Ci sono tre prodotti Luce Cinecittà tra le cinquine finali dei Nastri speciali per il documentario 2024.
Si tratta di Mur di Kasia Smutniak, Io, noi e Gaber di Riccardo Milani e Profondo Argento di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa.
Di seguito le sinossi:
MUR:
IO, NOI E GABER:
Girato tra Milano e Viareggio, nei luoghi della vita di Giorgio Gaber, protagonista assoluto di una delle pagine più preziose dello spettacolo italiano, dalla musica leggera al teatro canzone.
Un viaggio intimo ed esclusivo. Da una parte la storia più privata attraverso le parole della figlia e delle persone storicamente a lui più vicine. Dall’altra, un racconto corale di grandi personaggi ed artisti che lo hanno vissuto e amato negli anni.
Ognuno di loro attraverserà, a suo modo, l’Italia per raggiungere uno dei teatri storici milanesi più cari al SignorG: il Teatro Lirico Giorgio Gaber.
PROFONDO ARGENTO:
Dario Argento, uno dei più acclamati registi italiani nel mondo, oggetto di un culto trasversale che abbatte le barriere generazionali, quasi fosse una rockstar, è in realtà una persona che ha sempre difeso e protetto la sua sfera privata. Una vita ricca di soddisfazioni, eventi, incontri clamorosi, una faccia inconfondibile per chiunque, non solo nell’ambiente del cinema, una presenza costante nel mondo dello spettacolo dal suo esordio, più cinquant’anni fa, con un titolo quasi mitologico, L’uccello dalle piume di cristallo.
I suoi fan elencano i titoli dei suoi film nemmeno fosse una formazione di calcio: Il gatto a nove code, 4 mosche di velluto grigio, Le cinque giornate, Profondo rosso, Suspiria, Inferno, Tenebre, Phenomena, Opera, Due occhi diabolici (con George Romero), Trauma, La sindrome di Stendhal, Il fantasma dell’opera, Non ho sonno, Il cartaio, La terza madre, Giallo, Dracula 3D, Occhiali neri. e gli episodi Jenifer e Pelts della serie tv americana “Masters of horror”.
Titoli argentiani doc, per quanto imitati da una schiera di registi assurti a giallisti sulla sua scia trionfale. Eppure chi conosce realmente Dario Argento? Nelle interviste si è sempre concesso con generosità, forse ricordando quando era lui il giovane cronista di “Paese Sera” al cospetto di star come John Wayne, offrendo spunti interessanti sulla nascita dei suoi film o sulla costruzione di una scena ed esponendosi anche su fatti personali, ma riuscendo sempre a salvaguardare se stesso, i suoi pensieri più profondi, le scelte più intime.
Senza avere la pretesa di raccontare la sua vita e nemmeno la sua lunghissima carriera, il documentario prodotto da Baires Produzioni e Luce Cinecittà procede come una rapsodia, in cui sono privilegiati, tra i tanti spunti, una decina di temi: la madre appartenente alla famosa famiglia di fotografi Luxardo, il padre produttore, gli inizi come critico e sceneggiatore, l’esordio alla regia, il rapporto con la musica e l’architettura-elementi fondamentali della sua opera-i maestri, gli amici e gli imitatori, i suoi gusti letterari e cinematografici, l’evoluzione dei generi e della sua carriera, le figlie Fiore e Asia. Infine il suo vero lato oscuro: la comicità, che affiora spesso nella sua vita quotidiana e persino tra i suoi incubi cinematografici.
Argento è il protagonista assoluto: nell’intimità della sua casa, con le persone che ama o apprezza, tra le location dei suoi film, inseguendo il sogno di un’ideale città argentiana, con misteriose porte aperte verso altri universi come accade nella serie televisiva Stranger Things. In questo viaggio è accompagnato dagli spezzoni delle sue opere, che riemergono dal passato per dialogare con il presente, insieme a foto e documenti del suo archivio personale. A comporre un puzzle color Argento.
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