A 700 anni dalla morte di Marco Polo, l’omaggio alla serie di Montaldo

Ricordiamo unno dei più importanti e apprezzati kolossal della televisione italiana di tutti i tempi, diretto dal recentemente scomparso Giuliano Montaldo


Se guardiamo le mappe arrivate a noi dai geografi medievali che cercarono di dare una forma al Mondo fino al XIII secolo restiamo esterrefatti davanti al grande vuoto che si estende dall’Asia settentrionale alla Cina e in buona parte del subcontinente indiano.

Vastissimi territori sconosciuti, fino a che un uomo, un giovanissimo viaggiatore veneziano, alla fine del 1200 dirada la nebbia dell’ignoranza che ne disegnava il mistero.

Il Milione che svelò un nuovo mondo

Quel viaggiatore che intraprese il viaggio lungo la via della seta con il padre e lo zio aveva solo 17 anni e si chiamava Marco Polo.

E fu dando alle stampe un testo, apparso per la prima volta in francese antico con il titolo di Devisement du Monde e che oggi tutti conoscono come Il Milione, contenente le sue memorie di viaggio, che svelerà al mondo intero cosa nascondevano le mitiche terre dominate dall’imperatore mongolo Kublai Khan. Il fondatore dell’Impero Celeste della dinastia Yuan e nipote di Gengis Khan, il condottiero leggendario che conquistò praticamente tutta l’Eurasia.

E oggi, nel 2024, l’8 gennaio si celebrano i 700 anni dalla morte di Marco Polo avvenuta per malattia, nella sua Venezia a circa settant’anni. Un esploratore, un avventuriero e finanche un eroe in grado di vivere vicende straordinarie e di raccontarle con tale vividezza come dimostrato dal suo capolavoro letterario, non poteva essere immune dalla glorificazione cinematografica e televisiva.

Il Polo di Montaldo

È del 1962 il primo film diretto da Piero Pierotti e Hugo Fregonese con Rory Calhoun nel ruolo dell’avventuriero ed esploratore veneziano. Il film dal titolo semplice Marco Polo è conosciuto anche in Italia con i sottotitoli La grande avventura di un italiano in Cina.

A questo seguiranno altre cinque pellicole, nessuna memorabile. La produzione che invece resta nell’immaginario collettivo è uno dei più importanti e apprezzati kolossal della televisione italiana di tutti i tempi: Marco Polo del grande regista, da poco scomparso, Giuliano Montaldo.

La sua realizzazione ancora oggi rappresenta una pietra miliare nella storia dell’audiovisivo per il piccolo schermo: uno sceneggiato Rai di rilievo mondiale che si aggiudicò l’Emmy Award per miglior mini-serie e le cui otto puntate di cui si compone furono tramesse, nel tempo, in ben 46 Paesi (tra le quali l’americana NBC e la francese Antenne 2).

Fu girata in oltre un anno tra Italia, Cina e Mongolia e andò in onda originariamente su Rai1 a cavallo tra il 1982 (la prima puntata è datata 5 dicembre) e il 25 gennaio 1983.

Lo sceneggiato ha una valenza storica anche perché è stato il primo prodotto a sancire una collaborazione tra una tv occidentale e una cinese. L’idea nacque in seguito a una visita ufficiale in Cina alla fine degli anni ’70 di una delegazione italiana che riscontrò forte apprezzamento da parte dei loro ospiti locali per la figura di Marco Polo, definito “un italiano amico dei cinesi”.

Marco Polo  racconta con straordinaria cura storica ed afflato epico la vicenda esistenziale del viaggiatore e mercante veneziano interpretato da Kenneth Marshall, contornato da un cast notevole in cui figuravano attori come Denholm Elliott, Burt Lancaster, Leonard Nimoy, F. Murray Abraham e Tony Vogel. La colonna sonora, sicuramente uno degli elementi chiave e che smalta di forza e poesia le immagini di Montaldo, fu affidata nientedimeno che a Ennio Morricone.

Vita e opere di un viaggiatore straordinario

L’opera di Montaldo si concentra su un lasso di tempo limitato della vita di Polo e, con diverse licenze romanzesche, ricostruisce la parte più interessante della sua esistenza. Racconta della sua permanenza alla corte di Kublai Khan e inizia con la voce di Rustichello da Pisa che narra di come abbia scritto “Il Milione” sotto la dettatura del suo compagno di cella, Marco Polo appunto.

La serie ottenne un grandissimo successo di pubblico che conobbe finalmente, grazie anche alle fedeli ricostruzioni scenografiche che riuscirono a riprodurre l’architettura di Venezia così come appariva alla fine del XIII Secolo, l’ambiente e la vita di un grande personaggio che per tantissimi era appunto solo un nome sui libri di storia.

Fin dall’episodio di apertura inquadriamo la persona dietro l’eroe, la storia ci mostra il giovane Marco Polo che resta orfano di madre (la grande Anne Bancroft) e senza la cura di un padre sempre assente. Nella Venezia di metà Duecento ascoltiamo le storie dei marinai, viviamo la scapestrata giovinezza di Marco, i suoi sogni, il suo anelito di fuga verso un ambiente dagli orizzonti più vasti, rispetto a quelli troppo stretti e delimitati della Laguna.

Solo quando tornano il padre Niccolò (Denholm Elliott) e lo zio Matteo (Tony Vogel) tutto cambia. Inizia l’avventura verso Oriente con loro, sulla via della Seta e Marco potrà vivere il suo percorso di formazione che lo porterà a crescere, in tutti i sensi.

Lo sguardo del giovane Polo è diverso da quello dei suoi compagni di viaggio. Nei tre anni che lo portano ad esplorare terre nuove, decine di città straordinarie e popolazioni inimmaginabili, ricche di usanze e storie affascinanti, Marco conserva occhi romantici, ingenui, aperti alla meraviglia a differenza di quelli del padre e dello zio, già al secondo itinerario in quelle terre, e sicuramente più smaliziati e orientati alla funzionalità.

700 anni dopo

La forza della serie, oltre alla ricostruzione storica puntuale e di abbagliante bellezza, sta proprio nel presentarci personaggi umani e realistici per cui proviamo empatia e di cui ci preoccupiamo quando affrontano calamità naturali e pericoli che minacciano la loro vita.

Certo rivisto oggi, il ritmo compassato della storia e la recitazione spesso troppo marcata, non riesce ad avere lo stesso effetto che ebbe alla sua uscita negli anni 80. I momenti di stanca e i vuoti di drammatizzazione rendono spesso noiosa la visione ad uno sguardo contemporaneo, ormai abituato a una velocità di montaggio e di narrazione vorticosa.

Resta comunque uno sceneggiato da antologia, uno sforzo epico di ricostruzione storica e un pezzo glorioso di una tv italiana che sapeva parlare al Mondo. A 700 anni dalla morte di Marco Polo quest’opera di Giuliano Montaldo continua ad essere viva e importante.

Manlio Castagna
06 Gennaio 2024

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