Matteo Fresi: “Caligari, un maestro su cui continuare a studiare”

Premio Caligari: l’intervista al regista de Il muto di Gallura, tra i sei finalisti del riconoscimento nel nome del regista romano. "CinecittàNews" conferirà una Menzione Speciale ad uno dei nominati


MILANO – Matteo Fresi, regista de Il muto di Gallura, è nella rosa dei sei finalisti del Premio Caligari, all’interno della XXXII edizione del Noir in Festival“CinecittàNews”, media partner della manifestazione, conferirà una Menzione Speciale ad una delle sei opere candidate, incontrando giorno per giorno – fino al 7 dicembre, serata della premiazione – due autori nominati per il premio. 

Matteo, una riflessione sul genere nel cinema, che ha fatto grandi alcune stagioni e che di recente sta tornando a occupare la parte più interessante della produzione italiana. Da autore, cosa permette in più scegliere di abbracciare un genere? Che valore aggiunto dà a una storia? Che dialogo stabilisce con il pubblico? 

Il genere credo sia uno strumento da utilizzare senza affidarcisi del tutto, può diventare un ottimo utensile del mestiere, quando però non diventa totalizzante. Prima c’è sempre la storia, poi il genere è uno degli elementi che possiamo utilizzare o meno: se usato al meglio può essere una freccia in più all’arco, magari agganciare di più il pubblico, che quando riconosce alcuni sapori di film di storie che ha amato credo si lasci più coinvolgere da quello che lo attende nella trama. 

Nello specifico del suo film – Il muto di Gallura – perché ha scelto il genere, su quali paradigmi dello stesso ha puntato e come ha costruito il film in quest’ottica?

S’è cercato di utilizzare quello c’era a disposizione di grandioso del genere, con riferimento al western, che dà un sapore, un colore al film, ma non ci siamo affidati completamente al genere, soprattutto in fase di scrittura con Carlo Orlando, perché l’impianto narrativo di un western classico è molto diverso e anzi ci siamo affidati di più a quella che può essere la traccia di una tragedia greca, mediterranea. Per colorire il film gli elementi western sono stati molto utili perché hanno trasformato l’epica mediterranea in qualcosa di più prossimo a noi come gusto cinematografico. 

Per il suo film, in finale al Premio Caligari, e in generale per la sua idea di cinema di genere, ci sono degli autori o delle opere di riferimento? 

Sicuramente ci sono stati film cardine, non tutti dello stesso genere: ci sono riferimenti al gangster movie come al western, in particolare a quelli di Leone e di Ford. Ma anche un capolavoro di film storico, Barry Lyndon, è stato uno di quelli più ispiranti per avvicinarmi a raccontare Il muto di Gallura

Claudio Caligari, a cui il premio per cui è nella rosa dei finalisti è dedicato, che passo pensa abbia impresso, nel nome del genere, nel cinema italiano?

È un caposaldo, un simbolo capace di aver trapassato il tempo, entrando davvero anche nella cultura popolare. È un maestro su cui continuare a studiare. 

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05 Dicembre 2022

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