Nina Wu, molto più che un #MeToo taiwanese

Il regista birmano Midi Z in Un certain regard con Nina Wu, thriller psicologico scritto e interpretato dall'avvincente Wu Ke-xi


CANNES – Facile dire di un’attrice: “è un’isterica”. Facile ridurre il Nina Wu di Midi Z (Zhao Deyin) ad un #MeToo-movie dal profumo orientale. Si potrebbe parlare quasi di autobiografia: Nina Wu, un’attrice in ascesa per il proprio talento, è una storia scritta e interpretata da Wu Ke-xi, che ha dichiarato di essersi ispirata in parte al proprio vissuto professionale, affine in linea teorica allo scandalo occidentale Weinstein, anche se la trama intreccia inoltre questioni familiari critiche e una storia d’amore al femminile, anch’essa tortuosa.

Nina Wu racconta la vita tutta di Nina, dentro e fuori dal cinema, ma quest’ultimo, tiranneggiato dalla supremazia sessuale maschile dell’industria cinematografica, la costringe ad una condizione mentale e fisica di sottomissione, talvolta violenza, pegno per poter recitare.

Avvincente e viscerale l’interpretazione di Wu Ke-xi, che si avvicina ad un trasporto più mediterraneo che orientale nel tono della recitazione, misurato sì, ma particolarmente mimico, carico di una gamma di suggestioni, soprattutto connesse alla paura – inquietudini, fobie, psicosi, che l’attrice taiwanese interiorizza ed esteriorizza con un realismo particolarmente efficace, che forse potrebbe non lasciare indifferente la Giuria. 

“Le persone mi dicono spesso che stanno lavorando a qualcosa per me, ma poi finisce lì”, racconta il regista. “Wu Ke-xi, invece, mi ha semplicemente spedito un’email con una sceneggiatura: anche se scrivere non è la sua professione, l’ha fatto con il cuore, seguendo l’immaginazione e liberata dall’autocontrollo. Però, se la storia fosse stata diretta da una donna, penso ci sarebbe stato un carico eccessivo sull’aspetto femminile”, che comunque ha dato a Midi Z l’opportunità di fare un film di genere.

La pellicola ha nazionalità taiwanese, area dove il regista – di nascita birmana – vive: fino ad ora la sua ispirazione è stata per storie rurali di povertà (Goodbye MandalayMostra di Venezia; City of Jade, Ice PoisonFestival di Berlino), ma seppur apparentemente distanti da questa “stellare”, curata con un’estetica cromatica e materica “laccata” che seduce gli occhi, non si dimostra poi così lontana dalle storie precedenti, parlando in fondo di sfruttamento del lavoro umano. Il principio non cambia, che sia imposto nei campi agricoli o nel sistema cinematografico. Nina Wu cammina certamente con un passo differente dal cinema pregresso di Midi Z, prima spesso autobiografico, ambientato in Myanmar e a bassissimo budget, contro i 2 milioni di dollari di questa produzione.

22 Maggio 2019

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