“Non è per i 30 pesos. È per i 30 anni”. Con questo slogan il 18 ottobre del 2019 a Santiago del Cile scoppia la ribellione per un piccolo rincaro del biglietto della metro: studenti e studentesse saltano i tornelli. La rabbia dei giovani, a lungo covata contro un capitalismo selvaggio che ha privato la popolazione di tutti i servizi essenziali, dall’educazione alla sanità alla casa, esplode e l’onda non si ferma. Come se in quei 30 anni dalla fine della dittatura di Pinochet avesse preso la rincorsa.
In breve tutto viene organizzato: la Primera Linea è un servizio d’ordine spontaneo che difende i manifestanti, li approvvigiona di cibo, cura i feriti, prepara le molotov e scatta le foto, come quelle, bellissime, di Leonardo Villar, tra i protagonisti del documentario di Manuele Franceschini No tenemos miedo. Visto alla Festa di Roma in Riflessi, il film, prodotto da Andrea Occhipinti (Lucky Red) e Luce Cinecittà (in conferenza stampa c’è la presidente Chiara Sbarigia), è un duro e ritmato atto d’accusa contro il governo cileno e la repressione della protesta, contro le violazioni dei diritti umani denunciate da Amnesty International, che ha scelto di dare il suo patrocinio alla pellicola.
I Carabineros mirano agli occhi con proiettili di gomma e cartucce che contengono pallini da caccia, causando ogni giorno gravi ferimenti. Ad esempio l’8 novembre, il giorno in cui Gustavo Gatica è rimasto accecato, sono state esplose oltre 2.000 di queste cartucce. “Questo film – afferma Riccardo Noury – racconta meglio di qualsiasi relazione quello che scrivevamo nei rapporti sulla repressione delle proteste sociali noi di Amnesty e che ha portato il ministro cileno della Difesa ad attaccarci pubblicamente. La lotta ha prodotto importanti risultati, è stata abrogata la Costituzione di Pinochet e si è formata un’assemblea costituente guidata da una nativa mapuche. Ma il governo ha deliberatamente cercato di stroncare le manifestazioni a tutti i costi, anche al prezzo della vita umana e i dirigenti dei Carabineros sono tuttora al loro posto nonostante abbiano impartito ordini vergognosi come quello di mirare agli occhi. La richiesta di giustizia va avanti, basta con l’impunità che ha caratterizzato gli anni successivi alla fine della dittatura di Pinochet”.
Manuele Franceschini, originario di Lucca, racconta del suo forte legame con il Cile. “Ho passato 40 anni della mia vita in Sudamerica, tra il Brasile e Santiago. Tre anni fa sono tornato in Italia stanco del clima di oppressione. Da qui mi è apparso ancora più folle il bluff del Cile come giaguaro dell’America Latina, in realtà quello cileno è un popolo abbandonato a se stesso e tutta la ricchezza è in mano a una decina di famiglie. Quando è scoppiata la ribellione, mi sono detto che era ora. Ma la gioia di vedere Santiago messa a ferro e fuoco, ha subito lasciato spazio alla preoccupazione per gli amici feriti, tra cui la mia ex moglie e mio figlio. Mi sono buttato per strada anch’io con la macchina da presa finché il Covid non ha fermato tutto, la pandemia è stata una manna per il governo che non sapeva come fare a gestire un sentimento di rabbia così diffuso. A quel punto sono entrato nelle case dei ragazzi della Primera Linea e li ho intervistati proseguendo il lavoro, poi affidato alla bravissima montatrice Desideria Rayner“.
“Nel mio paese – spiega Leonardo Villar – è complicato far vedere questo film e all’estero si è parlato poco della ribellione. Ma grazie al festival di Roma, tra poche ore No tenemos miedo sarà mostrato in tv da La Red in un clima sicuramente incandescente perché oggi è il secondo anniversario della protesta”.
Franceschini, che con una piccola troupe filma tutto quello che accade nelle strade, nei quartieri centrali, in Plaza de Italia ribattezzata Plaza de la Dignidad, ha scelto di dare al film un ritmo rap, quasi da videoclip, con le canzoni e le musiche del movimento sottotitolate per conservarne pienamente lo spirito creativo e vitale e il senso: “In piazza – dice il regista – è scesa una gioventù intrepida. Il loro motto è ‘non abbiamo paura’, ma è chiaro che hanno paura di fronte a una polizia armata fino ai denti che loro affrontano con qualche pietra. Il mio film è un omaggio a questa gioventù coraggiosa che si è risvegliata. Quello che c’era prima non era depressione era capitalismo, come dice un altro slogan”.
Andrea Occhipinti è entrato di slancio nel progetto: “Conosco Manuele da moltissimo tempo, da quando era assistente di Bolognini ne La certosa di Parma. E’ un difensore dei diritti dei diseredati, ha raccontato in un altro suo film l’Amazzonia sfruttata dalle multinazionali farmaceutiche. Mi hanno impressionato le immagini di Santiago che mi ha mostrato, quando non si sapeva molto della ribellione. Quindi anche Cinecittà è entrata nel progetto”.
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