Nu Guo – dalla Cina un originale modello di società contro il femminicidio.

Prima italiana per l’esordio nel documentario dell’antropologa Francesca Rosati Freeman e di Pio d’Emilia, storico corrispondente italiano in Estremo Oriente del Manifesto e dell’Espresso, oggi corrispondente di Sky Tg24. Nu Guo – Nel nome della madre, nasce dal libro Benvenuti nel paese delle donne, scritto dalla Rosati Freeman nel 2008 sulla comunità Moso, una minoranza etnica cinese di circa 40.000 persone che vive alle pendici dell’Himalaya, in cui vige il matriarcato e la struttura familiare matrilineare, che la studiosa aveva analizzato per circa dieci anni. Tra i Moso non esistono matrimoni e convivenza legalizzati, ma le unioni avvengono ‘nottetempo’ nella stanza dei fiori, un luogo appositamente adibito nella casa della famiglia matriarcale: i figli vengono cresciuti dalla famiglia matriarcale, dove gli zii ricoprono il ruolo paterno mentre ai padri naturali è riservato esclusivamente un ruolo ‘affettivo’. Questo tipo di struttura sociale permette il protrarsi di una società pacifica ed armonica, nonostante l’arrivo della ‘civiltà’ moderna e le incursioni passate del regime proletario, in cui ogni tipo di violenza, soprattutto verso le donne, è naturalmente assente. D’Emilia e la Rosati Freeman, entrambi alla loro prima esperienza nel documentario, hanno realizzato in circa due mesi di permanenza in Cina e molte vicissitudini di postproduzione, un’opera appassionata ed affascinante, che invita a un’interessante riflessione sul sistema capitalistico occidentale.

Il tour italiano ha visto la presentazione a Mercoledì Doc della Casa del Cinema di Roma, mentre stasera, 8 maggio, gli autori saranno al Maxxi, sempre a Roma, per il Festival della complessità; il 14 invece saranno al Cinema Palestrina di Milano, sempre per Mercoledì Doc. Il documentario, autoprodotto, dopo essere stato ospitato dal mercato del documentario del Festival Vision du Réel di Nyon, è in cerca di una distribuzione. D’Emilia, oltre al suo lavoro di corrispondete dal Giappone, sta lavorando a un documentario sulla tragedia di Fukushima, che ha seguito da vicino sin dai primi eventi nel 2011.