‘Murina’ tra i primi titoli annunciati a Trieste

La 33esima edizione del festival dedicato al cinema del centro-est Europa si terrà dal 21 al 27 gennaio, tra i film in programma il croato Murina di Antoneta Alamat Kusijanović, Caméra d'or alla migli


In attesa di comunicare il programma completo, il 33esimo Trieste Film Festival (diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo) è felice di annunciare il ritorno finalmente in presenza, dal 21 al 27 gennaio (tre le sedi: Politeama Rossetti, Teatro Miela e Cinema Ambasciatori) a cui si aggiunge, dal 26 al 30 gennaio, l’edizione online su MYmovies.

Tra i lungometraggi in concorso, il croato Murina di Antoneta Alamat Kusijanović (produttore esecutivo Martin Scorsese), Caméra d’or come migliore opera prima all’ultimo Festival di Cannes, che nella tensione tra una figlia adolescente e un padre ossessivo, destinata ad aumentare con l’arrivo in casa di un estraneo, legge le derive scioviniste (camuffate da “tratti culturali”) di un intero Paese. E un’altra storia di famiglia, stavolta più corale e tutta al femminile, presta alle bulgare Mina Mileva e Vesela Kazakova (e alla protagonista Maria Bakalova, diventata una star internazionale con Borat 2) l’opportunità di raccontare, in Women Do Cry, una società costituzionalmente (e l’avverbio non è usato a caso) maschilista e patriarcale, scossa dalle proteste nazionaliste contro la parità di genere. Tra favola ed epica, realismo e metafora, si muovono due autori già apprezzati a Trieste: Stefan Arsenijević, che in As Far as I Can Walk adatta nella Belgrado di oggi, snodo della rotta migratoria dei Balcani, il poema medievale Strahinja Banović, facendo di un giovane del Ghana l’eroe nazionale serbo. E il rumeno Radu Muntean, che in Întregalde si serve di una struttura drammaturgica da fiaba (con tanto di viaggio iniziatico) per mettere in discussione (o meglio in crisi) le certezze sulla solidarietà e l’empatia di un gruppo di amici in partenza per una missione umanitaria di fine anno. Mentre la presenza in concorso di Bebia. À mon seul désir di Juja Dobrachkous, ritorno a casa di una giovane modella costretta a confrontarsi con il ruolo complesso e talvolta crudele che la nonna appena scomparsa ha avuto nella sua infanzia, “apre” all’omaggio alle registe del cinema georgiano, protagoniste quest’anno della sezione “Wild Roses. Registe in Europa”.

Tra i documentari in concorso, 1970 di Tomasz Wolski ricostruisce le proteste scoppiate nella Polonia comunista del 1970, raccontate però da una prospettiva inedita, quella degli oppressori, rendendo vivida e vera (grazie all’aiuto dell’animazione in stop motion) l’atmosfera che si respirava in quel momento al Ministero degli Affari Interni, sbirciando tra le conversazioni telefoniche e dietro le porte chiuse degli uffici dei funzionari di governo; da Varsavia a Praga con Reconstruction of Occupation di Jan Šikl, che scava negli archivi cinematografici privati e amatoriali per mostrare – attraverso gli sbiaditi “home movies” d’epoca – l’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Immagini uniche, a lungo invisibili, in cui i volti di cittadini anonimi si trasformano in testimoni viventi di quei drammatici giorni della storia cecoslovacca.

21 Dicembre 2021

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