La società della Neve, storia vera ai limiti dell’umanità

Film di chiusura dell'80ma edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, La società della neve di J.A Bayona racconta la storia vera dei 29 sopravvissuti del volo 571


VENEZIA – Film di chiusura dell’80ma edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, La società della neve è il film con cui il registra spagnolo J.A Bayona vira il suo cinema verso un altrove che ha dell’incredibile. Non è la prima volta che racconta una storia vera. Nemmeno la prima che quella storia riguarda la sopravvivenza di un gruppo di persone (Alive). Ma questa storia, una storia di sopravvivenza cruda – reale nei fatti e nelle immagini -, con al centro un gruppo di uomini incastrati nelle Ande in seguito a un incidente aereo mortale, è vivida ed essenziale, di tutt’altro spessore. 

Tutto vero: era il 1972 e sul volo 571 delle Forze aeree dell’Uruguay si imbarcarono 45 persone, una squadra di rugby diretta in Cile, più qualche amico e famigliare al seguito. Sulla Cordigliera sanno che le correnti sono pericolose, volano basso e cercano riparo, poi l’imprevisto: un botto, il vento e infine solo il caos. Attorno ai sopravvissuti l’immenso terrore di una neve bianca che non finisce più. A salvarsi, in 29. Come? Su questo si concentra Bayona, con un rigore che attinge dall’omonimo libro di Pablo Vierci e si realizza in un film d’intrattenimento e d’autore.

Questa storia, in arrivo su Netflix, Bayona la racconta senza cedere mai ai compromessi di un genere che facilmente guarderebbe alle emozioni forti, a portata di obiettivo. Bayona no. Il regista di A Monster Calls e The Impossible ha un rigore umanista: gli uomini al centro, i personaggi prima, sfogliati e inquadrati con una dovizia che commuove nei momenti giusti e scandalizza in tanti altri.

Oltre due mesi dispersi: non è spoiler anticipare che sì, questa, come tante altre storie vere di sopravvivenza, parla anche di cannibalismo. Non è l’atto a rubare la scena, è l’umanità che ne resta, mentre la fede traballa e si trasforma. Sopravvivere qui: miracolo o tragedia? Ce lo chiede subito la voce fuori campo a cui Bayona affida un racconto che travolge il punto di vista del libro e offre uno spaccato degli sforzi a cui un gruppo può giungere per restare in vita, insieme. 

È un film di corpi, un film di suoni – la carcassa dell’aereo sbattuta dalla tormenta, l’urlo disperato di un ferito – e un film di speranza, sussurrata, sbraitata e spesso persa. 72 giorni in due ore e mezza che scorrono per ritmo ma non scivolano mai: perché Bayona ci porta lassù, dove il freddo è un regno altro e la vita si aggrappa a un filo sottilissimo. 

09 Settembre 2023

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