MILANO – L’ispettore Rock di Cesare Polacco per la Brillantina Linetti, il tenente Sheridan di Ubaldo Lay per Biancosarti, ma anche Dario Argento per lo zucchero Zefiro o l’icona di Diabolik per Renault: una carrellata, dal bianco e nero al colore, dalla Storia di Carosello a quella più assoluta della Pubblicità, per aprire le porte, non univoche, sul rapporto tra Cinema e Pubblicità, tema su cui s’interroga il numero 59 della rivista bimestrale 8 ½, che – in un incontro dedicato all’Università IULM di Milano – si fa menage à trois con anche il Genere Noir, soggetto del Festival che ospita il dibattito.
“Le coloriture del Genere funzionano quando connesse a pilastri conoscibili o figure riconoscibili: e Diabolik ricorre. Certamente, è stato Ridley Scott a sdoganare come un grande regista di pubblicità potesse essere anche un grande regista di film, e lì i registi di pubblicità si sono sentiti accreditati”, fa notare Giorgio Gosetti, co-direttore del Noir in Festival e tra le voci sul palco, insieme a Gianni Canova, direttore editoriale della rivista edita da Cinecittà, a Federico Brugia, regista, e a Guido Cornara, pubblicitario, copy e docente.
“Il cinema flirta con la pubblicità innescando il desiderio del bisogno commerciale, il godimento per l’uso dell’oggetto: s’innesca il fantasma del desiderio, come in Rocco e i suoi fratelli che, appena arrivati a Milano, dal tram rimangono incantati a guardare le vetrine, scoprendo la diurnizzazione della notte e la vetrinizzazione del mondo”, dice il Direttore della rivista, che spiega:” Questo numero cerca di ragionare sull’attrazione fatale – o sulla maledizione – tra Cinema e Pubblicità, un rapporto molto più solido e fondativo di quanto gli uomini di Cinema siano stati disponibili ad accettare. C’è ancora dello snobismo. Rispetto al Noir, c’era un’idea per cui la pubblicità vampirizzatava figure del Cinema di Genere per farne riproduzione con goffo mimetismo, un tentativo di arpionare modelli di narrazione connessi al Cinema che non avevano nulla a che fare con la marca”.
Con riferimento proprio a Carosello, Brugia afferma che “quella struttura pre-spot prendeva un Genere e ci appiccicava il prodotto, ‘il codino’: somigliavano più alle telepromozioni che agli spot. Uno dei problemi della pubblicità italiana è la nefasta eredità di Carosello, seppur dietro ci siano stati grandissimi geni, da Armando Testa in poi: siamo arrivati molto in ritardo sul linguaggio pubblicitario rispetto ad altri Paesi. Il Noir, con il Musical, è il Genere che sviluppa di più le sue potenzialità estetiche e un po’ meno quelle narrative”. Ma “Questo permetteva di sviluppare un plot. Anche simile al brand entertainment”, precisa il professor Cornara, per cui “Il mistero del Noir è molto funzionale alla pubblicità, conferisce fascino”. Infatti, “Molti brand ci stanno ancora flirtando, come i Red Diaries di Campari diretti da Sorrentino, Garrone e Sollima: tutti e tre i loro racconti rivisitano intelligentemente i topoi del Noir”, incalza Canova. “C’è stato uno spot di Volkswagen prodotto tutto con scene di film Horror, e con il topos della fuga in macchina che non parte. Alla fine della pubblicità, una scritta: ‘vi siete mai chiesti perché non c’è mai una Volkswagen in un film Horror? Chiarissimo il messaggio dei codici”, fa notare ancora Cornara.
“Il Noir è pazzescamente adatto alla pubblicità”, il pensiero di Federico Brugia. “La pubblicità parte da presupposti che sembrano fare del Noir lo spunto ideale per prodotti di lusso: la narrazione frammentaria, quella soggettiva più interiore, le luci e i colori, l’invenzione di certe inquadrature”. Il regista di Riva in The Movie con Pierfrancesco Favino, inoltre, riflette sul fattore “durata”: “La modalità di racconto attuale è iperbreve e in pubblicità ti chiedono di porre attenzione sul prodotto entro i primi 4″, perché il pre-roll su YouTube dopo quel tempo ti dice che puoi saltare la pubblicità. Andiamo dai 4″ al successo della lunga serialità: le serie però sembrano mettere in scena la parte di non racconto che aiuta il racconto a evolversi. Poi, c’è il grande potere della sintesi e il narrare in maniera sintetica”. “La sintesi è un dono, la capacità di esprimere concetti in modo sintetico contiene una disciplina pazzesca”, chiosa Cornara.
Così come era cominciato, l’incontro sfuma a conclusione mostrando una seconda carrellata, ennesimo specchio di una delle possibili declinazioni dello sfaccettato rapporto tra Cinema, Pubblicità e Noir, e così – a cura del direttore Gosetti – s’inanellano gli spot “brandizzati” 007, ovvero Daniel Craig per Heineken, Pierce Brosnan per Spar e Visa, Roger Moore per Tesco, Sir Sean Connery per Citroën, oltre all’epilogo con il film pubblicitario breve di Brugia per la casa nautica Riva.
Il film tratto dalla graphic novel di Gipi insignito del Premio nel nome del regista di Non essere cattivo: sei i finalisti italiani. Mentre, Black Panther Award al film di Ivan Grbovic, e Menzione Speciale a De uskyldige – The Innocents
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