LIVIO JACOB


E’ un festival di nicchia “Le Giornate del cinema muto” in programma dal 12 al 19 ottobre a Sacile (Pordenone), ma dopo un ventennio di edizioni si caratterizza ormai come un appuntamento di prestigio internazionale. Un riferimento prezioso per cineteche, accademici, musei del cinema, studiosi, collezionisti, laboratori di restauro, che vive grazie al sostegno, fin dal primo anno, innanzitutto della Regione Friuli-Venezia Giulia, che interviene per circa metà del finanziamento.
Un festival che oltre alle risorse messe a disposizione, tra le altre, dal Comune di Sacile, da Comune, Provincia e Camera di Commercio di Pordenone, vanta dal ’95 il sostegno del miliardario americano Sir John Paul Getty. Diretto da David Robinson, la manifestazione ha fin dalla nascita come presidente Livio Jacob, testimone del progressivo affermarsi della formula.

E’ vero che siete stati il primo festival dedicato al cinema muto?
Nell’82, quando cominciammo, non c’era al mondo un evento festivaliero di questo genere. In Francia, Inghilterra, Stati Uniti vi erano anteprime, serate dedicate al cinema muto o eventi come la proiezione di Napoleon di Abel Gance nella versione restaurata da Kevin Brownlow. Del resto il passato lontano del cinema viene riproposto per lo più in ambito museale. Le Giornate fanno da apripista e alcuni abituali frequentatori organizzano manifestazioni simili, un esempio per tutti il San Francisco Silent Film Festival. Ma accade anche che all’interno di festival di cinema tradizionale vi sia una ripresa dei classici del muto. Così al Festival di Londra del prossimo novembre saranno proiettati film che hanno avuto le loro anteprime proprio a Pordenone.

Nella storia del vostro festival c’è un’edizione che ha contato più di altre?
Quella dell’85, fino ad allora siamo una rassegna piccola anche se con numerosi ospiti. Quell’anno, grazie a una retrospettiva dedicata ai comici del cinema italiano, riusciamo a sfondare nel mondo delle cineteche e dei collezionisti, un ambito tradizionalmente chiuso. Da allora le porte per noi si aprono, cominciano i rapporti e gli scambi con le cineteche americane, cinesi, russe, nordiche. E’ allora che il festival trova la sua identità più solida, dopo essere stato un appuntamento una tantum. Al successo del nostro festival ha poi contribuito lo sviluppo della tecnologia, che consente oggi di mostrare nella nostra vetrina pellicole raramente visibili e con la qualità stessa dei film contemporanei.

Progetti rimasti sulla carta?
Nessuno. Al momento siamo impegnati per il sesto anno nel Progetto Griffith, cioè nel restauro di oltre 2500 corto e lungometraggi del regista americano, e che prevede per questa edizione la proiezione dei film del 1912. Un progetto ambizioso e complesso che incontra alcune difficoltà per portare i film alla loro qualità originale. Forse il festival è talvolta carente nell’esplorazione bibliografica, le rassegne andrebbero sempre accompagnate da ricche pubblicazioni.

Quali sono le fonti generali sul muto a disposizione del ricercatore?
Stiamo per pubblicare un cd-rom che raccoglie gli oltre 5.000 titoli dei film presentati nel nostro Festival. Inoltre la Federazione internazionale delle cineteche mette a disposizione un cd-rom che contiene tutte le informazioni relative ai film muti sopravvissuti. Non va dimenticata, infine, l’opera di Riccardo Redi, edita dalla Cineteca Nazionale, che s’avvale di appendici molto ricche.

autore
02 Ottobre 2002

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