Un uomo rivolto al dialogo tra le religioni, a cominciare dall’ebraismo, un arcivescovo pronto a denunciare nella Milano da bere degli anni ’80 la corruzione – “i partiti stanno divorando le istituzioni, hanno rubato il futuro alle giovani generazioni” -, fautore del rinnovamento di una Chiesa “rimasta indietro di 200 anni”, sostenitore di un’Europa “non solo dei mercati e dei mercanti”. E’ questo il ritratto del cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) che Ermanno Olmi ci restituisce nell’intenso documentario vedete, sono uno di voi, prodotto insieme a Rai Cinema da Istituto Luce Cinecittà, che lo distribuirà a marzo.
Il film scritto da Olmi insieme a Marco Garzonio, giornalista ed esperto del religioso, ripercorre la vita di Martini, dall’infanzia torinese e dalla vocazione 17enne che lo portò al noviziato nella Compagnia di Gesù fino a una delle sue ultime apparizioni in video nel pieno della malattia di Parkinson.
La voce narrante è quella dello stesso Olmi, lenta, a tratti sofferta ma calma quasi spirituale, in sintonia con la narrazione che muove da quella stanza, spoglia ed essenziale della casa dei gesuiti di Gallarate dove Martini trascorse il suo ultimo periodo di esistenza. E in quella camera, dove pesa la sua assenza, più volte si torna nel corso del documentario come fosse abitata dalle riflessioni del cardinale e che Olmi stesso legge.
Pensieri che ci parlano di uomo illuminato, capace di dialogare con i non credenti, attento alle grandi questioni sociali nella consapevolezza che senza giustizia non c’è libertà. Un uomo che vive la stagione drammatica e sanguinosa del terrorismo rosso a Milano, celebrando i funerali di Walter Tobagi e Guido Galli e nel contempo interloquendo con alcuni terroristi detenuti.
Pagine di storia pubblica e privata arricchite dalle ricche immagini d’archivio, a cominciare da quelle del Luce, delle Teche Rai e dell’Archivo fotografico famiglia Martini.
Olmi, che ricordo ha del primo incontro con Martini?
Lo intervistai per Rai1 all’atto della sua nomina ad arcivescovo di Milano. Ricordo che mi mise in imbarazzo per il modo in cui mi ascoltava, tanto era ben disposto, come se dicesse “io devo imparare molte cose”. Perciò non mi ha stupito che Martini raccogliesse tanta simpatia.
Martini proveniva da una classe sociale agiata, come lui stesso ci racconta.
Olmi. E quando venne nominato arcivescovo di Milano non sapeva che cosa fosse la Lettera pastorale, considerandosi uomo di studio, di scienza. Ha capito che in quel momento essere uomo nei passi sulle strade dell’umanità era molto più importante di ogni altro libro.
E’ stato un film impegnativo?
Olmi. Avevo timore di realizzare questo film perché ricordavo di aver fatto E venne uomo, dedicato a papa Giovanni XXIII che aveva stravolto tutte le strategie religiose e politiche, e venne accolto con buona disposizione e simpatia, ma senza quell’entusiasmo che forse mi aspettavo da un film che era costato fatica.
Garzonio, lei con Olmi ha curato soggetto e sceneggiatura, come e quando nasce questo film?
Per 30 anni ho seguito il cardinal Martini per il ‘Corriere della Sera’ e dopo la sua scomparsa ci sentivamo orfani di un uomo che aveva dato tanto a quella Chiesa che lui riteneva ferma, indietro di 200 anni, anzi 300. Ebbene l’evento che ha dato origine al film è stato quel 13 marzo 2013 quando papa Francesco s’affaccia al balcone su piazza San Pietro e saluta la città come vescovo di Roma e lo fa con quel “buona sera” che sta a dire “vedete sono uno di voi”, poi seguito da “pregate per me”. Nel film ho trovato quella continuità tra il messaggio di Martini alla Chiesa, al mondo, e quello che stava allora per accadere. Sono convinto che il suo insegnamento fa parte dell’eredità di papa Francesco. Ad esempio Martini parlava di un nuovo modo di governare la Chiesa accennando a un Consiglio e papa Francesco ha istituito il Consiglio dei cardinali. Per non parlare dei due Sinodi con al centro i grandi temi della vita, dell’affetto, dell’amore, del matrimonio, della famiglia. E infine povertà, immigrazione, periferie sono temi cari al Pontefice, che testimoniano la continuità con il pensiero di Martini.
Il film racconta anche un momento di forte dissenso con certo mondo imprenditoriale.
Olmi. Sì, si tratta di Gianni Agnelli il quale, durante un convegno nel 1992 stigmatizzò la critica del cardinal Martini alle logiche del profitto come vecchia e stantia: “Viviamo nella retorica antindustriale che è di grande ostacolo allo sviluppo” disse. Già ma quale progresso? Ebbene in quella sede va detto che Cesare Romiti, esponente di rilievo della Fiat, si chiamò fuori da quelle affermazioni, con grande sorpresa dello stesso Martini.
Come mai ha scelto di essere la voce narrante?
Olmi. Faccio da speaker a me stesso perché voglio parlare direttamente, perché è l’unico modo di guardarci negli occhi senza un mediatore o una bella voce che recita bene. E anche se quello che affermo è umile, ha più valore per l’onestà con cui è detto.
Perché il titolo tutto in minuscolo?
Olmi. Diciamo che tutti i maiuscoli mi danno un po’ di fastidio.
Diretto da Fabrizio Corallo che ne firma anche la sceneggiatura con Silvia Scola, è ricco di testimonianze e materiali d’archivio. Con Luca Argentero e Barbara Venturato
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