Marina Cicogna – protagonista del docu film di Andrea Bettinetti che passa alla Festa del Cinema di Roma, intitolato Marina Cicogna: la vita e tutto il resto – è stata la prima produttrice ad affermarsi in un mondo maschile. Protagonista della grande stagione del cinema italiano d’autore tra la fine degli anni ’60 e i ’70, è vincitrice di un Oscar, una Palma d’Oro e un Grand Prix a Cannes e un Leone d’Oro a Venezia. Un’aristocratica, coraggiosa e trasgressiva donna libera, che ha sempre fatto ciò in cui ha creduto e finalmente si racconta, attraverso un tesoro di fotografie, conversazioni, clip dei suoi film, ricordi di amici e personalità del cinema, della cultura e della moda.
Produttrice di avanguardia poi autrice di apprezzati libri fotografici, nipote di Giuseppe Volpi, inventore della Mostra del Cinema di Venezia, ha lavorato con registi come Elio Petri, Lina Wertmuller, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica, Sergio Leone, Francesco Rosi, Liliana Cavani e attori come Mariangela Melato, Giancarlo Giannini, Gian Maria Volonté, Henry Fonda, Charles Bronson, Alain Delon, Yves Montand…
“Fare un documentario su Marina Cicogna – dichiara il regista – significa illuminare una protagonista del cinema italiano degli ultimi cinquant’anni, raccontare il destino di una donna intelligente, dietro la cui determinazione si nascondono anche grandi dolori privati, insieme a uno dei capitoli più importanti della storia del nostro cinema. Nel processo creativo mi hanno accompagnato Alejandro de la Fuente e Elena Stancanelli con il loro sguardo, passione e cultura cinematografica. L’idea ha una doppia data di nascita. La prima volta che ho contattato Marina Cicogna era per un documentario su Gian Maria Volontè, e poi una seconda volta per un lavoro su Gualtiero Iacopetti. Così ho pensato di voler raccontare anche lei, che fortunatamente ha accettato. Gli spostamenti sono stati limitati rispetto all’idea iniziale, per via del Covid, ma è stato comunque un grande viaggio”.
Prodotto da Kama Productions in associazione con Luce Cinecittà in coproduzione con La Femme Endormie con la collaborazione di Atacama Film con la partecipazione di CINE’+. Col sostegno della Regione del Veneto concesso nell’ambito dell'”Azione 3.3.2 del POR FESR 2014-2020 a favore della produzione cinematografica”, della Regione Piemonte nell’ambito del Torino Piemonte Film Fund, e del MIC DGCA Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, con il supporto della Fondazione Veneto Film Commission e della Torino Piemonte Film Commission.
Il film, su soggetto di Bettinetti, è scritto da Alejandro de la Fuente e Elena Stancanelli . Attraversando tutti i successi, da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Premio Speciale della Giuria a Cannes, a La classe operaia va in Paradiso, a C’era una volta il West a Mimì Metallurgico, il doc, molto apprezzabilmente compatto e diretto, racconta tutto ciò che c’è da sapere su questo carismatico personaggio, anche attraverso le voci di chi l’ha conosciuta e ha lavorato con lei.
Ornella Vanoni la definisce “adorabile, con un’aria snob e la perfetta onda nei capelli”. In conferenza, però, la parola va alla diretta interessata: “Non avevo niente di segreto, ho raccontato tutto com’era, ho fatto il doc soprattutto perché mi piacevano i lavori di Bettinetti. Sono domande e spiegazioni sui fatti della vita. La vita è fatta di tante cose, e la mia anche”.
“Ho ricercato tante informazioni – dice de la Fuente – cercando di contestualizzare Cicogna e la sua importanza all’interno del panorama cinema italiano. Abbiamo cercato i personaggi più giusti per raccontare questa storia.
In un estratto di intervista particolarmente potente, la protagonista parla di come suo nonno abbia fondato la Mostra del Cinema di Venezia quasi per caso:: “Non è che amasse particolarmente il cinema – racconta Cicogna – voleva trovare un modo di riempire gli alberghi che aveva acquistato, e notava che a Venezia andavano in vacanza molte grandi star, per cui, dato che stavano lì volentieri, mise su uno schermo con qualche sedia”. Così nacque la kermesse più importante del mondo.
Ma poi è scoppiata in Cicogna la passione autentica per la Settima Arte: “A otto, dieci anni scappavo dal Parini per andare al cinema a vedere Duello al sole. Il cinema è sempre stata una passione che poi si è focalizzata. E’ una cosa nata quando ero ragazzina. La grande fortuna sono le passioni che si riesce in qualche maniera a realizzare. Io mi sono resa conto sfogliando le locandine dei film che ho fatto e mi sono detta ‘cazzarola, quante belle cose ci sono qui dentro!”. Quanto alla sceneggiatura, dice la produttrice “non mi sono nemmeno resa conto che fosse scritto o sceneggiato. E’ tutto frutto di domande semplici. Hanno chiesto cosa pensavano di me, e io ho voluto che le risposte fossero variegate, vitali. Non solo gente che dicesse che ero brava e buona. Quindi ho scelto persone di mondi variegati. Pensavamo di muoverci, avrei voluto più interviste all’estero ma dopotutto siamo soddisfatti”.
“Abbiamo usato delle troupe locali con collegamento a New York mentre a Parigi siamo andati – spiega il regista – e poi vediamo una Venezia completamente vuota, il lockdown ha portato al film anche cose filmicamente affascinanti e positive, anche se lavorare in tempi di Covid è stato complicato. Ogni intervistato raccontava un aspetto particolare”. “Ho amato e amo ancora tutti i film che ho prodotto – prosegue Cicogna – sono particolarmente attaccata ai primi, quando le persone che mi conoscevano mi davano per matta, come Metti una sera a cena, che fece incassi straordinari. Mentre invece non mi hanno lasciato fare Il conformista, in un primo momento, molti film me li hanno bloccati, solo dopo un po’ hanno capito che avevo delle frecce al mio arco. David O. Selznick, il produttore di Via col vento, mi considerava la figlia femmina che non aveva avuto, è stata una persona da cui ho imparato tantissimo. Le scelte che crescono spontaneamente dentro di noi sono faticose. All’epoca si viveva a Roma una vita coesa, ci si frequentava tra artisti di vario tipo, scrittori, pittori, musicisti, e si imparava a conoscere in che mondo vivevamo. Oggi ciascuno vive una vita chiusa, ci sono pochi scambi intellettuali. Non è vero, come hanno scritto, che amo solo Sorrentino e Garrone. Amo Saverio Costanzo, c’è tanta gente creativa, ma sono tutti isolati. Nella Hollywood dei tempi d’oro tutti si conoscevano, Michael Caine organizzava colazioni, Gregory Peck invitava i colleghi a giocare a tennis, oggi è tutto diverso”.
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