Ci sono italiani che lo sono stati due volte: una per nascita, l’altra per scelta. Sono gli italiani dell’Istria, che durante la Seconda Guerra Mondiale – soprattutto dopo l’armistizio – si sono trovati schiacciati tra la violenza nazifascista e quella dei comunisti di Tito, venendo costretti a un esodo che ha riguardato 350mila persone nel giro di pochi anni. Uomini, donne e bambini che, “umiliati e offesi”, hanno dovuto lasciare le proprie case e la propria terra per sopravvivere e per continuare a essere italiani.
Questa storia troppe volte dimenticata rivive nel film tv diretto da Tiziana Aristarco La Rosa dell’Istria, in arrivo in prima serata su Rai1 e in streaming su RaiPlay dal 5 febbraio, proprio poco prima del Giorno del ricordo (10 febbraio). Liberamente ispirato al romanzo Chi ha paura dell’uomo nero? di Graziella Fiorentin, il film vede come protagonisti Andrea Pennacchi e l’esordiente attrice di origini albanesi Gracjela Kicaj, nei panni di un padre e di una figlia alle prese con la migrazione forzata della propria famiglia. Con loro, tra gli altri, anche Costantino Seghi ed Eugenio Franceschini.
“Abbiamo trovato delle ferite aperte in quei luoghi. – racconta la regista Tiziana Aristarco, riferendosi alle riprese avvenute in varie location del Friuli Venezia Giulia – Non pensavamo ci fosse questo bisogno di sentirsi raccontare quello che è successo. Abbiamo cercato di dare al film un movimento, raccontando dei paesaggi diversi tra di loro che messi insieme dessero il senso del viaggio di questa famiglia, di questo esodo. Questa piccola storia universale che deve anche farci riflettere sul presente”.
Gracjela Kicaj – “una scommessa vinta che ci ha ammaliato con il suo volto antico” – interpreta Maddalena, una giovane donna costretta a ritrovare le proprie radici lontana da casa, esattamente come il bocciolo di rosa che la nonna le affida prima di lasciare l’Istria e che dà il titolo al film. Il conflitto di Maddalena non è solo quello esterno, con il mondo in guerra, ma anche interno, con il padre Antonio, un medico di buon cuore ma severo nei confronti delle sue scelte di vita moderne, come amare qualcuno fuori dal matrimonio e volere diventare una pittrice. Proprio la vocazione artistica di Maddalena, però, riuscirà a restituire alla sua comunità una memoria delle vicissitudini sopportate.
“Antonio è costretto ad affrontare la grande Storia con la sua famiglia, a muoversi – spiega Andrea Pennacchi parlando del suo personaggio – Affronta una tragedia, ma al tempo stesso c’è in lui quella commedia umana dell’affrontare la vocazione della figlia, che lui, uomo di un altro secolo, non capisce. Una cosa che ho compreso molto bene, perché anche io, essendo un primiparo attempato, provo le stesse cose con mia figlia. Grazie alla grande produzione che c’è dietro il film, noi ci siamo potuti concentrare sulle piccole cose familiari, sui dettagli che raccontano meglio la grande Storia. Il racconto della gente piccola e normale che viene schiacciata dal tallone della Storia”.
Ne La Rosa dell’Istria il tema della memoria è quello che più viene sottolineato. “Si dimenticheranno di noi” si dice esplicitamente, facendo riferimento a un racconto miope della storia, in quanto spesso si sceglie di concentrarsi su certi contesti e situazioni, lasciandone in disparte altri. “La memoria che hai è diversa dalla Storia che ti insegnano a scuola. – sottolinea Pennacchi – E lo dico da figlio e nipote di partigiani. Io so però, proprio per questo, che la memoria che passa per la tua famiglia guida le azioni del presente. Nel mondo in questo momento stiamo vedendo il fallimento della creazione di memorie che dialogassero l’una con l’altra, quanto piuttosto di memorie conflittuali. La memoria ha sempre senso. E quando tieni la memoria viva, devi anche capire se, nel frattempo, stai schiacciando altre memorie. Tutte le storie sono degne di essere raccontate e raccontarle non può che essere sano per l’attualità, perché la memoria è una cosa che ha a che fare con come viviamo adesso”.
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