Un’emozione infinita. Nanni Moretti sale sul palco della Sala Lumière, accolto dalla coppia Griffith-Banderas. Afferra la Palma d’oro. Tira un respiro come aveva fatto, neanche un mese fa, ai David. Moretti ringrazia. “Linda, Heidrun, Esmeralda, Jasmine, Laura, Alberta, Roberta, Angelo, Silvio…”. Un elenco interminabile di nomi. E un applauso interminabile. Nella grande sala, tra i giornalisti riuniti alla Debussy, nello spazio delle conferenze stampa. E’ un plebiscito questa Palma. “Ma non una Palma annunciata”, dice Nanni. “Perché spesso, nonostante l’amore del pubblico e della critica per un film, le giurie hanno gusti diversi”.
Si allontana a fatica. Le troupe straniere lo assediano. Dì qualcosa in inglese. “I’m happy!”. Dì qualcosa di sinistra, incalzano gli italiani. Più maliziosi. Memori della tirata anti-Bertinotti. “Non parlo più di politica fino al 28. Fino al ballottaggio”. Superstizione?
Era tornato a Roma venerdì. “E non per scaramanzia. Amo vedere i film degli altri, ma qui ho passato tre giorni chiuso in una stanza a fare interviste. Finalmente volevo stare chiuso nella mia stanza, ma a Roma”. Quindi tornerà subito. “Devo vedere quattrocento cortometraggi per il mio festival”.
E’ sfinito, Moretti. Gli occhi gonfi e commossi. L’hanno richiamato stamattina. “Mi hanno detto di tornare a Cannes. E io ho detto va bene”. Non gli hanno spiegato, però, quale premio avesse vinto. Fino all’ultimo suspense, com’è costume qui al festival. Si vociferava di una Palma a Lynch, che ha fatto il suo ingresso trionfale sulla scalinata del Palais accanto alla bella attrice bruna di Mulholland Drive. Il gruppo della Pianista al gran completo faceva presagire, come poi si è visto, uno spazio importante per il film di Haneke nel palmares. Data per certa anche la presenza di Tanovic. Insomma, alle cinque del pomeriggio c’era chi temeva per La stanza del figlio un premio “di consolazione”. Ma meno della Palma sarebbe stato difficile da mandare giù.
Vincere è importante?, domandano al regista romano. “Certo, ma quando fai sport dipende solo da te, in questi casi no”. Di certo la giuria si è spaccata. Liv Ullmann l’ha lasciato filtrare tra le maglie della diplomazia dei discorsi ufficiali. Solo su Isabelle Huppert c’è stata unanimità.
Gli stranieri incalzano. Ti sei lasciato dietro il personaggio comico, sei diventato tragico… “Volevo cambiare. Mi piace quando dicono che questo è un film duro e dolce”. Già, anche Benigni trionfò qui a Cannes proprio con un film amaro e tenero. Un guitto che andava incontro alla morte. E’ un’anima italiana. Azzardiamo: universale?
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