Nel decalogo di Nanni Moretti, “Conclave, come film di Natale, si guadagna la pagnotta”

Dopo la proiezione di ‘Ecce Bombo’, un monologo autobiografico al Petruzzelli. Il regista, sceneggiatore, produttore e esercente riceve il Premio Bif&st Arte del Cinema: “Mi piace produrre esordienti, per restituire un pezzetto della fortuna che avevo avuto”


BARI – Nanni Moretti in 10 capitoli (anzi, 9): il regista, sceneggiatore, produttore e esercente, centro umano del palco del Petruzzelli, unico soggetto in scena in piedi accanto a una seggiola che funge da poggia bicchiere, stringendo tra le mani alcuni fogli a mo’di copione, è protagonista del primo degli Incontri di Cinema del Bif&st 2025.

Nessuna sorpresa, perché è lui stesso a premetterlo in principio: “parlerò per un’oretta, dividendo in vari capitoli, dieci capitoli”. L’oretta è diventata ora e mezza e i capitoli nove, o forse uno, unico, gigante, sì perché Moretti fa di sé un racconto autobiografico, della sua biografia cinematografica, ma proprio al capitolo “autobiografia” dirà “la salto”, consapevole certamente che non sia un passo del decalogo, ma l’essenza del decalogo stesso.

Capitolo 1 – l’inizio in Super8 e l’entrata nell’industria cinematografica

“Oggi è molto più facile, per chi volesse fare film, girare corti e farli vedere, oggi basta una chiavetta o mandare un link: con i miei primi corti, due del ‘73 e uno del ‘74, andavo in giro con pizza e amplificatori, ma nessuno mi ha fatto fare l’aiuto regista, ed è grazie a questo che sono diventato direttamente regista. Io sono un autarchico (1976) era sempre in Super8 e tre cose, che mi vennero naturali, pensavo me le sarei portate per sempre, ma non è stato così: parlare del mio ambiente politico, sociale, generazionale; prendere in giro il mio ambiente, quindi me; e stare davanti la mdp come personaIo sono un autarchico, nel piccolo mondo dei cineclub, ebbe fortuna e grazie a questo ho potuto esordire nell’industria con Ecce Bombo: ero indeciso – come produttore – tra Franco Cristaldi e Mario Gallo, che mi sembrava più famigliare, e scelsi lui”.

Capitolo 2 – la regia

Ecce Bombo uscì nei cinema con un successo che non avevo previsto. Quando il film esce in sala è del pubblico, che non è monolitico. Nel passaggio dai cineclub al cinema, dal Super8 ai 35mm, molti registi avrebbero pensato – coscientemente o no – “ora c’è il pubblico di massa che ha bisogno certi ingredienti”: non è stato il mio ragionamento, non ho snaturato ‘il mio cinema’, per chiamarlo pomposamente. Ecce Bombo e Io sono un autarchico sono simili: l’ambiente, l’ironia, e il mio modo di dirigere gli attori. Né allora né oggi penso ai presunti gusti del pubblico: ho girato Ecce Bombo senza pretendere di conoscere i gusti del pubblico, sperando andasse bene, ed è andata molto bene. Non mi aspettavo questo successo. Il film a me sembrava molto doloroso e temevo non andasse bene, ma dopo la proiezione ristretta, con il produttore che disse ‘sono affezionato a questo film, come ai figli più problematici…’, il film esce e scopro di aver fatto un film comico per tutti, senza snaturare il mio modo di fare film, appunto. Da Ecce Bombo in poi m’interessava stare dentro l’industria, non stare poeticamente ai margini, tanto da regista quanto da esercente: starci sì, ma alle mie condizioni. Spesso le mie esperienze di spettatore hanno influenzato il mio lavoro di regista: mi piacevano molto i film dei fratelli Taviani, che usavano brechtianamente la mdp fissa; era un modo di fare cinema che ricordava allo spettatore che il regista rappresenta la realtà. In quegli stessi anni mi piaceva moltissimo anche Carmelo Bene e non so come potessero stare insieme queste due passioni, questi due modi diversi di fare cinema”.

Capitolo 3 – la sceneggiatura

“All’inizio scrivevo da solo e mi veniva abbastanza facile, oggi non mi va e non potrei scrivere un film da solo; mi piace molto l’avventura – umana e professionale – della scrittura con altre persone, negli ultimi film sempre donne. Forse tanti anni fa mi sarebbe sembrata una diminuzione? Forse, forse sì, ma avevo antenne piuttosto sviluppate su quello che stava succedendo, in Ecce Bombo c’è il raccontato delle radio libere e delle tv private. Forse faticavo meno di oggi, perché oggi sono più esigente. Una sera precisa cambiò qualcosa: all’Empire dei Parioli vidi La signora della porta accanto con Depardieu e Fanny Ardant: prima leggevo le critiche, pensavo un film si potesse apprezzare conoscendo…, poi cominciai a non leggere più nulla e nell’81 vidi il film di Truffaut senza saperne nulla; alla fine rimasi incollato alla poltrona per qualche minuto, perché fin lì avevo avuto un’attenzione alla forma, invece ricordo l’impressione di quel finale, per cui capii che fosse il caso di cominciare a dare più importanza al materiale sceneggiatura. Fino a Sogni d’oro i miei film erano orizzontali, non c’era un intreccio: quindi poi Bianca e La messa è finita lì ho scritti con Sandro Petraglia”. Moretti fa qui una “parentesi” dichiarata e parla di “Conclave, in cui c’è tutto quello che io ho voluto mettere da parte con Habemus Papam, un film sul terrore di essere eletto: gli intrighi, i pacchetti di voti, le ambizioni. Conclave, come film di Natale, si guadagna la pagnotta”, sentenzia tranchant.

Il capitolo dedicato alla recitazione sarebbe il successivo, ma Moretti – a questo punto – riflette che “per un regista lavorare con Silvio Orlando è una manna… perché anche il dialogo più letterario, più forse finto, lui se lo arrotonda e lo umanizza”.

E poi torna alla scrittura, e torna al passato ma lo recita al presente e dice: “Palombella Rossa voglio scriverlo da solo, perché voglio farlo completamente libero. Palombella Rossa, Caro Diario e Aprile: decido di scrivere da solo, da La stanza del figlio in poi scrivo con altri sceneggiatori/sceneggiatrici, sentendo che, come regista e attore, volessi cominciare a girare con strutture più solide”.

Capitolo 4 – la recitazione

“Per Ecce Bombo non ho fatto provini, mi vergognavo come regista e mi imbarazzavo per gli attori di fronte a un giovane regista di Super8. Ero amico di Peter Del Monte, che mi disse: ‘possiamo fare a cambio di pubblico? Tu hai un pubblico così sano… il mio è difettoso’ – ricorda Moretti – così come ricorda ‘mio padre insegnava all’università epifagrafia greca: lo costringevo sempre a fare una parte nei miei film, e aveva talento, senz’altro più di me, come attore. Ho cominciato a far recitare amici e parenti e mi son portato dietro questa sfida. Oggi penso di avere più vicinanza con gli attori, sento più affetto e solidarietà, allora erano pedine di un gioco che orchestravo”.

Capitolo 5 – la produzione

“Ho sempre avuto libertà nel fare i miei film: quando 38 anni fa ho deciso di fare una mia società, prima con Angelo Barbagallo e poi da solo, era perché volevo scegliermi io chi avrebbe finanziato i miei film e perché mi piace produrre esordienti, per restituire un pezzetto della fortuna che avevo avuto. Tutti i film Sacher sono stati co-prodotti Rai, tranne Il portaborse che dissero ‘no’ e Il caimano che decisi io di non proporre, per non imbarazzare loro e non essere a mia volta imbarazzato. Non lo sapevo, ma avrei poi aperto un cinema, avrei fatto festival di corti: la casa di produzione mi dava quindi altre possibilità. Inoltre, mi dava la possibilità di girare al volo delle cose: come la manifestazione de ‘il manifesto’ del 25 aprile del ‘94 a Milano, poi finita nel film Aprile; e l’ultima mia chemioterapia. Credo che per un regista e produttore sia una bella ginnastica alternare documentari e film di invenzione, alternare basso e alto costo. Il regista che diventa produttore aziona una parte diversa della testa e in me lo noto benissimo; ci sono 3 categorie di registi che diventano produttori: produttori di sottogeneri del proprio, che a me non interessava; produttori che inconsapevolmente producono brutti film di giovani registi: non appartengo; e non appartengo nemmeno alla terza, psicologicamente la più interessante: registi che diventano produttori per sodomizzare i giovani, in cui esempio lampante è Francis Ford Coppola produttore di Wim Wenders (il film era Hammett, 1982)”.

Capitolo 6 – l’autobiografia

Moretti sentenzia: “salto l’autobiografia”, e passa oltre.

Capitolo 7 – la critica

Una frase e ha detto tutto: “chiunque può dire del nostro lavoro qualunque cosa, io non replico mai: fine del capitolo”.

Capitolo 8 – il pubblico

Rispetto a questo tema, secondo Nanni Moretti “ogni tanto c’è un equivoco, anche perché spesso sono stato protagonista dei miei film: si scambiano i dialoghi che recito con le idee di me-persona. Da parte del pubblico c’è un’identificazione tra me-personaggio e me-persona”.

Capitolo 9 – la musica

“…che sia originale o di repertorio. Ci sono spesso canzoni nei miei film, come Insieme a te non ci sto più, in Bianca e ne La stanza del figlio. Quando ero giovane ero più bravo a teorizzare sul mio lavoro, a 25/30 anni dicevo cose congrue e interessanti sulle canzoni nei miei film, ma non me le ricordo più. Più passano i decenni più mi piacciono i miei lavori, ma meno riesco a teorizzarli”.

Capitolo 10 – il cinema Nuovo Sacher

È stato inaugurato il 1 nov ‘91 e “si chiama ‘Nuovo’ perché era dei Monopoli di Stato, le mura purtroppo non sono mie, potevo solo aggiungere un nome. Ho voluto aprire un cinema stando dentro l’industria; allora i cinema erano luoghi respingenti per le persone: io ho voluto un cinema in cui stessero bene, proponendo film che a me-spettatore sarebbe piaciuto vedere. Il cinema è stato inaugurato con Riff Raff di Ken Loach: allora erano pochi i cinema interessati a mostrare i film d’essai. D’estate poi faccio l’arena Bimbi Belli. I lavori che faccio oltre a essere regista non sono per dovere ma per piacere, non mi sento un paladino investito da una missione, è un piacere alternare. La mia non la considero una missione per il cinema di qualità, ma un completamento del mio lavoro di regista”.

Nanni Moretti, dopo quasi un’ora e mezza di centro della scena, viene affiancato dal direttore artistico del Bif&st, Oscar Iarussi, che gli consegna il Premio Bif&st Arte del Cinema.

 

 

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23 Marzo 2025

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