Ispirata al quarto volume del best seller di Elena Ferrante, L’amica geniale, la serie TV Storia della bambina perduta in onda su Rai 1 è scritta da Saverio Costanzo, Elena Ferrante, Francesco Piccolo e Laura Paolucci. La messa in onda è prevista su Rai 1 dall’11 novembre 2024, con anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Freestyle.
Prodotta da Fandango, The Apartment, Fremantle Italy, Wildside e Mowe, in collaborazione con Rai Fiction e HBO Entertainment e con il supporto della Film Commission Torino Piemonte, la serie conclude le storie di Elena e Lila, le protagoniste della saga letteraria e televisiva di successo internazionale.
Le due amiche protagoniste, ormai adulte, hanno vissuto vite piene di eventi, scoperte, cadute e “rinascite”. Entrambe hanno lottato per liberarsi dal rione dove sono cresciute, un luogo segnato dal conformismo, dalle violenze e da legami difficili da rompere. Elena è diventata una scrittrice di successo, ha lasciato Napoli, si è sposata e poi separata, ha avuto due figlie e ora fa ritorno a Napoli per rincorrere Nino, che è riapparso nella sua vita.
Lila, rimasta a Napoli, è più legata ai complessi rapporti familiari e con la camorra, ma ha costruito una sorprendente carriera come imprenditrice informatica. Nel rione, ricopre il ruolo di leader carismatica e temuta, rispettata da tutti (e destinata a scontrarsi con i potenti fratelli Solara). Attraverso nuove sfide, entrambe scoprono aspetti inediti di sé stesse e del loro profondo legame di amicizia.
Tra le novità della quarta stagione, Alba Rohrwacher passa dal ruolo di voce narrante a quello di personaggio, interpretando Elena Lenù Greco al posto di Margherita Mazzucco. La nuova Lila è interpretata da Irene Maiorino, che sostituisce Gaia Girace. Fabrizio Gifuni veste i panni di Nino Sarratore, ruolo che nella versione giovane era stato interpretato da Francesco Serpico. Le riprese della quarta stagione si sono svolte in parte a Firenze e si sono concluse a Napoli.
La regia è di Laura Bispuri, su scrittura di Francesco Piccolo e Laura Paolucci.
Dice Bispuri: “E’ stata una grande sfida e un’enorme avventura. Mi ha emozionato la fiducia di Saverio Costanzo, io avevo un rispetto ossequioso verso le stagioni passate e il mondo che lui aveva creato. Mi sentivo di entrare in punta di piedi, ma al contempo non volevo. Volevo portare il mio, sentivo la spinta alla novità data anche dal cambio di cast, che portava alla necessità di cambiare anche il resto. Sono stata alla continua ricerca di una costante armonia di stile, sensibilità e lavoro con gli attori, al servizio della serie. Leggendo i romanzi della Ferrante stringo in mano la capacità che ha di raccontare tutto con verità e sincerità. Cercavo di avere il medesimo approccio, e per questo dovevo legarmi al mio modo di vedere il mondo. Un lavoro capillare, giorno per giorno, cercando di ripartire da zero con questi nuovi attori e attrici, che dovevo riportare millimetricamente nei panni di personaggi tanto amati”.
Costanzo è il creatore della serie: “Ho sempre pensato che Laura Bispuri avesse dimostrato grande eleganza nel suo lavoro con gli attori. L’amica geniale è proprio questo: lavoro su personaggi e attori. Personaggi femminili molto pericolosi, e sapevo che lei non si sarebbe tirata indietro rispetto a questo elemento. Ma non l’ho scelta in quanto donna, non credo alle questioni di genere nell’arte. E’ una bella impresa girare da sola dieci episodi, come salire sull’Everest. E’ stata davvero brava”.
Parlano poi le due attrici protagoniste.
Dichiara Rohrwacher: “Naturalmente ho parlato con Margherita Mazzucco, l’ho conosciuta quando aveva 14 anni e ho seguito il suo diventare attrice. Ho lavorato con lei per mesi e mesi nel buio di una sala di doppiaggio appoggiando la mia voce alla sua recitazione, quindi certamente è stata un riferimento. Ricevere il testimone da lei, quando con Daniele Luchetti abbiamo girato l’ultima scena della scorsa stagione, tutte e due vestite e pettinate nello stesso modo, è stata una giornata molto emozionante. La scrittura lo richiedeva: il personaggio diventa adulto, Elena diventa sempre più indipendente. Margherita è stata sempre presente, mi registrava le battute, mi sosteneva, sempre più che presente”.
Diverso il processo di Maiorino: “Ho lavorato in solitudine. Ero prima di tutto una lettrice di Ferrante ed ero già impelagata con il personaggio di Lila. Il primo libro, prima ancora che si pensasse alla serie, mi è stato regalato dalla “mia” amica geniale. Il lavoro più importante è stato quello dei provini. Ho riscoperto cose di me e le ho agganciate a una fisicità e dei tratti di Gaia Gerace, che poi ho interiorizzato. Successivamente, nel corso della serie, ho iniziato ad allontanarmene. Ma l’ho fatto per il pubblico, affezionato a quel viso. La mia Lila, con il suo vuoto, il suo dramma, la sua crepa, è quella che vedrete nel finale. Non ho mai chiesto di incontrare Gaia, quando è accaduto ci siamo guardate e scambiate poche parole. E’ stato tutto”.
“Conoscevo Ferrante ma non L’amica geniale – spiega Gifuni – quindi non conoscevo l’epica attorno al mio personaggio e il guaio in cui mi sarei ficcato. Mi dicevano che ero perfetto, anche troppo, mi dicevano che ero affidabile… mi hanno fatto preoccupare. Ma ho anche capito che l’avventura sarebbe stata interessante. Ho avuto poi modo di documentarmi, il mio dubbio era se avessi voglia di passare quasi un anno in compagnia di questo tipo che dovevo interpretare. Ho avuto delle resistenze, lui è un catalizzatore di odio. Ferrante gli ha caricato addosso un insostenibile fardello di negatività. Io cercavo gli angoli bui, quali fossero le magagne di Aldo Moro, Luigi Comencini… non esistono persone completamente positive o completamente dannate, come Serratore. Quindi qui la caccia era ai brandelli di luce, calcolando anche che il Nino del quarto volume è un personaggio a parte. Non è più solo il discreto, misterioso e affascinante intellettuale che fa perdere la testa alle donne. Questa è la sua caduta, l’esplosione del narcisismo, delle patologie… il re è nudo. Mi sono dovuto prendere sulle spalle solo il suo tonfo, ma penso di essere stato fortunato e di essere riuscito a rendere ciò che il personaggio richiedeva. Ho pensato alla tragedia greca, alla maledizione di una stirpe, ed è lì che lui cade, in modi e forme diverse replica il moderno paterno, riuscendo anche a peggiorarlo”.
“Tutto parte da una scrittura geniale – commenta ancora Rohrwacher – capace di scrivere personaggi che vivono, sbagliano, sono archetipi in cui tutto il mondo di riconoscere a prescindere dalla provenienza e dalle epoche. Ferrante era uno spirito guida che ci permetteva di ritrovare la strada a seguito di dubbi e incertezze. Bastava rileggere le sue pagine e tornavamo al centro del binario. Lei ha intercettato e messo in scena l’archetipo dell’amicizia incarnato dai nostri personaggi”.
Ancora Maiorino: “C’è la tragedia greca, che Shakespeare, sono temi universali, così come il modo in cui vengono affrontati. Ferrante non fa sconti e parla dei lati oscuri dell’amicizia, che sono quelli che interessano gli umani, perché tutti li abbiamo e ne siamo spaventati. Anche il più intellettuale dei lettori alla fine cede al richiamo viscerale delle zone d’ombra e della loro scomodità. C’è la potenza della diversità, la lotta di genere, la lotta di classe, l’emancipazione. Lila e Lenù si battono in maniera diversa per le stesse cose. Una grande dualità che attraversa tutti ed è altro elemento di grande riconoscimento”.
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