Ho visto La stanza del figlio un po’ defilato, dalla galleria. La sala era stracolma mente lì su c’era un clima più tranquillo, forse, meno incline al condizionamento.
In genere non uso essere retorico. Né nei giudizi, né nei comportamenti. Cerco invece il senso della misura. E ci provo anche stavolta.
La stanza del figlio è un film che non ti aspetti.
Il tema della morte è un vero tabù del cinema italiano. Che per anni ha evitato di emozionare e emozionarsi. Escludendo dalla scena ogni emozione vera e diretta.
Moretti c’è invece entrato dentro senza mediazione. Impossibile sottrarsi.
Dalla sala si esce con lo stomaco tritato, ma anche con la precisa sensazione di apprezzare la vita.
Il film è un inno alla vita. E a quel senso della misura che si perde in una società proiettata verso il mercato e al suo senso dell’inutile.
Il dolore di Nanni, del personaggio che interpreta, va oltre le patologie create dal benessere.
Ringrazio Nanni per questo. Per il coraggio ritrovato della positività del vivere. Un istinto che ho percepito anche nel mio privato e che lui mi aiuta a non perdere di vista.
(testo raccolto da Daniela Cannizzaro)
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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