Quando pensiamo all’epica che diventa opera audiovisiva per le masse il primo titolo a cui pensiamo forse è Troy, il kolossal del 2004 girato da Wolfgang Petersen con Brad Pitt, Orlando Bloom, Eric Bana e Diane Kruger: un trionfo di bicipiti, di capelli dorati al vento e di combattimenti spettacolari.
Ma quasi quarant’anni prima una mini-serie realizzata per la televisione italiana dal produttore Dino De Laurentiis e dal regista Franco Rossi aveva conquistato gli occhi e i cuori di milioni di spettatori in tutta Europa.
Odissea, Le avventure di Ulisse viene trasmessa nel 1968 in bianco e nero, ma lo sceneggiato era stato girato a colori, con l’idea di portarlo anche sul grande schermo (con durata notevolmente ridotta). Un successo fenomenale, ripetutosi nel 1977, quando viene ripetuto nuovamente in tv, stavolta nel formato cromatico originale.
De Laurentiis era stato anche responsabile della versione cinematografica di Ulisse (1954) con Kirk Douglas, ma aveva dichiarato la sua insoddisfazione nel dover scendere a compromessi necessari per ridurre la storia grandiosa del poema omerico nel recinto stretto del lungometraggio. Questa coproduzione italo-franco-tedesca della durata di circa 7 ore è il tentativo di consegnare agli spettatori quasi l’intero racconto intatto.
La trama è nota, o dovrebbe esserlo. Alla fine della guerra di Troia, il guerriero Odisseo/Ulisse intraprende il viaggio di ritorno a Itaca. Ma ha fatto arrabbiare qualche divinità e il cammino si presenta subito costellato di ostacoli: bestie mitologiche, trappole e stregonerie. Durante i dieci anni che passano, dopo il decennale di assedio di Troia che l’ha tenuto lontano dalla patria, sua moglie Penelope rimane fedele, ma è circondata da giovani principi che le chiedono di prendere uno di loro come marito e nuovo re…
Suo figlio Telemaco (l’eccellente Renaud Verley) non può far altro che subire gli insulti dei futuri sposi, guidati dall’insopportabilmente arrogante Antinoo (Constantin Nepo, alias Constantin Andrieu), mentre Odisseo affronta pericoli di ogni sorta per riportare sé e il suo equipaggio al sicuro del porto domestico.
È ancora un periodo aureo per gli sceneggiati Rai, quando autori di gran classe e mestiere proponevano adattamenti molto solidi di narrazioni classiche o sperimentavano nuove proposte, azzardando con stili e generi. Intrattenimento coinvolgente mescolato alla tendenza pedagogica: istruire divertendo, far penetrare la cultura nelle case attraverso le porte dello spettacolo. Funzione necessaria in un Paese ancora lontano dall’essere completamente alfabetizzato.
L’Odissea porta il racconto omerico a circa 17 milione di persone: un risultato straordinario, reso ancora più brillante dalla qualità estetica e tecnica dello sceneggiato con riprese spettacolari ed effetti speciali di grande efficacia curati dal co-regista Mario Bava e dal papà di ET e Alien: Carlo Rambaldi.
I meriti tecnici non finiscono qui. L’elegante colonna sonora del compositore Bruno Nicolai e l’eccellente lavoro di ambientazione sono altre due perle di questo sceneggiato. Gli esterni furono girati interamente nell’ex Jugoslavia, e le sue coste vuote e assolate sono lo scenario perfetto per questo racconto ad ampio respiro di uomini e mitologia.
A proposito del mitico Mario Bava. È a lui che si può ascrivere la sequenza più impressionante di Odissea, cioè l’incontro dell’eroe con il ciclope Polifemo (Samson Burke). Mario Bava, maestro del cinema horror, fu chiamato direttamente da De Laurentiis proprio per la sua leggendaria abilità con i trucchi ottici e gli effetti speciali.
E Bava non deluse, realizzando una sequenza di notevole sostanza che si rivela il punto culminante della serie. La scala della caverna del gigante è ottenuta con una combinazione di dipinti opachi e un perfetto posizionamento della macchina da presa, aiutata da oggetti di scena adeguatamente sovradimensionati. La prospettiva forzata e gli angoli alti enfatizzano le dimensioni della creatura e alcuni tagli rapidi con una mano gigante (che ricordano molto un paio di momenti analoghi nell’Ulisse del 1954, a cui pare abbia collaborato) servono solo ad aumentare l’illusione, anziché dissiparla. È un tour de force tecnico, coadiuvato dalle eccellenti interpretazioni del cast e dal lavoro di Carlo Rambaldi sul volto del mostro, anche se a guardarlo adesso appare un bel po’ datato.
Ciò che tiene insieme il progetto, al di là di tutto, sono le ottime interpretazioni dei protagonisti. Bekim Fehmiu, ottimo attore di Sarajevo, è eccellente nel ruolo di Odisseo; spavaldo e arrogante nei flashback dell’inizio del suo viaggio, ma più vecchio e saggio nel raccontarlo. Ha persino dei dubbi durante la vendetta contro i pretendenti della moglie nell’atto finale, cosa che il suo io più giovane non avrebbe mai pensato. Inoltre, l’attore è impegnato in prima persona nella maggior parte dei combattimenti con la spada evitando l’eccessiva “precisione” coreografica dei film più moderni e regalando l’autenticità del periodo che racconta.
Autenticità è una parola chiave di tutta la produzione, Fehmiu mangia un pasto con le dita alla corte dei Feaci (nell’Antica Grecia non c’erano posate, nemmeno coltelli, ricordiamo).
Anche Penelope, interpretata dalla 42enne Irene Papas dagli occhi profondi come un abisso, ci regala una performance da annali del cinema nel ruolo dell’archetipo della “donna che aspetta”, senza mai strafare in emotività.
Le conversazioni tra gli dei sono ridotte al minimo e sono rese da voci fuori campo accompagnate da inquadrature di statue. Non è particolarmente soddisfacente, ma è preferibile ad attori famosi che fanno camei su set fumosi vestiti di toghe.
Oltre alla trasmissione televisiva, la serie è stata condensata in un lungometraggio di 105 minuti intitolato Le avventure di Ulisse, che è stato distribuito nelle sale cinematografiche negli anni successivi e pare contenesse quasi tutto il contributo di Bava.
A parte piccoli cavilli, si tratta di un tentativo incredibilmente fedele di ricreare sullo schermo il poema originale di Omero.
Raramente la cinematografia dell’epoca fu così ambiziosa o così ben realizzata.
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