‘La treccia’. Fotinì Peluso interprete italiana del film, dal bestseller di Laetitia Colombani

Un romanzo d’esordio - quello della regista di Bordeaux - venduto in 26 Paesi prima ancora di essere pubblicato. Nella storia s’intreccia anche una vicenda italiana, oltre a quelle internazionali con Kim Raver e Mia Maelzer: l’opera è una co-produzione Italia-Francia, in uscita al cinema il 20 giugno


Smita (Mia Maelzer), Giulia (Fotinì Peluso), Sarah (Kim Raver). Una mamma con la sua bambina, poverissime, indiane; una spensierata ventenne, divoratrice di libri, di Monopoli (nel film, di Palermo nel libro); un’avvocatessa in carriera, doppiamente separata e con tre figli, canadese.

Ci sono tre Continenti e un destino: nessuna delle tre protagoniste è conscia quest’ultimo s’intrecci… con quello delle altre. La treccia – titolo del film di Laetitia Colombani, dall’omonimo bestseller della stessa regista di Bordeaux, libro d’esordio che ha venduto in 26 Paesi prima ancora di essere pubblicato, rimanendo ai vertici della classifica per un anno – è un simbolo, fisico, ma anche una tessitura effettiva della vicenda, che si costruisce individuale per ciascuna, ma in cui un fil rouge correla le tre esistenze.

Sullo schermo siamo dapprima nel settentrione indiano, poi nella nostra Puglia e, infine, in Canada: poi, la visione si compone alternando in montaggio parallelo il progredire delle tre storie che, pian piano, con dettagli che man mano si svelano, stringono sempre più un nesso, creando così una sorta di triangolo al femminile delle vite, come se – in fondo – fosse un’unica.

Il villaggio indiano in cui vive Smita con la piccola e il marito non lascia via di scampo: la donna cerca e spera di poter permettere alla sua bambina di frequentare la scuola, per un riscatto sociale e personale, ma il maestro provvederà sin dal primo giorno a palesare la differenza verso il basso dell’alunna, tanto che il papà non tergiversa nell’affermare che: “per i bramini anche i topi valgono più di noi”.

Nel frattempo, a Monopoli, Giulia – sorella di altre due femmine, figlie di una tradizione artigianale e centenaria di famiglia – legge Cesare Pavese nel tempo libero, rimproverata che così facendo “non lo troverai mai un fidanzato dentro i libri”, compagni prediletti quando non è impegnata nel laboratorio in cui il papà porta avanti la realizzazione di parrucche create con capelli naturali.

Dall’altra parte dell’Oceano, in Canada appunto, c’è Sarah, che gode di un buon tenore di vita con i suoi due vivaci gemelli di dieci anni e la figlia adolescente: una mamma amorevole ma con una vita votata alla carriera.

Dopo poco, a ciascuna delle tre, accade qualcosa che è chiave di volta delle loro quotidianità: Smita decide di fuggire con la bimba, diretta verso un tempio sacro, dove poter fare un’offerta personale affinché il suo Dio possa magari restituire loro un segno di benevolenza per il tanto sacrificio: affrontano così un periglioso viaggio, tra treni sovraffollati, poche rupie a disposizione, e ripidi chilometri da scalare a piedi.

Intanto, il papà di Giulia subisce un incidente che lo mette in coma: da qui la scoperta, scioccante, che lui, per portare avanti l’attività, abbia chiesto prestiti mai restituiti, questione che – tempo un mese – sembra non avere altra soluzione che dichiarare fallimento. Un momento drammatico per l’esistenza di un’intera famiglia, che tra l’altro si scopre anche avere la casa ipotecata; contestuale è l’incontro con Kamal (Avi Nash), giovane uomo indiano, bracciante in un’azienda agricola pugliese, incontrato tra i corridoi della biblioteca che lei frequenta tutte le mattine a mezzogiorno. Ecco il primo anello di connessione: l’India di Smita “tocca” la vita di Giulia.

Sarah, intanto, prossima a guidare un processo del più importante cliente del suo studio legale, sviene improvvisamente in aula; la diagnosi non lascia scampo: tumore maligno, necessità di mastectomia, poi chemio e probabilmente radio terapia. Sarah è un’amazzone – figura classica non citata a caso, ma ripresa espressamente in una sequenza successiva da Colombani: la donna si confida solo con il papà dei gemelli, a cui affida i tre figli, e in ufficio trova una scusa per assentarsi; la forza di volontà però non basta, e l’arrivismo di una collaboratrice fa il resto, così pian piano la determinazione di lei non agguanta la realtà – tra sessioni di vomito e ciocche di capelli che giacciono sul guanciale: la vita può essere ripresa in mano sì, ma volendosi più bene, pensando prima a se stessa, cominciando proprio da una parrucca, e quale potrebbe essere la più graziosa, la più famigliare, se non quella di capelli naturali indiani, trattati e decolorati tanto da riprodurre il suo biondo platino natale, grazie all’artigianato di maestri di un laboratorio italiano? Ed ecco, così, il secondo anello di connessione della storia, che mette in contatto, per sempre, le tre figure femminili.

Sì, perché nel frattempo, se a Monopoli le parrucche si son sempre fatte solo – e senza discussione di sorta – con capelli italiani, il tempo progredisce, la concorrenza morde, la tradizione dev’essere rispettata ma anche modernizzata nel nome della salvezza di un’intera famiglia, che dev’essere capace di aprirsi al mondo per continuare a vivere, e “il mondo” è l’India di Kamal, complice di Giulia nel permetterle di importare la materia prima dal suo Paese, una materia prima pura e… sacra, come può essere la treccia sincera di una bambina.

La treccia è un film delicato e robusto al contempo, con il disegno di tre figure femminili uniche quanto affini, vulnerabili e altrettanto risolute: un giusto passo lento procede sul grande schermo, per permettere un’immersione nelle tre differenti dimensioni esistenziali, per stabilire quell’empatia che dovrebbe innescarsi sempre nella vita, al di là del riconoscersi “in quella donna” o “in quell’uomo”, perché tutto potrebbe essere davvero realtà.

Il film è una coproduzione Italia-Francia, produzione Indigo Film, in collaborazione con Curiosa Films, Moana Films, Forum Films, Snd, Panache Productions & La Compagnie Cinématographique, France 2 Cinéma, con la partecipazione di Telefilm Canada, Canal+, e France Televisions, in collaborazione con Rai Cinema: dal 20 giugno in uscita al cinema.

 

 

 

 

 

 

 

 

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