Luca Marinelli: ora vorrei lavorare con Salvatores


BERLINO – “Wow”. Non ancora trentenne, in grande ascesa, preceduto dalla fama di “bel tenebroso”, Luca Marinelli commenta così l’esperienza di Shooting Star della Berlinale 2013, dove prende il testimone da colleghi consacrati come Alba Rohrwacher, Michele Riondino o Isabella Ragonese, solo per citarne alcuni. Il pubblico italiano ha imparato a conoscerlo nel 2010, quando ha esordito sul grande schermo come co-protagonista di La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo. Un anno dopo è approdato in concorso a Venezia nei panni della trans Roberta in L’ultimo terrestre di Gipi e solo qualche mese fa affiancava Thony in Tutti i santi giorni di Paolo Virzì. Marinelli ha raccontato a CinecittàNews il suo percorso, le sue speranze, le sue certezze.

 

Che effetto le fa, quindi, essere l’attore italiano emergente in un contesto importante come il Festival di Berlino?
E’ bellissimo, sono molto orgoglioso perché sono stato scelto dopo essere stato visto da occhi internazionali
nei film che ho fatto, ed è un bel riconoscimento che varca le frontiere.

 

Ora cosa si aspetta, o spera che succeda?
In realtà non lo so, ma sono felicissimo di aver conosciuto questi altri 9 attori europei, di cui mi avevano mandato i film prima di questa esperienza. Sono tutti bravissimi, sarebbe bello fare un film tutti insieme.

 

Lei vive a Berlino, come mai?
Sono venuto qui a giugno scorso per amore, per seguire la mia ragazza che è tedesca. Non è stata una decisione contro il mio Paese, però, perché penso che le persone come me che hanno un minimo di visibilità abbiano la possibilità di cambiare le cose restando in Italia e facendo delle scelte. Infatti io continuo a lavorare in Italia, e stringo i denti.

 

Non sta lavorando come attore anche in Germania?
Mi piacerebbe e ci sto provando, ma devo ancora imparare bene la lingua.

 

A questo punto con quale regista le piacerebbe lavorare?

Intanto rilavorerei subito, e più volte, con i registi con cui ho già fatto film: Saverio Costanzo, Gipi e Paolo Virzì. Artisti che credono in quello che fanno e gli danno un significato forte. E poi tra gli italiani di sicuro Gabriele Salvatores, per cui ho una specie di fissazione da quando sono piccolo, in particolare per il film Denti. Tra gli stranieri direi Wes Anderson.

 

Quando e dove è stata la prima volta che ha recitato e ha deciso che sarebbe diventato un attore?

E’ successo a scuola, alle superiori, poi ho fatto un po’ di spettacoli con mio cugino, che li scriveva e dirigeva. Dopo ho deciso di fare l’Accademia Silvio D’Amico ed è stato un grande passo: una formazione del genere ti fa capire cosa vuoi essere e che direzione vuoi prendere. L’Accademia la consiglio a tutti, ma deve essere un cammino attivo. Dopodichè bisogna lavorare, ed ogni film è una conferma che la tua strada ha un senso.

 

Ora a cosa sta lavorando?

Ho fatto Nina di Elisa Fuksas e l’opera prima di Corrado Sassi, dal titolo Waves, un noir in barca in cui interpreto uno skipper. In questo momento invece sto girando l’opera prima di Alessandro Lunardelli, di cui non so ancora il titolo. E’ girata e ambientata tra Torino e il Cile, dove andrò presto per le riprese: è la storia di due fratelli, l’altro è Filippo Scicchitano, alla rincorsa di qualcosa. E’ la storia di un cambiamento.

10 Febbraio 2013

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