È la prima volta che un brano cantato in italiano entra nella cinquina delle migliori canzoni originali agli Oscar e anche la prima volta che una canzone non in lingua inglese vince un Golden Globe. Si tratta di “Io si” che Laura Pausini ha interpretato nel film di Edoardo Ponti La vita davanti a sé con Sophia Loren. “Spero che sia un regalo per tutti gli italiani, anche per chi non mi segue come cantante. Mi sento orgogliosa di essere italiana e di vivere questo momento insieme a voi”, rimarca, emozionata, Laura Pausini.
Una nomination che arriva in un momento particolare, in cui – sottolinea l’artista- la gloria e la gioia contrastano con le difficoltà del vivere quotidiano. “Ho la testa molto confusa da ieri. È tutto così gigante in un momento in cui mi sento così fragile. Non so posizionarmi ancora bene rispetto a questa cosa, mi faccio spronare molto dai pensieri positivi di chi mi sta intorno. La vittoria del Golden Globe e ieri questa nomination: sono cose talmente più grandi di quelle che ho anche solo sognato nella mia vita. Ma come tutti i riconoscimenti li vivo come una sorta di sfida con me stessa. I premi sono bellissimi, ma per me non significa essere arrivati, piuttosto ricominciare o cominciare qualcosa di nuovo che ancora non conosco. Dimostrare, ogni volta, non solo agli altri ma anche a me stessa, che il successo che mi arriva è meritato”.
Una carriera iniziata da lontano, da un paesino della provincia di Ravenna al palco di Sanremo, calcato timidamente ventotto anni fa. “Da quando ho vinto Sanremo dentro di me è nato il desiderio di essere sempre migliore, disciplinata come un’atleta, per ottenere sempre di più. Tutto quello che mi sta succedendo in questo momento in fondo mi spaventa e mi dà l’ansia, perché la gente si aspetta di più da me, così come io stessa mi aspetto di più. Ho ancora molto di quella ragazzina fragile e impaurita che è andata a Sanremo 28 anni fa. Ogni volta, però, che mi spavento invece di tirarmi indietro mi butto. La sfida è l’entusiasmo ma anche il piccolo dramma che vivo con me stessa. Ma questi traguardi mi danno la voglia di spingere sul mio acceleratore interno”.
Rispetto alla canzone, il cui testo originale in inglese e la musica sono stati scritti appositamente per il film dalla compositrice statunitense Diane Warren (11 nomination agli Oscar e, finora, nessuna vittoria), Laura Pausini racconta: “La canzone nasce in inglese ma quando l’ho cantata la prima volta e l’hanno provata sulle immagini, Edoardo Ponti ha detto che c’era qualcosa che non funzionava e mi ha chiesto di provare in italiano”. L’adattamento, che accompagna tutte le versioni del film e non solo quella in italiano, è stato scritto insieme a Niccolò Agliardi. “Non è stato facile, ci tenevamo a dare lo stesso significato e la stessa forza della versione inglese, ma occorreva non cambiare la metrica nel passaggio dall’inglese all’italiano, ed è stato complicato non cadere nelle parole brevi italiane più scontate e utilizzate”.
Il brano, che da un paio di settimane è tra i trenta più ascoltati nelle radio americane, parla di famiglia, protezione e altruismo, ma anche di solitudini e barriere. E anche se non direttamente riferito alla pandemia, non può che evocare sentimenti particolari in questo momento: “Non l’abbiamo pensata dedicata alla pandemia- conferma Laura Pausini- ma oggi mentre canto il passaggio ‘Quando essere invisibile è peggio che non vivere’, mi commuovo. In questo momento siamo tutti un po’ invisibili e separati, anche dalle nostre famiglie”.
La reazione di Sophia Loren? “Mi ha chiamata per farmi i complimenti – conferma -. Appena sento il suo nome sono piena di riconoscenza perché è stata lei a scegliermi e voglio ringraziarla perché tutto quello che sto vivendo lo devo al giorno in cui ha detto: chiamate Laura Pausini”. Se dovesse vincere? “Di solito non mi preparo discorsi per eventuali vittorie, ma questa volta voglio andare preparata. La nomination la dedico al mio babbo, che è un musicista e cantante, e quando ero adolescente ha scelto di abbandonare la carriera da strumentista e di iniziare a fare piano bar. Ho conosciuto lì la musica e il suo significato. Lui mi ha sempre detto che i miei sogni erano troppo piccoli, io volevo fare il piano bar, per una donna all’epoca non era usuale. Che poi a pensarci bene non è tanto diverso da quello che faccio ora, solo ci sono più persone intorno e davanti. Ma dietro il microfono sono sempre io”.
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