Liliana Segre: “Il 7 ottobre mi ha tolto il sorriso”

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, il documentario 'Liliana' diretto da Ruggero Gabbai si configura come la testimonianza definitiva della senatrice a vita


ROMA – È diventata il volto di un’Italia che sa testimoniare, raccontare, unirsi nel ricordo di un dolore indicibile. Eppure per 45 anni Liliana Segre è stata in silenzio, incapace di affrontare il suo passato da sopravvissuta della Shoah, di convivere con quella seconda identità marchiata sulla sua pelle con un numero a 5 cifre: 75190. Presentato alla Festa del Cinema di Roma davanti a un parterre che include il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, il documentario Liliana ci mostra gli aspetti più privati dell’amatissima senatrice a vita, scavando nel suo passato, nei rapporti con la famiglia, nelle grandi fragilità che convivono con una forza smisurata.

“Sono diventata una donna libera, ma dietro quella donna c’è il ricordo, che negli anni si è allontanato ma che non mi ha mai abbandonato. – dichiara la senatrice – Questo ha fatto sì che per 45 anni dopo quei fatti io abbia taciuto. Ero libera, sono diventata una donna innamorata, una mamma, ma ho dovuto aspettare di diventare nonna per avere dentro di me la forza di testimoniare il mio passato”.

Il film di Ruggero Gabbai celebra la figura di Liliana Segre attraverso le voci dei figli, dei nipoti, di personaggi pubblici come Ferruccio De Bortoli, Mario Monti, Geppi Cucciari, Fabio Fazio, Enrico Mentana. Ovviamente, il cuore del film è il racconto della stessa senatrice, che si alterna a quello dell’intervista di Liliana Picciotto del 1994, in cui scendeva nei dettagli della sua esperienza di sopravvissuta. Un lavoro che regala momenti toccanti e altri più leggeri, che meritano, però, una precisazione: “C’è un fotogramma che il regista ha scelto con molto gusto, in cui io sono al mare, fine dell’estate del 23 e sono una vecchietta molto contenta, con un atteggiamento molto festoso perché ho goduto il mare. Questo avveniva nel settembre del ’23, pochi giorni prima del 7 ottobre. Una data che mi ha colpito in un modo tale che io non sono stata più quella fotografata sorridente sulla spiaggia. Volevo solo dire questo: non sono più quella”.

Liliana rappresenta un’occasione per sentire ancora una volta dalla cristallina voce della senatrice la sua importante testimonianza. Ma è anche un modo per aprirsi al futuro, soprattutto a quelle seconde e terze generazioni, quei figli e nipoti della Shoah che devono fare i conti con le storie e i traumi che fanno inevitabilmente parte delle loro famiglie. “Questo è il primo film che accende i riflettori sul dramma delle seconde generazioni. – afferma il regista Ruggero Gabbai – Cosa che in America è già stata fatta. I figli della senatrice Segre sono stati fantastici perché si sono fidati, soprattutto Federica, perché non ne aveva mai parlato con nessuno. È stato incredibile, quando ha raccontato che a 13 anni – la stessa età in cui Liliana era stata deportata – la madre le lesse un diario in cui le svelava tutta la storia. Un vero e proprio atto d’amore nei confronti della madre, per cui è stato molto terapeutico”.

“Quando mia figlia mi ha ricordato questo evento – aggiunge la senatrice – non mi ricordavo di essere stata così orribile. Sono pentitissima di avere fatto una cosa del genere. Non credo di averle fatto bene. Non mi riconosco in una madre che, avendo provato il peggio possibile a quella stessa età, va a raccontare alla propria figlia 13enne questi fatti. Nessuno di noi ha mai avuto la forza di raccontare la testimonianza fino in fondo. In nessuna lingua esistono le parole perché un superstite della Shoah trovi il modo di raccontarla”.

L’infanzia a Milano e la perdita della madre, la deportazione ad Auschwitz e la liberazione, l’innamoramento e la nascita dei figli, la depressione e la scelta di iniziare a testimoniare, la nomina a senatrice a vita e la popolarità, le minacce e la scorta. Il film racconta tutti questi momenti e tanti altri, costruendo davanti ai nostri occhi la figura di una donna a tutto tondo, che con coraggio ha accolto il suo destino e ha affrontato il dolore. Una voce preziosa che questo documentario aiuterà a preservare nei prossimi decenni, per andare contro a una cancellazione dalla memoria collettiva che la stessa senatrice teme sia inevitabile.

“Mi viene riconosciuta una certa implacabile lucidità, finché dura. – ammette Segre – Il pessimismo è una costante della mia vita che però è in antitesi con me stessa. Ognuno di noi ha delle cose che ama e odia in contemporanea. Durante la marcia della morte, ho capito che non avevo scelta, che se non volevo morire dovevo camminare, una gamba davanti all’altra. Sono pessimista, ma non posso fare altro che mettere una gamba davanti all’altra anche ora, in un momento orribile come questo”.

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20 Ottobre 2024

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