La sala a fine film è tutta un chiacchiericcio. Miyazaki ha fatto la magia: nel solco di Fellini, ancora una volta, il maestro dell’animazione giapponese confonde e rapisce, sfidando lo spettatore senza sottovalutarlo mai. “Cosa vorrà dire? Era tutto un sogno?”. La folla si lascia alle spalle lo schermo ma non la storia, men che meno la sensazione che ci sia una verità da scoprire in quelle immagini magnetiche. Vedere in sala Il ragazzo e l’airone, ultimo film di Miyazaki a dieci anni da Si alza il vento, è un’esperienza. Tra le predilette degli spettatori italiani in questo inizio 2024 segnato da un importante afflusso nei cinema. Nella sala accanto, il coinvolgimento non è da meno. Siamo ancora nel Giappone di Miyazaki, ma il regista, autore tra i più riconosciuti, è il tedesco Wim Wenders. Perfect Days è l’altro volto di questo primo mese del 2024. Insieme, uno dopo l’altro, hanno dominato i primi posti della classifica Cinetel. La società indipendente di produzione e distribuzione cinematografica Lucky Red, che li ha distribuiti entrambi, conosceva il potenziale della coppia Miyazaki-Wenders. Ad ammetterlo è lo stesso Gabriele D’Andrea, capo della divisione theatrical Lucky Red, che ne ha seguito la promozione in un percorso organico, capace di presentare al pubblico due perle così rare. Perché sì, certi film parlano da soli, ma prima bisogna mostrarli, e portare le persone in sala non è più (non è mai?) facile, anzi. Per questo CinecittàNews ha contattato D’Andrea per farsi svelare come è stato realizzato questo risultato che preannuncia un 2024 promettente. Un lavoro iniziato mesi fa, che abbraccia la necessità di coinvolgere lo spettatore nella promozione, raccontando i film e i loro autori tra eventi, comunicazione social, influencer marketing, rassegne di preparazione e molto altro. Spoiler: come il successo di Barbie, Oppenheimer e C’è ancora domani ha dimostrato, è finita l’era della promozione costruita su modelli rigidi e passivi, bisogna avere fiducia nel pubblico (e per questo ci vuole coraggio, anche a scegliere una data di distribuzione difficile), che va coinvolto nel processo, invitato a un evento. Insomma, poster e trailer non sono più abbastanza.
Per la prima volta nella storia di Lucky Red due film hanno dominato le prime posizioni del box office. Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki e Perfect Days di Wim Wenders. Parliamo di questi successi, di cosa li caratterizza e come sono stati costruiti nei mesi precedenti
Sono due film accomunati un po’ dal contesto giapponese e dal periodo di uscita, ma da un punto di vista marketing hanno molte differenze.
Iniziamo con Miyazaki.
Il ragazzo e l’airone è il film di un brand che negli ultimi 5-6 anni è cresciuto a dismisura e il lavoro che abbiamo fatto è stato quello di mantenere vivo il rapporto tra il pubblico cinematografico e questo brand. È innegabile che lo Studio Ghibli abbia avuto una diffusione molto vasta durante la pandemia grazie a Netflix e questo ne ha aumentato la popolarità. Due anni fa abbiamo intercettato questa tendenza osservando quello che accadeva già da tempo negli Stati Uniti: abbiamo preso spunto da quello che faceva GKIDS negli USA, realizzando una rassegna estiva con i film di Miyazaki. Il successo è andato al di là di ogni nostra possibile aspettativa, malgrado non ci fosse alcuna esclusività theatrical, visto che i film riproposti erano ancora presenti su Netflix. Già nel 2022 abbiamo dunque percepito la dimensione della popolarità del brand, tanto che l’anno scorso abbiamo replicato in un contesto competitivo più complicato, ovvero durante l’estate di Barbie e Oppenheimer. Malgrado ciò, anche la seconda rassegna ha ottenuto un importante riscontro di pubblico, permettendoci di metterci già in una posizione di aspettativa rispetto al nuovo Miyazaki. Quando poi a Cannes siamo finalmente riusciti a concludere l’acquisizione del film sapevamo di avere tra le mani qualcosa di speciale e di aver rafforzato attraverso queste due rassegne estive una relazione fra il pubblico e lo Studio Ghibli. Percepivamo una base di partenza decisamente più larga rispetto a quella che c’era stata in occasione dell’uscita di Si alza il vento dieci anni fa. Abbiamo voluto ulteriormente sviluppare questa relazione con il pubblico, andando a intercettarlo nei luoghi fisici e digitali in cui è più attivo: siamo riusciti a essere presenti al Lucca Comics and Games, prima ancora alla Festa di Roma. Avevamo creato anni prima le pagine social di riferimento dello Studio Ghibli in Italia mantenendole sempre vive in questo tempo. Questo è stato il canale su cui abbiamo iniziato a dialogare con il pubblico e in seguito la comunicazione si è spostata anche nei cinema e sui media. Soprattutto, direi che abbiamo avuto il coraggio di posizionare il film nella data più competitiva dell’anno, ovvero il primo gennaio: mi piaceva l’idea di sposare il sentimento del pubblico di voler iniziare l’anno facendosi un regalo. Siamo stati gli unici nel mondo a scegliere a distribuire il film in questa data, la scelta è stata molto audace ma è stata ripagata.
E per quanto riguarda Wim Wenders?
Da sempre Lucky Red lavora sugli autori. Un lavoro che negli ultimi mesi si è intensificato: da settembre a oggi abbiamo avuto in listino Riccardo Milani, Ken Loach, Luc Besson, Woody Allen, Aki Kaurismaki, Hayao Miyazaki e Wim Wenders. Avevamo un catalogo di grandissimi artisti da cui attingere, artisti che in modi differenti rappresentano dei punti di riferimento per un certo tipo di pubblico. Parliamo di autori che hanno alle spalle tanti film importanti e quindi abbiamo finalizzato una comunicazione che li mettesse in qualche modo insieme e facesse della qualità il filo conduttore, come fossero un po’ gli Avengers del cinema d’autore. Penso quindi che Wenders abbia beneficiato anche del lavoro fatto in precedenza. Senza contare che, comunque il 4 gennaio, dopo le celebrazioni del Natale, è una data molto buona per il cinema di qualità.
Il cinema rientra nei buoni propositi dunque.
Esatto. Come dicevo, Perfect Days ha beneficiato del lavoro di preparazione fatto partendo da Ken Loach, soprattutto nei cinema con Circuito Cinema, anche attraverso una rassegna dedicata. Poi probabilmente il film ha dei temi che hanno lasciato un segno nel pubblico in modo molto forte. Il successo di Miyazaki può aver contribuito portando un’attenzione sul Giappone, protagonista anche della storia di Wenders. Siamo partiti molto bene, con numeri decisamente al di sopra delle aspettative e poi il film, essendo un capolavoro, ha generato un passaparola molto positivo, che ha portato ad un aumento della circolazione in termini distributivi e, di conseguenza, un incremento del risultato. All’inizio il film era programmato in 150 cinema e il numero di spettatori era impressionante per il cinema d’autore. È un tipo di cinema che noi trattiamo spesso, ma raramente mi sono trovato davanti a numeri così, pre-Covid e oltre. È bello sottolineare come probabilmente l’Italia sarà uno dei paesi in cui il film funzionerà meglio al mondo.
Torniamo a Miyazaki. Dunque, l’arrivo su Netflix dei film dello Studio Ghibli ha permesso di riavvicinare al pubblico, che poi è corso in sala appena ha avuto occasione di rivedere questi capolavori sul grande schermo. Dunque è vero che lo scontro tra piattaforme e cinema è un luogo comune che inizia a perdere di senso?
Io direi che è venuto meno, possiamo parlare al passato. Ci sono ricerche di mercato, esperienze empiriche in cui è evidente che spesso si parla di un pubblico di spettatori, e lo spettatore è spettatore sempre, a casa come al cinema. Il cinema non può esaurire il desiderio di esperienze di visione che ogni individuo può avere oggi, e l’offerta della piattaforma da sola nemmeno. Sono due desideri complementari, che possono in alcuni casi avere delle sovrapposizioni, o della sana competizione, ma in termini generali sono due forme di intrattenimento che si completano. La differenza sta nella composizione dell’offerta. Direi che il cinema ha una composizione dell’offerta più sofisticata e variegata rispetto alle piattaforme; questo è il punto su cui il cinema, inteso come sistema, dovrebbe cercare di valorizzarsi, ed è quello che secondo me si sta facendo a partire da Cinema Revolution. Per la prima volta il Ministero ha consentito alle Associazioni di comunicare i titoli dei film, di uscire dalla retorica della magia della sala per puntare sui contenuti, sulla varietà dell’offerta. Sono questi gli elementi su cui può evidenziarsi una differenza culturale con le piattaforme, non sul fatto delle finestre o di schemi di pensiero che magari per un certo periodo hanno anche aderito a quella che era la realtà ma che ora sono superati.
Il successo di Miyazaki arriva in un momento in cui l’animazione sta iniziando a imporsi, è il segno di un cambiamento d’insieme o lo Studio Ghibli resta comunque un discorso a parte?
Credo che Miyazaki sia imparagonabile a tutto il resto, è una storia a sé, perché riesce a fare film che parlano a una tipologia di pubblico molto diverso. La capacità di Miyazaki di essere autoriale e al contempo popolare è qualcosa che pochi registi sono riusciti a mettere in atto a quel livello, non lo limiterei al cinema d’animazione. Quindi secondo me non può essere indice di qualcosa, gioca una corsa a parte.
Se ci confrontiamo con altri paesi europei, direi che in Italia c’è un po’ di margine di sviluppo nel campo dell’animazione o, a seconda dei punti di vista, un livello di arretratezza rispetto al mondo dell’animazione. Bisogna poi saper accettare le risposte del pubblico. Miyazaki si è misurato col pubblico nel momento più competitivo dell’anno ed è riuscito a portare spettatori in ogni fascia oraria, in ogni cinema in cui è stato programmato. Tanti altri film non riescono in questo, quindi bisogna anche prendere atto di un percorso che c’è da fare, ovviamente costellato anche da insuccessi. Io sono sempre molto scettico verso chi vuole innovare però ricerca in ogni modo il consenso di pubblico e addossa il mancato consenso sempre a qualcun altro. Bisogna essere onesti e riconoscere che fare oggi film d’animazione in Italia è difficile, e tutti insieme dobbiamo cercare di cambiare il corso delle cose. Non ci si può aspettare che il pubblico reagisca immediatamente alle novità e che i processi siano sempre rapidi. Tutto il cinema è costellato di film molto belli che però non intercettano il favore del pubblico. Bisogna sempre rispettare il pubblico e suoi i gusti, sapendo che poi il ruolo di un produttore e di un distributore non è sempre quello di assecondare il pubblico ma a volte anche di cercare di stimolarlo a un cambiamento. È un lavoro molto importante, a patto che non ci sia sempre la frustrazione del risultato.
Come cambia, se cambia, la promozione di un film d’animazione rispetto a un live-action?
Cambiano i target, per cui le scelte di comunicazione che vengono fatte sono volte a creare un legame tra il film e il suo pubblico naturale di riferimento. Ovviamente nel caso di un film d’animazione la maggior parte delle volte il pubblico di riferimento primario è “family”, ma in altri casi è secondario, come per Miyazaki, quindi si fanno scelte di comunicazione che possano creare conoscenza e interesse in quel pubblico. Il processo e il metodo di lavoro sono i medesimi. Direi che la separazione tra Live Action e Family sia un’articolazione troppo assoluta, all’interno ci sono tante differenze, ad esempio tra autore e cinema mainstream, tra i film europei e statunitensi. In questi rivoli c’è poi anche l’animazione, che però appunto richiede un processo che è lo stesso degli altri film, ma con scelte differenti. Nel caso di un film d’animazione è sempre molto importante capire se la richiesta del film arriva da un genitore o dal componente giovane di un nucleo famigliare. Perché poi capendo questo si può mettere in atto la strategia più adatta.
Quanto ha influito sull’iniziale successo de Il ragazzo e l’airone, soprattutto nella fase delle prevendite, la partnership con lo streamer italiano Twitch Dario Moccia? Durante la partecipatissima maratona ospitata sul suo canale a inizio dicembre il film ha potuto godere di un’attenzione speciale tra utenti potenzialmente allineati con il target corretto.
È stata una scelta strategica efficace per contattare quel pubblico di riferimento di cui parlavo attraverso dei canali in cui è molto presente, connesso e attento. Dario Moccia è stato una componente della comunicazione utile, anche in occasione dell’apertura delle prevendite, soprattutto per non disperdere l’informazione. Ha creato una verticalità con il pubblico molto efficace. Una strategia che rientra in un concetto di comunicazione che si evolve, segue il pubblico nei luoghi in cui il pubblico effettivamente vuole stare e non nei luoghi in cui pensiamo che stia.
Dopo un inizio così, che anno sarà per Lucky Red?
Noi abbiamo avuto un inizio stratosferico. Non è mai accaduto nella storia di Lucky Red di occupare le prime due posizioni di box office, un momento storico per la nostra società. La partenza dunque è ottima. Siamo consapevoli che ogni film è una storia a sé, quindi ci apprestiamo a lavorare e a mettere tutte le nostre energie su quello che faremo. Nell’immediato abbiamo un film molto importante che è Past Lives, che per noi è stato un colpo di fulmine, poi il nuovo documentario di Wenders, il nuovo film di Todd Haynes May December e il ritorno in sala de Il Cacciatore. Sarà ancora una volta un listino eterogeneo, all’insegna del cinema d’autore di qualità, però con incursioni anche nel cinema commerciale e la riproposizione di classici, di cui lo stesso Studio Ghibli è stato un segno, dando la possibilità al pubblico di rivedere capolavori che hanno segnato la storia del cinema.
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