L’occhio di vetro al Festival dei Popoli

L’occhio di vetro, il nuovo film documentario di Duccio Chiarini, debutterà il 15 novembre in prima mondiale al 61° Festival dei Popoli, nella sezione Concorso Italiano


L’occhio di vetro, il nuovo film documentario di Duccio Chiarini, debutterà il 15 novembre in prima mondiale al 61° Festival dei Popoli, nella sezione Concorso Italiano. Il film è prodotto da Asmara film, in associazione con Istituto Luce Cinecittà, con il supporto di Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – Direzione generale cinema e audiovisivo (MiBACT), in collaborazione con La Règle du jeu.

Il 26 aprile 1945. Ferruccio Razzini, un ragazzo di quindici anni figlio di un eroe della Prima Guerra Mondiale, si ritrova a combattere tra le fila degli ultimi difensori della Repubblica di Salò. Ne scrive giorno per giorno in un diario in cui racconta anche i destini delle due sorelle maggiori, Liliana e Maria Grazia, sposate l’una a un fascista l’altra a un partigiano comunista. Il ragazzo è un vecchio zio del regista che, guidato da quel diario inizia, una ricerca nel passato della sua famiglia.

Scrive l’autore: “Non ricordo esattamente il giorno in cui, bambino, venni a sapere che i miei nonni materni erano stati fascisti; né tantomeno ricordo come venni a saperlo, ma ricordo perfettamente il giorno in cui, ormai adolescente, mi resi conto di quello che ciò significava. Quel giorno la parola fascismo uscì dai libri di scuola e si frappose come nebbia tra me e le persone più amate, rendendo improvvisamente torbido tutto ciò che per anni era stato cristallino. Del ventennio, in casa di mia madre, non si parlava mai: eppure, più quella parola veniva rimossa dalle conversazioni di casa, più essa diventava un’ambigua e inquietante presenza familiare. Il fascismo che mi spaventava nei libri di scuola era lo stesso che mi incuriosiva nei silenzi dei miei nonni. Negli anni quell’ambiguità divenne più profonda e lacerante. Per quanto il giovane uomo che ero diventato vivesse con senso di colpa e vergogna la prossimità ad una storia che non sentiva come sua, il bambino che ancora portavo dentro si sentiva affascinato dal muro di silenzio in cui era stato nascosto il passato della sua famiglia.

Per anni ho tentato di abbattere quel muro, ma né le mie provocazioni di ventenne né i ragionamenti di trentenne sono mai riusciti a colmare quella distanza; è stato purtroppo solo dopo la morte dei miei nonni che sono riuscito a fare luce, ricomponendo in questo documentario i tasselli di un’intricata storia di famiglia”.

10 Novembre 2020

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