‘La tartaruga’: tenacia e trasformazione per Fassari e Mascia, tra trigliceridi e foxtrot

Il film di Fabrizio Nardocci nel Panorama Internazionale del Bif&st: una commedia dolce e amara, l’età fa il conto alla rovescia e la vita vede uno spiraglio; un nonno e un nipotino, e una signora, Anna Ferruzzo, capace di far ballare un vecchio professore. L’opera distribuita da Luce Cinecittà, al cinema da fine primavera


BARI – Quell’animale coriaceo, che procede a passo lentissimo, la cui velocità relativa lo conduce a distanze inimmaginabili: verità e metafora della e per La tartaruga di Fabrizio Nardocci, che ha scritto il film con Maurizio Ponzi, affidandolo a Antonello Fassari e Nello Mascia.

La pensione, la vedovanza, la convivenza con un figlio, trentenne, e la compagna: questa l’esistenza del professor Bruno (Nello Mascia).

E se la nascita di un bebé è sempre una gioia, per il Professore è più sinonimo di circoscrivere il suo spazio vitale: eppure, una casa non è solo un dormitorio o poco più, perché la casa, soprattutto per una persona grande d’età, che la vive per molte ore delle proprie giornate, è una wunderkammer dei proprio affetti.

La vita di Bruno, per il piccolo neonato, si riduce a uno stanzino.

Però, se il presente è un gioco di contrasti emotivi, la malinconia incombe e la considerazione di sé nel mondo si trascina dietro una scia gravosa, il passato bussa e porta con sé un po’ di ossigeno: Bruno incontra Marcello (Antonello Fassari), antiquario, proprio esso stesso “un reperto del passato”, perché i due non si vedevano dai tempi dell’università; da qui, una carrellata di ricordi vivi e entusiastici, ma anche questioni rimaste in sospeso; tra trigliceridi e foxtrot si presenta l’occasione di un’inaspettata convivenza per Bruno, soffio di benessere ma non coperta sotto cui far tacere il passato.

La tartaruga è una commedia delicata, volteggia tra il tempo che passa e il futuro, che fa capolino e dà uno spintone al presente, che presto rischia di essere passato.

Fabrizio, La tartaruga è un animale molto simbolico: porta con sé lentezza ma anche perseveranza a procedere pian piano, senza mai fermarsi, diretta verso il proprio obiettivo. Perché questo titolo, qual è la metafora?
Il titolo nasce dall’attitudine principale della tartaruga: la tenacia; proprio in riferimento a quest’ultima si va a delineare la storia di Bruno e Marcello, quindi il titolo è stato un po’ scelto perché proprio Marcello ha una tenacia che non smette mai di perseguire il suo obiettivo, ovvero un amore che non va a svelarsi, che si porta dal passato, da quando erano giovani, ma che adesso non può essere incasellabile, ma lui – con tenacia, appunto – ci ha sempre sperato.

Se Bruno è un professore, Marcello è un antiquario: la scelta di questo secondo mestiere non sembra del tutto casuale. L’antiquario recupera e fa rivivere il passato.
E’ un po’ lo spirito del film: Marcello ha voluto trovare a tutti i costi Bruno, e da questo incontro far riemergere quel passato che c’è stato tra di loro. Noi grazie a questo racconto scopriamo cosa sia accaduto, a grandi linee, perché la storia non si concentra sul passato, ma sappiamo ci sia stato qualcosa tra loro che poi si viene a scoprire alla fine. L’antiquario è soprattutto un’idea di Maurizio Ponzi, che ha scelto questo mestiere per dare ancor più valore al ritorno al passato.

Bruno è Nello Mascia, Marcello è Antonello Fassari, facce giuste per i loro personaggi: perché proprio l’uno nel ruolo del professore e l’altro in quello dell’antiquario? E quali sono le tinte attoriali di ciascuno che glieli hanno fatti considerare calzanti per i ruoli?
Con Fassari avevo già lavorato nel mio precedente film, Vado e Vengo: conoscevo il suo modo di lavorare e quello che può esprimere attorialmente. La mia scelta su Antonello per Marcello è stato per provare un azzardo: non abbiamo ritrovato altri riferimenti, nella sua filmografia, di personaggi simili, così abbiamo voluto un po’ sperimentare, anche grazie alla sua disponibilità, misurandoci con un altro tipo di personalità, che credevamo Fassari potesse interpretare. Per il ruolo di Nello Mascia, avevamo vari nomi papabili, ma quando è emerso il suo, sia Ponzi che io non abbiamo avuto dubbi: lo conosciamo soprattutto come attore di teatro e sappiamo quanto valga sul palco, ma al cinema ha fatto sempre ruoli più piccoli, infatti questo è il primo film da protagonista. Come professore di liceo, un po’ spigoloso, anche egoista, lo vedevamo adatto. È un film, questo, fatto di dialoghi, molto maturi, quindi volevamo dare un aggancio alla teatralità del film grazie a questi dialoghi e Mascia raccoglie un po’ tutta questa intenzione.

E poi c’è una donna, Anna Ferruzzo, che ‘fa ballare’ – realmente e simbolicamente – Bruno: chi è? La madre, l’amante, la fata turchina, insomma che aspetto del senso di cura rappresenta?
Nel ruolo di Donata, lei è il pepe del film, un motivo per sdrammatizzare dei momenti: lei attraverso il ballo alleggerisce delle dinamiche, ma ci dà delle risposte – grazie al fatto che ponga molte domande – che il pubblico probabilmente si chiede sulla storia di questi due uomini. Lei è un po’ come se fosse il pubblico che domanda ai personaggi il loro ruolo in questa vicenda.

Il film sceglie la commedia, che permette di dosare il riso, innestare la dolcezza, ma anche mescolare l’amaro. Perché ha optato per questo mélange di toni narrativi, cosa le consentivano di restituire?
Mi appartiene di più il linguaggio di commedia. È una storia che aveva bisogno anche di momenti divertenti: il ruolo dei due personaggi – comici nel loro battibeccarsi – ha portato verso quel genere; credo non sia una Commedia all’italiana, anche nel linguaggio o nel modo di girare, non rispecchia molto il nostro canone, così come la scelta degli attori. Questa chiave, anche un po’ malinconica, credo abbia funzionato e spero il pubblico l’accetti.

Il suo è un film sul tempo, quello che trascorre, quello che sarà – con l’arrivo del nipotino, ma anche quello più breve del nonno o di Marcello. Cosa le interessava narrare del tempo, che è un concetto dalle molteplici sfaccettature?
La trasformazione che porta il tempo, il cambiamento, quello che c’è stato nel personaggio di Bruno, che nel film compie una trasformazione, affidandosi alle attenzioni di Marcello, per sfruttare il momento: mi piace la trasformazione del pensiero di Marcello stesso, che parte un po’ da un pensiero onirico dell’amore per arrivare allo stare insieme in un altro modo; cioè, invece della solitudine possiamo farci compagnia a vicenda. Questo è un po’ quello che vuole dire il film.

Nel cast, anche Giulio Forges Davanzati, Valeria Zazzaretta, Alessio Simonetti, Gianluca Calista, Francesca Spurio.

La tartaruga è una produzione Dalex Film Srl in collaborazione con Rai Cinema, il film è distribuito da Luce Cinecittà: uscita al cinema da fine primavera.

Nicole Bianchi
23 Marzo 2024

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