MARCO RISI


“Il film è in fondo una sfida per un regista considerato maschilista, un’opera al femminile ed è proprio questa particolarità ad avermi attratto”. Così Marco Risi presenta il suo Tre mogli con il quale torna alla regia dopo l’insuccesso di quattro anni fa con L’ultimo capodanno. Tre donne – Iaia Forte, Francesca D’Aloja e Silke – sulle tracce dei loro tre mariti, dipendenti di una banca, scomparsi insieme a nove miliardi. Un viaggio durante il quale esse scoprono una parte di sé e il piacere di esistere senza i rispettivi coniugi. Un film anche sulla tolleranza, sull’accettazione dell’altro diverso/a da te.

Il suo film precedente intrecciava storie parallele nella Roma dell’ultimo dell’anno, come mai con “Tre mogli” ha voluto ancora iniziare da questo giorno?
Non avrei voluto cominciare da dove avevo lasciato L’ultimo capodanno che aveva rappresentato un’esperienza traumatica, anche se non rinnego quel film, anzi lo amo. Ma ho rispettato la scelta della sceneggiatrice Silvia Napolitano di iniziare Tre mogli la notte dell’ultimo dell’anno, forse per esorcizzare quel disastro al botteghino. Mi sarei sentito un po’ vigliacco se avessi cambiato il giorno e così ho anche accettato che si concludesse sempre a Capodanno. Comunque L’ultimo capodanno aveva una sua tragicità, qui il tono è diverso, più leggero, più affettuoso, anzi nella terza parte il film diventa sentimentale.

Per la prima volta una storia con sole donne protagoniste. Perché questa scelta?
L’idea era quella di raccontare delle psicologie femminili, comunicando buon umore. Così mi sono messo al servizio di un testo non mio, di Silvia appunto, un buon copione che naturalmente ho via via modificato. Certo i tre mariti non fanno una bella figura, non sono personaggi positivi. Sarebbe interessante capire che cosa ha spinto questi tre uomini ad abbandonare le rispettive mogli. Come si diceva una volta; “E’ sceso un attimo a comprare le sigarette ed è tornato dopo vent’anni”.

Si comincia in Italia e ci si ritrova in Patagonia, come mai?
Mi piacciono i film che cominciano in un luogo e con uno stato d’animo e si concludono altrove, con una atmosfera del tutto diversa. Il cambiamento del resto è la prerogativa del viaggio. Ancora una volta ho assecondato la scelta della sceneggiatrice, ma l’ho anche condivisa ricordando che mio padre, alla mia stessa età, proprio in Argentina realizzò nel ’64 Il gaucho con Vittorio Gassman e Amedeo Nazzari. Una terra lontanissima, l’opposto dell’Italia, dove il nostro Sud è il loro Nord, dove il nostro inverno corrisponde alla loro estate. Un mondo distante con facce che somigliano alla nostre, quelle di emigranti che hanno lasciato il nostro paese, e dove le tre donne sono costrette a ribaltare se stesse. Il film va sempre più giù come in un imbuto, con le tre protagoniste che scivolano in Patagonia, nell’ultima città del mondo Ushuaia.

Perché ha abbandonato il cinema “neo-neorealista” e la denuncia sociale di film come “Il muro di gomma” o “Il branco”?
Mi sono preso una vacanza dopo essermi occupato di impegno politico, di problematiche sociali, di cattiverie della società. Mi piace fare film ogni volta diversi e tuttavia la mia prossima pellicola sarà drammatica, racconterà di noi stessi. Forse noi registi abbiamo ora perso il contatto con la realtà del paese, non riusciamo più a narrare l’attualità o certi personaggi discutibili.

“Tre mogli” non ricorda certe commedie francesi, alla Coline Serreau?
Mi ha ispirato più Ernst Lubitsch, anche se mi piace quel cinema francese che con garbo racconta piccole storie. La mia è una storia minore ma si confronta con grandi accadimenti.

E’ d’accordo con chi parla di rinascita del cinema italiano?
Senza dubbio, tanto più che questa nuova onda riguarda registi molto diversi come Marco Tullio Giordana o lo stesso Ermanno Olmi, passando attraverso Gabriele Muccino e Nanni Moretti. Il pubblico apprezza non solo le commedie, ma anche opere con un respiro più profondo, più pesante, anche se ritengo che una commedia possa talvolta esprimere più di un dramma. DeI resto, nelle due ultime stagioni, il cinema americano non ci ha fatto vedere nulla di eccezionale e finalmente gli esercenti si mostrano disponibili alla nostra produzione.

autore
22 Ottobre 2001

Interviste

Ti West
Interviste

Ti West: “in ‘MaXXXine’, gli anni ’80 che nessuno vuole mostrare”

Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid

play
Interviste

Trincia: “ognuno di noi ha sentito vicinanza con questo caso”

Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.

play
Interviste

Luchetti: “ho voluto raccontare Carla anche come donna politica”

Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.

Interviste

Marco Valerio Gallo: come ti disegno ‘Freaks Out’

Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti


Ultimi aggiornamenti