Pardo italiano, con polemiche. Nella giornata più lunga e movimentata del festival, iniziata con la proiezione del videodiario sul G8 alla presenza del sottosegretario Sgarbi, Alla rivoluzione sulla due cavalli si porta a casa il massimo premio e un Pardo di bronzo all’attore, ma suscita nella giuria del 54° festival di Locarno (clicca qui per il palmarès completo) accese discussioni e persino accuse pubbliche di scarsa democrazia e di scarsa tolleranza verso le minoranze.
Due giurate su otto, Laura Morante e la francese Emilie Deleuze, non hanno condiviso l’amore per questa commedia generazionale che affronta temi politici e culturali forti – gli anni ’70, la rivoluzione sessuale, l’impegno – in toni leggeri e scanzonati.
“Non ci riconosciamo nel verdetto e prendiamo le distanze. Pensavo che fossimo qui, in un festival con la tradizione che ha Locarno, per premiare buoni film, impegnati e di ricerca. Non opere che avrebbero comunque fatto la loro strada da sole”, chiarisce Laura Morante non senza qualche emozione.
La conferenza stampa, affollatissima, per una volta non ha nulla di rituale o burocratico. Critici e giornalisti fischiano più di un premio, quello a Baby boy di Singleton, quello a Love the hard way, ma soprattutto il Pardo a Sciarra (leggi l’intervista a caldo) e il Pardo di bronzo al suo attore, il catalano Andoni Gracia. Come molti degli specialisti stipati nella sala del Palazzo Morettini, anche le due giurate, rimaste isolate, avrebbero preferito l’iraniano Delbaran o il cinese Conjugation o magari il francese Le lait de la tendresse humaine, tutte opere citate in qualche modo dal palmarès fin troppo spalmato sulla selezione (dieci vincitori su diciannove concorrenti).
Invece ha prevalso, dopo una serie di discussioni che si sono protratte fino a notte fonda, un cinema popolare e fruibile, molto gradito anche ai compratori stranieri. Apprezzato dal critico americano Janet Maslin (penso che la commedia sia altrettanto difficile del cinema serio), da Debra Winger (molti film meritavano considerazione, compresi Dervis e Nabi, ma abbiamo scelto i migliori) uscita poi dalla sala in segno di protesta, dallo scrittore Antonio Skarmeta, unico uomo in una giuria di sole donne e acceso sostenitore della via rock al socialismo proposta dal film di Sciarra. “Che bello vedere un trio di giovani sensibili ai temi della politica che salutano il ritorno della democrazia in Portogallo e condividono le gioie della liberazione anche attraverso il sesso. Meglio di tanti film noiosi e ombelicali”.
Polemiche a parte, il cinema italiano, come scrivevamo ieri su cinemazip, ne esce comunque benissimo. Vitale, variegato, non più scollegato dallo Zeitgeist, sempre più stimato dagli osservatori stranieri: Dervis di Rondalli se ne va con un premio collaterale e gli applausi della critica; Non è giusto di Antonietta De Lillo ha iniziato qui una strada che sicuramente lo porterà lontano, almeno a giudicare dalle discussioni avvincenti che ha suscitato nel pubblico e negli addetti; quanto a Sciarra ha trovato possibili compratori ovunque, mentre in Italia uscirà il 2 novembre distribuito da Lantìa in grande stile.
E il primo festival di Irene Bignardi sarà comunque ricordato anche per questo mezzogiorno di fuoco tra giurati.
P.S. Un premio ha messo tutti d’accordo, quello del pubblico all’indiano Lagaan che la Mikado ha acquistato per il nostro mercato.
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