L’Effetto Notte è finalmente riuscito: l’arrivo di Dario Argento.
Un grande applauso accoglie il maestro indiscusso dell’horror alla rassegna cinematografica organizzata da Cinecittà con Direzione generale Cinema e audiovisivo, in collaborazione con Soprintendenza Speciale di Roma e CSC – Cineteca Nazionale, dedicata al cinema horror, del mistero e del fantastico, condotta dalla giornalista Ilaria Ravarino (leggi qui il nostro articolo con il programma della rassegna).
Dopo la proiezione di Profondo Rosso lunedì scorso, è il turno di Opera (1987), il secondo grande cult di Argento in programma, e la presenza del regista regala alla serata un’atmosfera del tutto unica per i fan di ogni età che riempiono ancora una volta l’arena archeologica di Santa Croce in Gerusalemme. Accanto a lui la presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia.
“Io e Dario ci siamo conosciuti 25 anni fa ma abbiamo avuto la possibilità di passare del tempo insieme grazie al viaggio organizzato da Cinecittà a New York per portare al grande pubblico, per la prima volta tutte insieme, le sue opere in versione completamente restaurata. Da quell’esperienza incredibile in uno dei templi del cinema mondiale, il Lincoln Center, sold out con i fan di Dario in delirio, tra cui una ragazza con un tatuaggio sulla pancia con il volto di Dario, è nata l’idea di proporre anche a Roma, agli appassionati e alle nuove generazioni di spettatori, una rassegna che partisse proprio da queste bellissime copie restaurate in 4K dai laboratori di Cinecittà. Abbiamo lavorato di concerto con il Centro Sperimentale di Cinematografia pensando a un programma per quest’arena che potesse essere rappresentativo dei cult del genere horror con le opere dei grandi maestri del cinema italiano, tra i quali Dario è il più grande di tutti”.
Va detto che questa è una notte speciale anche per lo stesso Argento, che per la prima volta dopo decenni, quasi commosso, può vedere qui Opera nella sua interezza, senza i tagli all’epoca operati dalla censura, grazie al grande lavoro di restauro realizzato da Cinecittà. Ed è proprio con la censura al momento dell’uscita del film che il regista inizia il suo racconto al pubblico, pieno di aneddoti.
“Opera? Quando uscì volevano vietarlo a tutti, ma proprio a tutti!”, racconta Dario Argento. “È una storia davvero triste, volevo piangere ma non ho pianto. Fu presentato in censura come tutti i film, e mi presentai insieme al produttore, Mario Cecchi Gori, a quella ‘tremenda’ commissione, che era composta da una serie di magistrati, con il più alto in grado, il ‘capo della censura’, un tipo bassetto, che, me ne accorsi subito, si era portato la moglie. Ovviamente non si può portare nessuno in quelle occasioni, infatti gli altri erano tutti da soli… soltanto lui si era portato la moglie. Intendiamoci, io non ho nulla né contro le mogli né contro le donne, ma non è possibile che per visionare un film horror così difficile, veramente tosto, tu ti porti tua moglie. Poi (precisa ridendo) era una mogliettina così gentile, dolce dolce… E infatti è successo quel che pensavo: a film iniziato lei ha cominciato a sbraitare, a lanciare grida ad ogni scena, come fosse da sola nel cinema. Io mi dicevo ‘questo è un brutto segno…’ Arrivati a fine film, il regista e il produttore erano invitati a parlare, a difendere il proprio lavoro, ma di solito era una cosa assolutamente pro-forma… E invece quella volta i giurati cominciarono a dire che il film era eccessivo, che era veramente ‘troppo, troppo, troppo’. Finché quel capo della commissione disse: ‘questo film dovrebbe essere vietato a tutti’!”
Quell’esperienza non andò evidentemente mai giù ad Argento, per rimanere a tal modo impressa nella sua memoria, nei minimi dettagli: e 37 anni dopo, come fosse ieri, il suo racconto tragicomico coinvolge il pubblico come fosse quello il vero thriller.
“Io fino a quel momento ero stato zitto, pur sentendo dire cose assolutamente assurde”, continua il maestro. “Però dicevo a Mario (Cecchi Gori, ndr): ‘ma è possibile che dobbiamo stare zitti? Lo senti cosa dicono? Come si fa? E lui a me: zittoooo! A un certo punto non ce l’ho fatta più e sono intervenuto: ‘scusi, ma non è possibile, dissi. A parte il fatto che il mio film è costato un sacco di soldi, qui c’è il produttore che poveraccio ha speso l’anima!” Ma poi cosa c’era di così orribile da chiedere di vietarlo per tutti, proprio tutti, anche ai sessantenni, ai settantenni? Tutti, secondo loro, ne sarebbero rimasti sconvolti. Ma cosa c’è mai di così sconvolgente nel film? Poi aggiunsi che avevo notato quella cosa: gli dissi ‘lei il film lo ha visto con sua moglie e non è giusto, perché sua moglie può averla influenzato il suo giudizio, ho sentito i suoi strilli, i pianti, una cosa vergognosa. Lei è stato influenzato pesantemente da sua moglie. Quindi finiamola, se non volete che sia un film per tutti va bene, ma allora vietatelo ai minori di 14anni… ‘No, no, ribadì, film vietato per tutti’. ‘Ma come vietato per tutti, scherza?’ – ribattei io – ‘Lei è completamente pazzo, un magistrato pazzo’. E a quel punto minacciò di chiamare i carabinieri, voleva farmi arrestare per averlo ‘insultato. Litigammo, con tante parolacce, colpi bassi… alla fine mi disse di andare. Era il 1986”
Alla fine Opera fu vietato ai minori di 18 anni, ma a qualche mese dall’uscita in sala si riunì di nuovo la commissione censura, con altri componenti “molto più civili” (per usare le parole del regista), che ridussero il divieto ai minori di 14 anni. Il film si rivelò uno dei più visionari e spettacolari di Argento e registrò da subito un grande successo al box office nonostante il divieto, ma crescendo nel tempo fino a diventare un vero cult. Altra chicca memorabile la colonna sonora firmata da Claudio Simonetti, dominata ovviamente dalla lirica, che include addirittura un brano heavy metal. Ma tra i musicisti che parteciparono al film spiccano anche i nomi di Roger e Bryan Eno.
“La lirica è entrata molto presto nella mia vita”, svela il regista: “mia nonna aveva un palchetto al teatro dell’opera, ma nessuno ce la voleva accompagnare. Allora mio padre decise che io, il più grande dei figli, la dovessi accompagnare: quindi andavo ad opere liriche, balletti… sempre io e lei da soli. Io avevo 10- 12 anni, all’inizio non capivo un granché, ma pian piano hanno cominciato a piacermi… adoravo Verdi, andavo pazzo per i suoi cori… Ma anche Donizzetti, o l’opera francese. Insomma, io l’opera l’ho amata davvero moltissimo”.
Con un cast che vede protagonista l’allora giovanissima attrice spagnola Cristina Marsillach (il soprano Betty), Ian Charleson (Marc) e anche qui Daria Nicolodi, il film è girato tra Parma, Lugano e Roma, quasi tutto in interni (il Teatro Regio di Parma) con una rara e complessa ricerca stilistica, che raggiunge l’apice del terrore puro già nella prima parte: al centro del racconto lo sguardo, vero elemento-guida. La scena iniziale dell’ultima prova del Macbeth parla da sola, con i palchi del Regio riflessi nell’occhio del corvo, ripreso di quinta in una sequenza passata per sempre alla storia del cinema, grazie alla fotografia del Premio Oscar Ronnie Taylor.
“Ci procurammo un centinaio di corvi reali, di quelli alti, come gabbiani”, racconta Argento. “Ci mettemmo parecchio tempo per trovarli, poi affittammo una casa di campagna, schermammo le finestre e li mettemmo tutti là dentro. Una persona ogni giorno gli portava da mangiare e da bere. Poi, a seconda di quanti ne servivano sul set in quella particolare giornata, andavano a prenderne una ventina o una trentina, con il retino. Scoprimmo anche che uno dei corvi parlava, ripeteva le cose che dicevamo. Mentre altri sparirono. Qualcuno tra i lavoratori del Teatro di Parma sostiene che ancora oggi, magari durante le rappresentazioni, si sentono gracchiare forte: cra-cra-craaa, con la gente si gira… Ogni tanto sembra che accada, perché alcuni si sono nascosti nelle soffitte del teatro regio e vivono lì…”
“Se la tortura degli aghi negli occhi l’ho inventata io pensando a chi decide di chiuderli durante i miei film?” – chiosa Dario Argento prima che partano i titoli di testa di Opera, strappando un ultimo sorriso al suo pubblico prima degli interminabili 107 minuti di paura che lo attendono. “Beh, in effetti ci sono alcuni spettatori che li chiudono, guardando le scene che per loro sono troppo forti… io questa cosa non la sopporto proprio: ma come, ci ho messo tanto a fare questo film, a studiarlo… e tu che fai, chiudi gli occhi? Ma allora che l’ho fatto a fare?”
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