Il regista georgiano Otar Ioseliani, uno degli autori più rilevanti e delle voci più autentiche dell’Est Europa, si è spento a 89 anni. La notizia arriva dalla Georgia ed è stata rilanciata dalla “Pravda”. Il cineasta era malato da tempo e le sue condizioni si erano aggravate dopo la perdita dell’amata compagna, la produttrice Martine Marignac, avvenuta appena un anno fa.
Nato a Tbilisi in Georgia il 2 febbraio 1934, appassionato di matematica e musica fin da giovane, si laurea alla scuola di regia VCIK nel 1961. Ha già alle spalle un pugno di cortometraggi, realizzati prima da autodidatta e poi come saggi scolastici, ma la censura si abbatte sul suo primo vero lavoro (Aprile, 1961) e per lo scoramento lascerà per anni la sua passione, lavorando come operaio e poi sulle navi da carico. Nel 1965, a sorpresa, ottiene i fondi per il primo lungometraggio e il suo La caduta delle foglie (1966) vince il premio della critica al festival di Cannes. Nel 1970 con C’era una volta un merlo canterino torna a Cannes e si conquista lo status di voce potente e originale in cui gli elementi costitutivi del suo cinema (la natura, la poesia, il caso, la solitudine) si coniugano con una visione elegiaca della sua terra. Sul successivo Pastorale (1975) si abbatte nuovamente la scure della censura perché l’opera non viene considerata allineata all’estetica sovietica e il film scomparirà per anni negli archivi, risultando invisibile nonostante gli sforzi della critica internazionale, sensibile al suo isolamento umano e politico. Otar decide allora un doloroso strappo dalle sue radici, emigra in Francia, chiede la nuova cittadinanza.
Incoraggiato dall’aria nuova che avverte intorno a sé a Parigi, Ioseliani si rimette al lavoro grazie al sostegno della televisione e di produttori indipendenti che credono in quel suo cinema errabondo, disegnato su carta prima che con le parole (“la mia vera sceneggiatura è sempre lo storyboard”), finché con la collaborazione del grande sceneggiatore Gerard Brach, si riaffaccia sulla platea internazionale con I favoriti della luna nel 1985, che gli vale il Leone d’argento alla Mostra di Venezia ed è distribuito in tutto il mondo anche grazie alla coproduzione con l’Italia. Qui tornerà nel 1988 con il documentario Un piccolo monastero in Toscana, mentre già prepara il successivo Un incendio visto da lontano. Ormai la sua poetica sorridente e anarchica è un marchio di fabbrica ribadito dal successo di Caccia alle farfalle del 1992. Grande bevitore, capace di ironie sommesse e venate da una profonda solitudine, sempre pronto a condividere la sua tavola per memorabili racconti sulla sua Georgia, Ioseliani firmerà in seguito altri sette film tra cui gli incantati Addio terraferma, Lunedì mattina (Orso d’argento alla Berlinale) fino all’ultimo Chant d’hiver del 2015.
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