Le Règne Animal, Thomas Cailley: “La biodiversità è libertà”

Romain Duris e il bravissimo Paul Kircher sono padre e figlio nell'opera seconda di Thomas Cailley al TFF 2023, Le Règne Animal


TORINO – Inquietanti incroci tra uomo e animale, corpi mutanti degni di Cronenberg ma con un forte sapore politico, tutto contemporaneo: la denuncia dello sfruttamento dell’uomo sulla natura e la supremazia dell’umano con le sue nefaste conseguenze, echi della pandemia, ma anche della nuova sensibilità ecologica. Sono ingredienti ben dosati di Le Règne animal, fuori concorso al Torino Film Festival 2023, opera seconda di Thomas Cailley dopo The Fighters – Addestramento di vita. Forte del debutto al Festival di Cannes in Un Certain Regard, il film si muove tra fiaba e sci/fi ed è la storia del rapporto tra un padre (Romain Duris) e un figlio adolescente (il bravissimo Paul Kircher) in un mondo dove una malattia misteriosa produce mutazioni irreversibili del corpo umano. La madre del ragazzo si sta trasformando in una scimmia e i due si trasferiscono in un cittadina del Sud della Francia, dove lei è chiusa in un centro più di detenzione che di cura, per starle vicino. Le creature, come vengono chiamate, sono percepite come minacciose (ci sono uomini aquila, donne rana o ragazzi lupo che ricordano i licantropi di tanto cinema horror ma che invece hanno un coté delicato e gentile) e la società cerca di tenerle fuori dalla vista, di rinchiuderle o normalizzarle, ma il sedicenne Emile ha un atteggiamento diverso e insieme a suo padre scopre lati inattesi e fa esperienze diverse mentre scopre la sua sessualità e viene a contatto con i suoi istinti primari. Un film stratificato e ricco di pathos, interpretato anche da Adèle Exarchopoulos nel ruolo di una poliziotta, che uscirà in Italia nel 2024 con I Wonder Pictures.

Lei ha costruito un film poetico e politico allo stesso tempo che ci ricorda come la drastica separazione tra noi e il mondo animale sia fonte di distruzione dell’ambiente e di catastrofi. Un film apocalittico, in qualche modo influenzato anche dall’esperienza della pandemia?

La questione è vasta. Rispetto alla pandemia, devo dire che, con Pauline Munier, abbiamo iniziato a scrivere prima del Covid, mentre l’emergenza climatica era già reale e molto presente. Sono cresciuto in un mondo che si è sempre più impoverito in termini di biodiversità, tuttavia, anziché descrivere le conseguenze apocalittiche di questa tendenza, mi sembrava più interessante chiedermi cosa accadrebbe se la natura decidesse di generare maggiore diversità e ricchezza di specie. Che faremmo se il nostro mondo acquistasse maggiore biodiversità? In fondo qui c’è un messaggio ottimista perché le altre forme di vita possono generare in noi stupore e meraviglia. Poi bisogna anche vedere come reagisce la società nel suo complesso.

Il tema delle metamorfosi è antico almeno quanto Ovidio.

L’uomo è la sola specie che ha deciso di sollevarsi sulle altre e tracciare una specie di linea di demarcazione tra sé e gli altri esseri viventi scegliendo di saccheggiare il pianeta e di impoverirlo sempre di più. L’uomo ha voluto cancellare tutte le frontiere, dimenticando che siamo tutti uniti in una qualche forma ancestrale. Il film cerca di far sparire questa frontiera tra l’umanità e il resto, è in questione l’armonia, la coesistenza, la convivenza. La biodiversità è un modo per parlare di come si riesca a vivere insieme, quindi sottende il concetto di democrazia.

Ci sono punti di contatto con il suo film precedente, ‘The Fighters’.

The Fighters è la storia di una donna che aspetta la fine del mondo e nel frattempo capisce la possibilità di un nuovo mondo. Diciamo che The Fighters finisce dove Le Règne animal inizia. Il fantastico, in questi due film, è come una lente d’ingrandimento che ci permette di scavare e osservare l’intimità di una cellula familiare e di capire come le classi sociali si comportano. Questo consente di creare un legame molto intenso con gli spettatori.

Le musiche sono dell’italiano Andrea De Simone, com’è nata questa collaborazione?

Il film è stato scritto nel 2019 e per tutto il 2020, così ci siamo ritrovati confinati nelle nostre case. In quel periodo ho ascoltato di continuo il suo album Immensità, per tre mesi quei quattro brani mi hanno accompagnato costantemente e, non conoscendo l’italiano, avevo l’impressione che raccontassero la storia del film. Poi ho scoperto che il testo parla d’altro, è una dichiarazione d’amore nei confronti dei suoi figli. Comunque mi sono rivolto a lui, gli ho mandato tre o quattro sequenze premontate, e lui ha creato delle musiche geniali, liriche nella loro semplicità.

Nel finale, Emile trova una nuova dimensione di libertà.

Una spettatrice mi ha detto che all’inizio del film aveva paura delle creature, mentre alla fine aveva paura degli uomini. E’ un commento bellissimo. Spero che il film possa davvero cambiare lo sguardo dello spettatore, abituandoci a diventare complici della diversità.

Cristiana Paternò
30 Novembre 2023

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