Le Grand Bal, a lezione di gioia di vivere

Dal 2 maggio in sala con barz and hippo il documentario della regista Laetitia Carton, girato a Gennetines, nella campagna francese, dove ogni anno si radunano circa duemila persone da tutta Europa


La danza come metafora della vita, nel bene e nel male. Tema non nuovo al cinema – da Ballando ballando a Non si uccidono così anche i cavalli? – ma rinnovato e al servizio di una visione schiettamente umanista nel documentario di Laetitia Carton Le Grand Bal, un film sulla gioia collettiva che è anche una lezione di possibile convivenza al di là del sesso, delle classi sociali, delle età e attitudini. Complicità o diffidenza, attrazione o antipatia, rottura di tabù e stereotipi che riaffiorano: tutto questo e molto altro passa attraverso un’ora e mezza di autentico spettacolo nel film della regista francese dal 2 maggio in sala con barz and hippo. 

Ogni anno più di duemila persone, di età e condizioni diverse, si riuniscono da ogni parte d’Europa nella campagna francese, a Gennetines, per “Le Grand Bal”, 7 giorni e 8 notti di musica dal vivo e ritmi popolari della tradizione di ogni parte del vecchio continente, compresa la pizzica salentina. Ci vuole una grande capacità di resistenza, che tuttavia si sviluppa quasi per magia nel corso di quella straordinaria settimana, tanto che molti, specie tra i più giovani, quando alle tre di notte i tendoni che ospitano le nove piste vengono chiusi per concedere qualche ora di sonno ai maratoneti esausti, si ritrovano in improvvisate session dette boeuf che vanno avanti fino all’alba. “Mi è sempre piaciuto ballare – racconta Laetitia Carton, entrata con quest’opera tra i candidati al César per il documentario – i miei non ballavano, ma mia nonna mi raccontava spesso che, da giovane, in un tempo in cui non la conoscevo ancora, saliva sulla pedana all’inizio della serata e non l’abbandonava più fino alle prime luci dell’alba. Penso che mi abbia trasmesso il suo amore per i baltrad e il folk. Poi la mia prima volta è stata un colpo di fulmine. Era un sabato sera di gennaio, in un paesino sperduto dell’Auvergne, in una cascina piena zeppa, con dei musicisti in carne ed ossa sul palco. Con mia sorpresa, c’erano molti giovani. Giravano, battevano i piedi, si guardavano, sorridevano, oppure erano molto seri. E soprattutto erano pieni di gioia. La gioia di essere lì, insieme, era palpabile. I ballerini danzavano a ripetizione bourrée, scottish, polke, mazurke fino al mattino. Sorrisi, mani sudaticce, abbracci a fine pezzo prima di lasciarsi per passare ad un altro ballerino”. 

Sulle note di fisarmonica, organetti e violini, ecco gli instancabili in pista: uomini e donne, ma anche coppie composte da due uomini o due donne, amanti, amici, sconosciuti, sorelle. C’è sempre chi conduce e chi si lascia portare, e non necessariamente a guidare dev’essere l’uomo. Ci sono gli abbracci e gli innamoramenti ma anche il fastidio per quello che balla meno bene oppure per la differenza d’età che poi scompare nell’ebrezza del movimento armonioso.

Laetitia Carton, diplomata in Belle Arti a Clermont-Ferrand, legata all’arte contemporanea oltre che al documentario di creazione, non nasconde le difficoltà che si generano in questi incroci fulminanti tra esseri umani: “Nel festival siamo messi di fronte ai nostri limiti fisici, ma anche alle nostre attitudini o mancanze. Possiamo anche rifiutare un invito e questo può deludere altri ballerini. Al Grand Bal si può vivere un momento di grazia e cinque minuti dopo prendersi un bello schiaffo. E’ un microcosmo dove si prova più intensamente ciò che si vive all’esterno”. 

Così, durante l’estate 2016, con due squadre, una di giorno, una di notte, ha filmato i ballerini e le loro emozioni. Un gesto che poteva sembrare intrusivo, e per questo la regista ha scritto un messaggio a tutti i partecipanti prima del festival spiegando cosa aveva intenzione di fare e ha lasciato spazio alle domande e al contraddittorio. Solo 11 su 2.500 persone hanno rifiutato di essere riprese. Il risultato è un film emozionante che si guarda tutto d’un fiato e che alla première a Cannes, nella sezione Cinéma de la plage ha fatto ballare il pubblico e anche qualche festivaliero, per esempio la delegazione di un film cinese, in smoking e abito da sera, ma senza scarpe, travolta dal ritmo sulla sabbia della Croisette. 

Cristiana Paternò
26 Aprile 2019

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