Nikita Michalkov: “Spero che la Russia veda questo film”


Per i registi russi la Cecenia è un’ossessione. Da Sokurov con Alexandra a Michalkov che proprio qui al Lido, in concorso, ha portato il suo 12. Remake del celebre film di Sidney Lumet La parola ai giurati (Orso d’oro nel ’57), è aggiornato ai temi che attanagliano la Russia contemporanea: i dodici giurati sono infatti chiamati a condannare o mandare il libertà un ragazzo ceceno accusato di aver ucciso il padre adottivo, ex ufficiale russo. Michalkov mantiene la struttura teatrale – alla base c’è una pièce di Reginald Rose – ma alterna agli interni una serie di flashback che rievocano momenti drammatici del conflitto in Cecenia, mentre la discussione sul caso diventa una sorta di seduta di autocoscienza di gruppo che coinvolge un’intera società, rappresentata da dodici uomini (tra cui lo stesso regista) che incarnano alcune delle molte anime di un paese dilaniato tra ansie di modernizzazione e nostalgie comuniste, xenofobia e soldi facili. Per il cineasta che vinse il Leone d’oro nel ’91 con Urga, “questo è un film molto importante per la Russia, un film in cui ripongo molte speranze come uomo e come cittadino”. L’ha girato durante una pausa di lavorazione di Sole ingannatore 2 e ha chiesto ai suoi attori, tutti veramente superlativi, di non prendere altri impegni, quasi in una segregazione speculare a quella dei giurati in camera di consiglio.

Perché la Cecenia?
Il tema del film non è la guerra in Cecenia, ma la nostra incapacità di ascoltare. Nessuno è disposto a perdere tempo per un ragazzino straniero, un poveraccio qualunque. Nessuno è capace di ascoltare l’altro. Invece non è così: ministro o manovale ognuno di noi è importante. Come diceva Dostoevskij: è facile amare tutto il mondo, ma è difficile scegliere una sola persona.

Eppure il film mostra immagini strazianti della guerra e di come possa condizionare l’equilibrio emotivo di un bambino. Tanto che non può non venire in mente la strage di Beslan.
Ripeto, non è giusto fare di questa storia una storia politica. La tragedia della Cecenia è un contrappunto, serve a mostrare allo spettatore come questo ragazzo è cresciuto, in quali condizioni, mentre coloro che lo giudicano non sanno nulla di lui, se non che è accusato di aver ucciso il suo patrigno.

Il film dura due ore e mezza. Pensa che sarà tagliato per la sala?
Non credo. È vero che ormai siamo abituati a cambiare canale quando ci annoiamo, ma io penso che l’energia del film venga anche dallo spettatore, dalla sua attenzione. Il film è lungo ma anche quando non succede niente, succede qualcosa, perché i dodici attori non sapevano mai quando li stavo inquadrando.

Come dobbiamo interpretare il finale, con quel passerotto che viene lasciato libero di volare via oppure no. Perché sta a lui scegliere.
È un invito alla vera democrazia, quella che vive all’interno di noi. Democrazia è quando la tua libertà personale coincide con quella di chi ti circonda.

Che consiglio darebbe al presidente Putin?
Gli consiglio di andare a vedere il mio film.

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07 Settembre 2007

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