‘Lirica ucraina’, l’orrore e il silenzio

La cronista di guerra Francesca Mannocchi ha realizzato uno sconvolgente documentario prodotto da Fandango e presentato alla Festa di Roma


L’orrore e la devastazione provocati dalla guerra in Ucraina sono così grandi che la parola scritta si rivela limitata nel descriverli. Per raccontare fino in fondo l’inferno ucraino bisogna abbandonare il reportage giornalistico per passare a quello cinematografico. Sono questa consapevolezza e questa necessità che devono aver spinto una grande cronista di guerra come Francesca Mannocchi a mettersi dietro la macchina da presa per girare Lirica ucraina. Ne è nato un documentario sconvolgente, che scaraventa lo spettatore in mezzo ai crateri di terra grigia scavati dalle bombe, ai cadaveri che giacciono solitari per strada, a stretto contatto con persone che cercano di descrivere il loro indescrivibile dolore. E che, mettendogli davanti agli occhi quel che davvero succede in Ucraina, lo lasciano ammutolito. Il film, prodotto da Fandango (che lo distribuirà dal 25 novembre) in collaborazione con La7, è stato presentato alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Proiezioni speciali.

Va subito chiarito che Lirica ucraina, scritto da Francesca Mannocchi con Daniele Mustica, non è un reportage sulla guerra guerreggiata. Chi lo vede sente raramente un colpo di cannone e i soldati, sempre e solo ucraini, sono presenze sporadiche. Il film della Mannocchi è fatto soprattutto di silenzio. Il silenzio di morte che segue al passaggio dell’ondata devastatrice della guerra portata dai russi. Il silenzio delle macerie in cui si ritrovano mescolati i segni di una quotidianità sconvolta. Il silenzio dei corpi di persone uccise senza motivo nel cortile di casa. Il silenzio dei palazzi anneriti o deturpati dalle bombe e rimasti anche loro privi di vita. Il silenzio di un grigiore che pervade tutto.

In mezzo a questo silenzio gli ucraini raggiunti da Francesca Mannocchi hanno trovato la forza per mettersi davanti a una telecamera e raccontare, cioè sussurrare (come suggerisce la traduzione inglese del titolo, Ukraine whispers), la loro terribile esperienza. C’è la nonna che indica un punto di quel che rimane della casa e dice “qui ieri è stata uccisa mia nipote”. C’è un anziano signore costretto a vivere come un topo nel buio di una cantina, a lavarsi con l’acqua piovana e a rischiare la vita per non perdere la vista perché uscire alla luce del sole significa morire. C’è un uomo che, in un ammasso contorto di resti umani, dice di riconoscere due fratelli, suoi vicini di casa. E ci sono i bambini. Quello che scende nel cratere di terra che un tempo era il suo palazzo per recuperare orgoglioso un pezzo di bomba. Quelli piangenti o con l’espressione incredula stipati nei furgoni o nelle ambulanze perché gli ospedali sono stati distrutti. Non ci sono invece i soldati russi, solo evocati nelle parole terrorizzate dei superstiti come presenza minacciosa e bestiale.

Il racconto di Lirica ucraina non può essere definito davvero tale. Parte sì dal 27 febbraio del 2022, giorno in cui le truppe russe hanno invaso l’Ucraina e da Bucha, ma non segue uno sviluppo cronologico. E’ un susseguirsi di testimonianze e di situazioni che non sembra rispondere a uno schema preciso. Dopo il capitolo “BAMBINI”, c’è “CADAVERI”, ma poi ritorna un nuovo capitolo “BAMBINI”. Forse un modo per sottolineare come la mente non sia in grado di organizzare razionalmente né controllare l’orrore della guerra.

Anche grazie al commento musicale originale di Iosonouncane, Lirica ucraina è un’opera molto bella che riesce a raccontare la guerra senza reticenze e insieme senza retorica. E’ un film terribile e necessario. La sua visione è un gesto morale, un atto dovuto nei confronti di tutti coloro che sono costretti a vivere ogni giorno l’inferno descritto nel film della Mannocchi.

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24 Ottobre 2024

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