A quarant’anni dalla sua prima apparizione sugli schermi cinematografici e dall’incanto che ha esercitato su generazioni di spettatori, l’epopea fantasy del 1984 torna per il pubblico di oggi. Certo, il suo impianto visivo e gli effetti speciali sono invecchiati piuttosto male, ma resta un’opera ricca di fascino un po’ naif. Diretto dal compianto Wolfgang Petersen, morto nell’estate del 2022 a 81 anni, nel suo primo film in lingua inglese e caratterizzato da un’iconica sigla del cantante new wave Limahl, La storia infinita è un classico intramontabile del cinema fantastico.
Tratto molto liberamente (e onestamente banalizzando molto il materiale originale) dall’omonimo bestseller tedesco del 1979 di Michael Ende, la storia segue un ragazzo di nome Bastian (Barret Oliver), che fugge dalla sua triste vita e soprattutto da una banda di bulli, attraverso un libro di fantasia.
Il “libro nel libro” racconta dell’eroico Atreyu (Noah Hathaway) mentre cerca di sconfiggere il malvagio e onnivoro Nulla nel regno di Fantasia e di salvare la sovrana di Fantasia, l’Imperatrice Bambina (Tami Stronach). Seguendo la straziante perdita del destriero di Atreyu, Artax, le sue avventure a cavallo del drago volante Fortunadrago e le sue battaglie con il mostro lupino Gmork, Bastian si ritrova coinvolto nella storia, in senso letterale. Attraverso questa epica avventura, impara cosa sia la vera “storia infinita”.
Quando uscì nel 1984 ottenne il record di film più costoso mai realizzato al di fuori degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, ma fu ripagato da un successo enorme, con un incasso di 100 milioni di dollari e un budget intorno ai 20-25 milioni.
Fu la risposta tedesca, attraverso la casa di produzione Bavaria che finanziò interamente il progetto, alle megaproduzioni hollywoodiane per ragazzi che all’epoca imperversavano e conquistavano il box office mondiale. Va però precisato che Steven Spielberg ha contribuito in maniera sostanziale al successo del film, lavorando al montaggio e al marketing del film per prepararlo al mercato americano. E lo ha fatto per amicizia con il regista Petersen. Ci furono anche due seguiti, entrambi poco visti.
La potenza del romanzo e, in parte, del film sta nella sua stratificazione di significati. In superficie è uno dei film per bambini più fantasiosi mai realizzati. Ma tra le pieghe delle sue vicende ricche di personaggi bizzarri e di avventure mozzafiato, si nascondono temi profondissimi ed esistenziali.
Poiché i confini tra Fantasia e la Terra sono sfumati, è chiaro che la disperazione descritta dal villain lupoide Gmork esiste sia a Fantasia che sulla Terra, e uno sguardo più attento al film suggerisce che esse derivano dalla stessa fonte: il nichilismo.
In senso lato, il nichilismo è il rifiuto totale dei principi religiosi e morali e la convinzione che la vita non abbia alcun significato. Il Nulla è fondamentalmente una metafora. È una forza che rappresenta la disperazione che consuma le persone che stanno perdendo non solo le loro speranze e i loro sogni, ma anche il significato delle proprie esistenze.
Gmork spiega che Fantasia è una terra di fantasia umana fatta di speranze e sogni di persone su un pianeta lontano, e Fantasia sta morendo perché gli umani stanno iniziando a perdere le speranze e a dimenticare di sognare. Questo è il carburante del Nulla, ci viene detto. Poi Atreyu pone a Gmork la domanda da un milione di dollari: “Che cos’è il Nulla?” La risposta di Gmork è eloquente. “È il vuoto che rimane”, risponde il cattivo. “È come una disperazione, che distrugge questo mondo”.
Quando Atreyu riesce finalmente a superare le Paludi della Tristezza (riferimento alla depressione piuttosto chiaro) e incontra Morla, l’Antico, non trova quello che si aspetta. Invece di imbattersi in un essere saggio che può dirgli cos’è il Nulla e come può sconfiggerlo, ha di fronte una gigantesca creatura simile a una tartaruga letargica. Lungi dall’essere utile, Morla è irritabile e così depressa da voler letteralmente morire: “Morire? Questo sì che sarebbe qualcosa”, dice ad Atreyu.
Abbiamo un’idea del perché Morla sia così infelice. Pur essendo saggio, Morla ha perso il senso di tutto. Molte delle sue risposte ad Atreyu sono precedute dalla frase: “Non che abbia importanza, ma…” È un’anima intrisa di nichilismo. E anche se Morla conosce un modo per aiutare Atreyu a sconfiggere il Nulla, Morla si rifiuta, perché dice che nulla ha importanza. Solo dopo che il nostro eroe ha ingannato la tartaruga depressa riesce a ottenere indicazioni preziose per continuare la sua missione.
E sempre tramite Gmork, e i suoi monologhi un po’ artificiosi e che oggi suonano piuttosto didascalici, veniamo a sapere che ci sono forze nel mondo che vogliono la gente disperata. Che vogliono le persone deboli. Che vogliono persone dipendenti e senza speranza. Perché le persone senza speranza e senza sogni sono più facili da controllare, e le persone facilmente controllabili non rappresentano una minaccia per chi detiene il potere.
Un messaggio potentissimo e universale, che risuona ancora oggi con immutata forza. In questo senso, la “storia” di Ende è davvero “infinita”.
Come si diceva prima, La storia infinita si ricorda molto anche grazie alla canzone dei titoli “The Neverending Story”, così iconica che non mancherebbe mai in una ipotetica top ten delle hit pop degli anni ’80. Fu composta da Giorgio Moroder e Keith Forsey e interpretata da Limahl, ex cantante dei Kajagoogoo. Ma la cosa più curiosa è che non c’è nella versione originale tedesca, ma è stata “aggiunta” per la distribuzione USA e internazionale.
Altra stranezza: inizialmente la canzone non ebbe successo negli Stati Uniti. Ha conquistato il pubblico negli Stati Uniti solo dopo l’uscita in home video e la messa in onda in TV via cavo del film, un anno dopo l’uscita nelle sale. Ha avuto un altro picco di popolarità quando è stata interpretata da uno dei personaggi della terza stagione di Stranger Things (2016).
Il team di truccatori del film ha cercato di dipingere Noah Hathaway di verde, proprio come Atreyu nel libro. “Non era credibile. Sembravo un fungo!”. Ha dichiarato poi l’attore che oggi possiede e gestisce con la moglie un salone di tatuaggi a Los Angeles.
Falkor il Fortunadrago è una creatura motorizzata lunga circa 13 metri con 6.000 scaglie di plastica e una pelliccia di piume rosa. La sua testa è alta e lunga un metro e mezzo ed è dotata anche di una lingua. Oggi è possibile cavalcarlo presso il Bavaria Filmpark di Monaco, in Germania.
Contrariamente alle “voci di corridoio”, il cavallo che interpretava Artax non è morto davvero durante le riprese della scena della Palude della Tristezza. In realtà, per la scena sono stati utilizzati due animali identici, addestrati professionalmente per mesi da un addestratore di cavalli. Durante le riprese della scena, la troupe si alternava tra i due, illesi.
Petersen ha inoltre espresso piena comprensione per la reazione scioccata del pubblico e ha affermato che la tristezza della scena era necessaria per la storia e il personaggio.
Tra l’altro, il cavallo “principale” che interpretava Artax fu dato a Noah Hathaway dopo la fine delle riprese. Tuttavia, a causa dei costi di trasporto, della necessità di quarantena e della castrazione, il cavallo è rimasto in Germania.
La maggior parte del film è stata girata in Germania nell’estate del 1983. Fu l’estate più calda degli ultimi 25 anni. Certo, tutto questo prima che arrivasse il riscaldamento globale…
Secondo un articolo pubblicato da Der Spiegel nel 1984, lo scrittore Michael Ende sperava che questo film fosse diretto da Andrzej Wajda o da Akira Kurosawa.
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