Paolo Ameli, 32enne genovese, regista di Rossofango corto visto nella sezione Venezia ’59, viene dal mondo della pubblicità, del documentario industriale e ha realizzato le videoclip di Grignani, Edoardo Bennato, Prozak +. Ameli ha girato in precedenza Contro, un spot contro il razzismo e ha vinto con Time al Festival di Bellaria il premio “Immagina la musica”. Rossofango è ispirato da un fatto vero accaduto durante la Prima guerra mondiale, quando allo sconosciuto caporale Adolf Hitler venne risparmiata la vita dal fante inglese Henry Tandey, durante i combattimenti in territorio francese, nei pressi di Cambrai. Come è nato questo corto?
Ha una lunga storia perché è stato pensato 4 anni fa dopo aver letto questa storia poco nota sulle pagine di un quotidiano, la sceneggiatura ha poi ricevuto una sovvenzione statale. Ho lavorato con un budget ristretto per un progetto ambizioso, per fortuna ho avuto la collaborazione gratuita di tante professionalità dell’ambito pubblicitario milanese, soprattutto in fase di postproduzione.
Perché quest’idea?
Sono molto interessato alla Prima e Seconda guerra mondiale e amo il cinema bellico. In particolare film come La sottile linea rossa e Salvate il soldato Ryan che hanno cambiato il modo di affrontare dal punto di vista sia introspettivo che tecnico l’ultimo conflitto mondiale. Ma penso anche a pellicole come Orizzonti di gloria o Bastogne che mostrava alla fine degli anni Quaranta i soldati americani non più come eroi, ma con le loro debolezze, paure. Ho voluto allora raccontare questo incredibile fatto di cronaca, con il gusto di spiazzare il pubblico, di metterlo nella condizione di non sapere cosa è giusto e cosa è invece sbagliato.
Sei stato allora influenzato dal film di Spielberg?
Ho cercato di replicare le tecniche di quel film, di girare con l’otturatore chiuso e dare così questa sensazione stroboscopica, destabilizzante dell’immagine.
Che trattamento hai utilizzato per dare quello straordinario impasto dei colori?
Ho applicato il “2K Transfer”, cioè un trattamento particolare in post produzione, molto frequente negli Usa, ma da noi poco conosciuto, soltanto D’Alatri l’ha impiegato in Caso mai. Ho acquistato a livello digitale tutto il negativo che è stato poi sottoposto, senza perderne la definizione, a un trattamento per i colori, virando il giallo, con aggiunte di effetti speciali.
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