Ad intaccare il caustico spirito di Michael Moore non è bastato il ritardo di 7 ore con cui l’aereo l’ha condotto a Roma. “Voi italiani vivete più di noi che siamo americani, l’ultima superpotenza e credo di sapere il perché, seguite troppo gli insegnamenti di un tizio di nome Gesù che diceva ‘quello che farete al più piccolo tra voi lo farete a me'”. Cappellino da baseball d’ordinanza e maglietta il regista americano incontra la stampa in un’afosa giornata di fine agosto citando divertito la Bibbia “concedetemelo siamo a pochi passi dal Vaticano”. Tra i giornalisti anche la ministro della Salute, Liva Turco rimasta colpita positivamente dal film al punto da augurarsi che Moore prima o poi decida di girare un documentario sulla sanità italiana: “Sicko è uno di quei rari film che mostrano il lato umano della malattia e il business delle compagnie mediche assicurative. Spero che gli italiani lo guardino e si rendano conto che al contrario degli americani loro dispongono di un tesoro”. Moore ascolta la ministro annuendo. Questa è la sua seconda giornata romana. La prima volta che era stato qui per un solo giorno fu per l’uscita di Roger & Me, il primo lavoro datato 1989. Diciotto anni dopo lo statunitense torna nel Bel Paese con una Palma d’Oro al suo attivo e un film acclamatissimo a Cannes 2007 da presentare, Sicko, che uscirà oggi in 250 sale grazie a 01 Distribution.
Con il clamore suscitato fin dalle riprese, “Sicko” non ha bisogno di presentazioni. Come mai è venuto a Roma?
In effetti la mia presenza qui non era prevista ma dovevo andare a Sarajevo per il Film Festival dove il mio documentario chiuderà la manifestazione e da buon americano medio con scarse conoscenze geografiche mi è venuto in mente che forse l’Italia poteva essere nelle vicinanze, mi hanno confermato che avevo ragione e ho deciso di venire per due ragioni: voi insieme al Giappone siete il Paese dove Fahrenheit 9/11 è andato meglio al botteghino. E poi sono molto legato al cinema italiano: da ragazzo vedere film come Ladri di biciclette è stato molto importante. E’ un peccato che le tv statunitensi non passino più i vostri classici come un tempo.
Lei e il film siete stati accusati di aver fatto un’analisi superficiale e troppo generosa dei sistemi sanitari nazionali di Canada, Francia e Italia. Come si difende da queste critiche?
Non ho mai detto che il vostro sistema nazionale così come quello delle altre due nazioni citate sia perfetto. Ci sono molte cose da cambiare sicuramente ed è compito dei governi lavorare in questo senso però se un italiano non sta bene ha tutto il diritto di recarsi liberamente dal medico come e quando vuole. Nessuno gli chiede di pagare. Noi invece nonostante gli ospedali all’avanguardia abbiamo 50 milioni di persone che questo diritto alle visite non ce l’hanno perché sono senza assistenza sanitaria. C’è poi una fetta consistente di cittadini 250 milioni di persone, a cui l’assicurazione è stata accordata ma non copre tutti i costi. Persone così si sono ritrovate a perdere la casa per essersi indebitati pur di pagarsi le cure mediche. In Italia avrete sicuramente dei problemi, specie ora che siete ancora impegnati a ripulire il casino fatto dal governo Berlusconi che lo stato sociale puntava ad eliminarlo. Ma vi sfido comunque a presentarmi qualcuno costretto a vendersi l’abitazione per guarire. Se volete un consiglio per risanare i bilanci degli ospedali smettete di finanziare guerre illegittime al fianco degli Usa e usate quei soldi per la Sanità.
Cosa pensa dell’influenza che i suoi film hanno avuto sul cinema documentaristico?
Non posso fare a meno di essere contento e onorato quando guardo pellicole come Super Size Me e Una scomoda verità . Sono racconti utili e credo ne servano di più. Mi piace molto anche lo stile di Sabina Guzzanti. Quando ho visto il suo Viva Zapatero! ho pensato di aver trovato una sorella. Prima o poi gireremo l’Italia in tour. Abbiamo molto in comune.
Come riesce ad usare l’umorismo affrontando temi così duri?
Saper ridere è necessario per vivere in tempi oscuri come questi e poi aiuta a non ammalarsi!
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