CANNES – Anno 1944. Il Giappone sta perdendo la guerra. Hiroo Onoda è un giovane di 22 anni, che per ordine del maggiore Taniguchi viene inviato a Lubang, piccola isola delle Filippine, poco prima dello sbarco americano. I pochi soldati che addestra nella giungla scopriranno ben presto la dottrina sconosciuta che li legherà a quest’uomo: la Guerra Segreta. La filosofia di Onoda è contraria alla linea ufficiale: nessun suicidio, vivi qualunque cosa accada, la missione è più importante di tutto il resto. “Siamo in prima linea per proteggere il nostro Paese, abbiamo lottato fino a qui e lotteremo fino alla fine”, dice ai suoi uomini Onoda. Il suo ruolo sarà quello di condurre una guerriglia fino al ritorno delle truppe giapponesi. L’Impero si arrenderà subito dopo, Onoda aspetterà 10.000 giorni prima di farlo, circondato dalle acque del Pacifico.
È l’epopea, lunga quasi trent’anni, di un soldato fantasma giapponese quella che il giovane e promettente Arthur Harari, lo stesso di Dark Inclusion, racconta nella sua opera seconda Onoda-10.000 notti nella giungla, film di apertura della sezione competitiva Un Certain Regard del Festival di Cannes. Per riuscire nell’impresa cinematografica di immortalare sul grande schermo, e nell’arco di quasi tre ore, questa sbalorditiva storia di resistenza, e resilienza, girata in Cambogia con attori giapponesi e in lingua giapponese, Harari ha trovato sostegno in diverse produzioni internazionali, tra cui anche le italiane Rai Cinema e Ascent Film.
Il regista francese, 40 anni, erano già alcuni anni che stava pensando di realizzare un film di avventura. “Ho divorato i romanzi di Conrad e Stevenson. Ero interessato ai marinai solitari o alle spedizioni polari – ha spiegato il cineasta, nella conferenza ufficiale del film – Poi un giorno, mentre parlavo di questo desiderio davanti a mio padre, mi sono imbattuto nella storia di Onoda. Lui mi ha raccontato l’incredibile caso di questo soldato giapponese che ha trascorso diversi anni su un’isola”.
Harari è rimasto colpito da diversi aspetti di Onoda, “dal suo essere così coraggioso e pauroso al stesso tempo – ha detto – Sono stato attratto dalla sua fede incrollabile. E ho trovato interessante anche quanto Onoda rifiuti la realtà, creandone una parallela e pensando che la guerra non sia ancora finita. Crea un mondo tutto suo in cui esistere. È difficile giudicare questo personaggio. Si può solo camminare al suo fianco e riconoscere in lui tutta la complessità umana”. Il film, infatti, non mostra solo la grande azione dei film di guerra, con una fotografia che omaggia i classici di genere degli anni Sessanta e Settanta. Ha tutta l’introspezione di un dramma esistenziale che parla di vita, morte, solitudine e amicizia.
A interpretare il protagonista, in due fasi diverse della sua vita, sono Yūya Endo e Kanji Tsuda. Per i due attori il film non è stato solo un modo per riscoprire questa figura del Giappone, ma, visto il lavoro con un regista francese, anche per “superare le barriere culturali e linguistiche”, ha detto Endo in collegamento da Tokyo, seduto al fianco di Tsuda, particolarmente somigliante al vero Onoda. Area degli allegati
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