‘My favourite cake’, i registi iraniani bloccati in patria: “Non siamo soli”

L'ultimo film di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha è stato presentato in concorso alla Berlinale 2024. Una romcom delicata ma dal risvolto tragico, assieme racconto di un contesto sociale e della ricerca di emancipazione individuale della protagonista interpretata da Lily Farhadpour


BERLINO – Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha si rivolgono ai giornalisti della Berlinale 2024 grazie a una dichiarazione letta dall’attrice Lily Farhadpour. Da gennaio sappiamo che la coppia di registi non può lasciare l’Iran per accompagnare My favourite cake, il loro ultimo film presentato quest’oggi in concorso alla 74ma edizione del Festival di Berlino e accolto da lunghi applausi. Si tratta di una commedia dal risvolto tragico, uno “slice of life” nella quotidianità di una donna anziana in cerca di una vita normale dopo la morte del marito e il trasferimento dei figli fuori dal paese.

“Abbiamo deciso di superare tutte le linee rosse restrittive e di accettare le conseguenze della nostra scelta di dipingere un quadro reale delle donne iraniane” hanno scritto i registi aggiungendo che in una situazione “così deplorevole” cercano sempre di rappresentare “la realtà della società iraniana, spesso oscurata da strati di censura”. Non è la prima volta che Moghaddam e Sanaeeha entrano in conflitto con l’Iran. Già nel 2020 il film Ballad of a white cow, anch’esso presentato in anteprima a Berlino, fu vietato nel paese ed è tutt’ora oggetto di un processo incompiuto.

A sorprendere molto presto lo spettatore, rispetto alla situazione in cui versano i due registi, bloccati dal proprio paese, è realizzare che My favourite cake è in realtà una commedia romantica, genere di consueto associato a una innocua leggerezza. A creare problemi è pero la sua protagonista. A 70 anni vuole compagnia, divertimento, la libertà di condividere un bicchiere di vino con qualcuno che la faccia ballare. Vuole essere perciò ancora in vita, provando le emozioni che da 30 anni rivede solo nelle soap opera della tv, promessa impossibile a cui decide un giorno di ambire. Mahim, interpretata con grande trasporto da Lily Farhadpour, cambia tutto, e quel giardino rigoglioso che si estende fuori dalla sua casa decide di portarselo dentro, farne un sorriso e un vanto. In un ristorante, un giorno, ascolta parlare un tassista della sua età, anche lui solo. Con invidiabile sfacciataggine, Mahim lo attende fino a tarda notte davanti al centro Taxi per farsi accompagnare a casa, e dopo un simpatico appuntamento on the road invitarlo a casa propria.

Quella di Mahin è una rivoluzione privata, un’emancipazione personale che risuona alla collettività grazie al potere delle immagini con cui Moghaddam e Sanaeeha la mettono in scena. Non mancano i riferimenti al mondo reale, quello che si cela là fuori e di cui Mahim sembra solo in parte consapevole. Per aiutare una giovane al parco sfida ad esempio la polizia morale, un gesto che non è mai, come nel resto del film, un tentativo di rivolta con ambizioni superiori al contesto particolare in cui avviene. Alla protagonista manca infatti la consapevolezza della realtà per poter parlare di simbolo politico. In un certo senso la conosciamo proprio mentre ricomincia a guardare il mondo, partendo dal proprio piacere, riappropriandosi di se stessa. Una riscoperta genuina che arriva allo spettatore nella forma di un sorriso, spalancato come un vecchio ricordo dalla sua protagonista.

My favourite cake è perciò un film piccolo nella sua forma e struttura, delineato come uno spiritoso appuntamento tra due 70enni abbandonati al vino e alla musica in un soggiorno che da tempo non ospitava una gioia così grande. “Alla notte più bella della nostra vita” si dicono con un’ingenuità da adolescenti. Gli scambi sono dolci, le parole curate, le interpretazioni sentite. La sala, a Berlino, fa il tifo per loro. L’immedesimazione è perciò immediata, confermando l’universalità delle pretese della sua protagonista, di nuovo padrona di un mondo più colorato. Lo splendido giardino che cela di fronte a casa è un luogo di piaceri sterminati, di cui non sembrano essere mai stati colti davvero i frutti. Le amiche di Mahin hanno la sua età e si sono invece arrese all’inevitabile: agli interminabili discorsi sui malanni (a Mahin regalano per il compleanno un monitor per il sangue), alle soap, a una vita che scorre senza di loro. Lei è diversa e solo una tragedia la può fermare. Sul finale infatti Moghaddam e Sanaeeha riportano prepotentemente protagonista e spettatore alla realtà, fermando il processo, ricordando che qualcosa, anche se di non definito, a tratti quasi superiore, non può permettere il dilagare di questa gioia.

My favourite cake è un film dal contesto netto ma attraversato da temi universali: la paura di restare soli, di non conoscere cosa ne sarà di noi quando non saremo più qui e il dubbio sui futuri che non abbiamo intrapreso. L’incontro tra i due 70enni, sconosciuti ma presto intimi, è uno spaccato delizioso in due vite che capiamo anche senza la cornice sociale che li inquadra.

Un film che elogia la vita – hanno aggiunto Moghaddam e Sanaeeha -. È una storia che si basa su qualcosa che è la realtà della vita quotidiana di molte donne della classe media in Iran. Guarda alla solitudine che le donne affrontano in età avanzata. È una storia che non viene raccontata spesso. È una storia che contraddice l’immagine comune delle donne iraniane, quella di assaporare i momenti brevi e dolci della vita”. L’anteprima è stata dedicata alle “donne onorevoli e coraggiose del nostro Paese, che si sono mosse in prima linea nella lotta per il cambiamento sociale, che stanno tentando di abbattere i muri di culture obsolete e fossilizzate, che sacrificano la propria vita per raggiungere la libertà”.

 

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16 Febbraio 2024

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