolo, volevo un papa giovane e bello e un attore portentoso. Lui lo è, è privo di difetti”. E cosa ha aggiunto al personaggio? “Siamo a metà lavorazione e ancora non riesco a dirlo”. Conferma che la figura di Pio XIII è completamente inventata. “Non c’è stato nella storia recente del papato un pontefice così, ma cerco di renderlo verosimile”.

Quarta clip: il commovente Una storia vera di David Lynch, dialogo notturno tra il vecchio protagonista e la ragazza incinta. “Una scena che potrebbe far paura in qualche altro film di Lynch – con la notte, la ragazzina, il falò – e invece è molto rassicurante. Come spiegherei in poche parole questo film? La forza sottovalutata delle cose insensate”.

E poi l’ultima scelta, Mars attacks! di Tim Burton, tutt’altro tono, satira pura con Lisa Marie che seduce l’addetto stampa della Casa Bianca Martin Short e gli divora un dito. “E’ la scena più erotica mai vista al cinema, infatti non è con una donna ma con un’aliena imperturbabile. E poi Short esemplifica benissimo il complesso dei bassi, per esempio la spavalderia esibita con cui si butta sul letto”.

Poi Monda mostra uno spezzone de Il divo, la camminata mattutina di Servillo/Andreotti. “Una scena inventata, anche se verosimile, perché quella che mi aveva raccontato Andreotti non mi piaceva”. Infine il regista si siede in platea per vedere gli otto minuti del corto La fortuna, che fa parte del film collettivo Rio, eu te amo. “Ci hanno chiesto di inventare una storia breve ambientata a Rio de Janeiro, da girare in due giorni. Ho scritto di una coppia cliché: un anziano sposato con una giovane e bella donna, ma per rovesciare il luogo comune è il vecchio a desiderare la morte della giovane e non il contrario. Dev’essere faticoso a 80 anni tenere il ritmo di una di 30”.

Leggi la scheda del cortometraggio La fortuna

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