Thierry Frémaux torna a esplorare il cinema dei fratelli Lumière con un nuovo film: Lumière – L’avventura del cinema, un omaggio alla nascita della settima arte, a 130 anni dal primo film realizzato da Auguste e Louis Lumière, Sortie d’usine (Uscita dalla fabbrica), girato nel 1895.
Direttore del Festival di Cannes e dell’Institut Lumière di Lione, Frémaux prosegue il viaggio iniziato con Lumière! La scoperta del cinema, documentario che nel 2017 attirò 200mila spettatori solo in Francia. Il nuovo capitolo, Lumière – L’avventura del cinema, è già stato presentato nei principali festival internazionali, tra cui Roma, San Sebastián e Tokyo, e arriverà nelle sale italiane da lunedì 3 aprile, distribuito dalla Cineteca di Bologna con il progetto Il Cinema Ritrovato.
Al cinema, va in collaborazione con Lucky Red.
Questa volta, il film raccoglie 120 inedite “vedute” – così venivano chiamati i cortometraggi realizzati dai fratelli Lumière e dai loro operatori – restaurate dal laboratorio della Cineteca di Bologna L’Immagine Ritrovata. Un restauro che restituisce l’incanto originario di queste immagini e offre una nuova prospettiva sul cinema pionieristico dei Lumière.
Come già nel lavoro precedente, il film si compone interamente delle riprese realizzate tra il 1895 e il 1905, ma spinge l’analisi ancora più in profondità: mostra come, fin dagli albori, il cinema contenesse già tutte le componenti tecniche, narrative ed estetiche che avrebbero caratterizzato la storia della settima arte. La voce narrante di Thierry Frémaux, doppiato in italiano da Valerio Mastandrea, accompagna gli spettatori in questa riscoperta affascinante.
E proprio il rapporto tra il cinema delle origini e le immagini contemporanee riserva sorprese inaspettate. Le brevi storie da 50 secondi girate dai Lumière, in un certo senso, anticipano il linguaggio visivo di oggi. Mutatis mutandis, i loro film sono gli antenati dei contenuti brevi dei social media: TikTok e Instagram, con i loro video rapidi e immediati, sembrano chiudere il cerchio e riportarci alle radici della narrazione per immagini.
Non a caso, Frémaux ironizza nel film con una battuta emblematica: “Sì, i Lumière hanno inventato anche i video dei gatti!”
Dopo 130 anni, il cinema torna così alle sue origini, e Lumière – L’avventura del cinema ci invita a guardare avanti, riscoprendo il fascino della sua storia.
Un film potente, di teoria e critica, che rende possibile la fruizione di opere altrimenti improgrammabili, per la scarsa durata e per il cattivo stato in cui si trovavano le pellicole. “Sono l’unico regista a poter dire che il suo film è meraviglioso – scherza ancora Fremaux – perché di fatto è materiale dei Lumière. Mi interessa in particolare rendere a Lumière il ruolo di autore, tecnicamente non sono nemmeno gli inventori del cinema, ma nemmeno autori a tutti gli effetti. Tuttavia porto in tasca una chiavetta USB con tutte le 2000 vedute dei Lumière, che sono belle da vedere sul computer, ma grazie al lavoro di restauro della Cineteca sono ora finalmente visibili su grande schermo, la loro dimensione ideale”.
Dice ancora Fremaux: “a volte si comparano Lumière e Meliès, ma sono due strade diverse che il cinema prende. Lumière scriva con la camera, prende la realtà così com’è e porta a Rossellini e alla Nouvelle Vague. Meliès usa trucchi, fa quello che la realtà da sola non fa. Porta a Hollywood e a Fellini. Meliès reinventa il mondo con il cinema e la magia, è teatro, ci porta a James Cameron. I Lumière raccontano la vita nella bellezza e nella naturalità, conta il gesto cinematografico, non puoi raccontare una veduta dei Lumière, è atto puro. Tuttavia si possono amare entrambe le strade. Non è opposizione ma complementarità”.
Si tratta comunque di cinema e narrazione. Dice Fremaux “certamente anche la non fiction è narrazione. I Lumière si pongono il problema di dove porre la macchina da presa, e questo è cinema. Tavernier diceva, dopo John Ford, che la macchina da presa è sempre nella posizione giusta, tranne quando si tratta di firmare la gente a tavola. E già con i Lumière ci accorgiamo che è così. E non c’erano visori, bisognava fare calcoli per quanto riguardava la focale, era certamente un lavoro più complicato rispetto a oggi. Ma soprattutto era una questione di senso della responsabilità nel posizionamento della camera. Fin dall’inizio fare cinema significava assumersi la responsabilità di quello che si voleva raccontare con quelle immagini. Oggi non è più così: su Internet va qualsiasi cosa senza che ci sia un’assunzione di responsabilità: possiamo vedere cose orribili, morti, decapitazioni… mentre al cinema questo non si è mai visto, in termini realistici. Credo che un film come questo serva proprio a tornare a farci riflettere sull’uso che dobbiamo fare delle immagini, all’Institut Lumière insegnamo proprio questo ai bambini, a realizzare immagini e a prendersi la loro responsabilità”.
Il cinema per Fremaux, deve e può essere uno strumento di pace: “I nazisti non hanno mai filmato l’orrore dei campi. Il cinema e la macchina da presa sono una cosa seria. Mentre i telefonini che abbiamo in tasca non lo sono affatto!”
La voce narrante italiana è di Valerio Mastandrea e, specifica l’autore: “Non c’è uso di Intelligenza Artificiale, sarebbe pirateria. Un russo lo fa, rielabora i Lumière e poi li mette su Internet rielaborandoli per il gusto moderno, ma io non sono d’accordo e non lo capisco. A quel punto, tanto vale fare film propri!”
Fremaux è ottimista sul futuro del cinema: “Lo hanno dichiarato morto un sacco di volte, l’ultima durante la pandemia, quando hanno chiuso allo stesso momento tutte le sale, cosa mai accaduta nemmeno durante le guerre mondiali. Tuttavia, anche per i bambini e i ragazzi che oggi stanno sempre sul cellulare, andare al cinema resta un evento speciale e importante. Tarantino mi dice che sono troppo ottimista perché sono francese. Nel mio paese, in effetti, il cinema è tutelato. Protetto. Dal governo, dalla stampa. I Lumière hanno inventato anche le sale, il gesto di riprendere ma anche quello di andare al cinema, al contrario di Edison che pensava solo agli aspetti commerciali. Anche questo film va molto bene, con risultati al botteghino straordinari, meglio del predecessore. Film che servono per pulirsi gli occhi, dalla pubblicità, dai mille input che ci arrivano. Tornare a guardare un film celebrando anche il silenzio”.