PECHINO. Il tappeto rosso, la presenza di molti titoli in anteprima mondiale, tre film italiani. Sono alcune delle novità che Marco Müller ha portato al Festival di Pechino, quinta edizione, la prima di cui è curatore del programma internazionale. “Naturalmente è un anno di transizione, non vorrei tracciare un bilancio, ma segni di cambiamento ci sono, ad esempio l’apertura ai media stranieri, che negli anni scorsi non erano previsti”, dice Müller.
Dopo una fastosa cerimonia, con tanto di fuochi d’artificio, effetti speciali ed esibizioni dell’Opera di Pechino, alla presenza di Luc Besson, presidente della giuria, e di Arnold Schwarzenegger che ha lanciato dal palco un messaggio di pace e di amicizia, Maraviglioso Boccaccio è stato il film d’apertura.
Una scelta “che ha rispettato i criteri delle autorità cinesi che possiamo definire le tre ‘m’, l’opera di un maestro, destinato ad un pubblico di massa, con possibilità per il mercato. Oltretutto il filone del film in costume con derivazione letteraria è nella tradizione del cinema cinese. Maraviglioso Boccaccio infatti non ha avuto difficoltà a trovare un distributore, che ha usato come test anche il successo con cui è stato accolto dal pubblico”, dice Müller. Il film uscirà in estate, la stagione giusta per il pubblico giovane degli studenti in vacanza, con mille copie iniziali per arrivare a 3mila, cifre che hanno piacevolmente sconvolto Paolo Taviani, ospite del Festival insieme alla moglie costumista Lina Nerli Taviani e a Lello Arena, cifre impensabili in Italia, ma tutt’altro che eccezionali in Cina.
Un’accoglienza molto positiva ha avuto anche Torneranno i prati, presentato in omaggio al maestro Ermanno Olmi, mentre Michele Placido, a Pechino con la produttrice Federica Vincenti per la proiezione di La scelta in concorso, ha avuto un successo personale travolgente, la memoria del commissario Cattani di La Piovra in Cina non è mai tramontata. Secondo Müller “l’esito positivo del film dei Taviani sarà un buon tramite per il cinema italiano, che in Cina è quasi inesistente, come non esiste il cinema europeo in generale. Paradossalmente gli autori italiani contemporanei erano più conosciuti nel momento più alto della pirateria, quando una settimana dopo l’uscita in Italia, trovavi la copia in Cina sottotitolata in cinese. Ora la pirateria è molto più limitata”.
Oltre alla penetrazione dei film italiani nel mercato cinese, c’è da sfruttare al meglio l’opportunità delle coproduzioni con la Cina, un impegno che tra gli altri l’Anica sta portando avanti a tempo e quest’anno, in contemporanea al festival, ha organizzato incontri tra giovani autori italiani e produttori cinesi. “Un mio consiglio ai produttori italiani è di frequentare i festival, Pechino e Shanghai, per approfondire le caratteristiche che il mercato cinese richiede e scommettere. Un esempio. Una coproduzione che sembrava davvero a buon punto era quella del film dei fratelli Manetti, che sono molto corteggiati per il loro cinema popolare ma singolare, che potrebbe funzionare sul mercato italiano e su quello cinese. Ma ancora non si è sentito un produttore italiano pronto ad investire i 3 o 4 milioni necessari”.
Per quanto lo riguarda Müller ha ricevuto dalle autorità cinesi l’incarico di curare il programma internazionale del prossimo Festival delle Vie della Seta e “nell’ambito del quale cercherò di creare officine di coproduzioni destinate a progetti di prototipi, con la partecipazione di cineasti di entrambi i paesi. Per lanciare la nuova formula del festival ho proposto un evento nell’ambito della Mostra di Venezia”.
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