Se ancora ci fosse qualche dubbio, l’arrivo in sala di Miami Beach, con 01, in oltre 300 copie, il 1° giugno, dovrebbe fugare ogni associazione tra il cinema di Carlo ed Enrico Vanzina e il ‘cinepanettone’ (termine che si fa via via sempre più desueto man mano che il genere sfuma in mille altre declinazione) più becero e volgare. Certo, ci sono anche un paio di film di Natale nel curriculum dei due autori italiani, ma anche e soprattutto tanta commedia ben scritta, che a tratti mira a fotografare dei ricordi in maniera nostalgica e divertita (Sapore di mare), a tratti tic, manie e strane abitudini della nostra società (Eccezzziunale Veramente, Il Ras del quartiere).
In questo film in particolare i due sembrano richiamarsi alla commedia estiva americana o a certi piccoli cult del cinema francese come il classico Mio padre, che eroe! con Gérard Depardieu, intrecciando storie d’amore, scambi di ruoli e commedia degli equivoci e concentrandosi in particolare sulla comunità italiana di Miami, sostenuti da un ottimo cast su cui spiccano Paola Minaccioni e Max Tortora, in una classica storia di sesso che parte da una profonda antipatia reciproca, al fianco di Ricky Memphis, Emanuele Propizio, Giampaolo Morelli e i giovani Neva Leoni, Filippo Laganà (figlio del grande Rodolfo), Camilla Tedeschi e l’adorabile svedesina Nina Strauss che in conferenza stampa viene correttamente paragonata a Karina Huff, storica interprete inglese spesso utilizzata da Carlo ed Enrico e tragicamente scomparsa da poco. Si tratta anche di un anniversario.
E’ anche un’anniversario: 40 anni di carriera dall’esordio nel 1976 con Luna di miele in tre: “Riferimenti alla commedia americana ci sono sicuramente – dice Carlo – l’idea è nata proprio da uno scouting che ho fatto con le mie figlie negli Usa, pensando che sarebbe stato divertente raccontare un mondo che di solito ci arriva dai Farrelly, da John Belushi o da Ben Stiller. Il cinema digerisce tutto e il nostro mestiere è riproporlo in maniera diversa”. Ed Enrico ricorda giustamente il precedente di South Kensington, esperimento analogo dei primi 2000 interpretato proprio da Morelli insieme a Enrico Brignano e Rupert Everett, sui circa 570mila italiani che abitano a Londra. “Ricordo che Everett era molto preciso e studiava benissimo le battute, ma poi Brignano gli parlava sopra e lo faceva uscire di testa”.
La coppia Minaccioni/Tortora strappa molti applausi e risata, rimescolando con ironia le carte nei rapporti tra uomo e donna in particolare in questo tipo di cinema, dove le donne vengono spesso considerate solo come statuine belle da vedere e da spogliare. “Mi sono ispirata a una figura archetipica della tragedia greca – dice Minaccioni – nota come ‘la stronza’. Ho temuto il dialetto milanese, ma grazie al mio partner tutto è filato liscio. Non riesco a pensare al personaggio dell’uno senza l’altro. Funzioniamo in coppia”. “C’era un’ottima base su cui camminare – commenta Tortora – e se la sceneggiatura funziona puoi anche concordare con il regista piccoli cambi. Io sono romano e me lo tengo, non sarei capace di cambiare accento, ma cerco di dosarmi per dare l’artigliata quando serve”.
“Impegnativo tenere alto il nome della famiglia – scherza il giovane Laganà – ma almeno con Carlo ed Enrico sei sicuro di due cose: alle tre sei a casa, perché sono veloci, e quando gioca la Roma si fermano”. “L’Italia non è cambiata tanto – approfondisce Enrico – cambiano le dinamiche e forse il tasso di ricchezza dei vari strati sociali, ma l’umorismo è quello. L’italiano raccontato da Ennio Flaiano somiglia a quello di oggi. Ieri portavano i figli in un museo, oggi li portano da Ikea. Il contatto con il quotidiano lo abbiamo ereditato da papà Steno, che era sempre in contatto con i giovani, e questo lo aiutava a rinfrescarsi”. La chiusura è dedicata agli aspetti produttivi e distributivi: “Per la prima volta la nostra famiglia si incontra con un’altra famiglia di grandi uomini di cinema – chiude Carlo – la Leone Film Group, fondata da Sergio. Anche lui era attentissimo ai giovani e infatti decise di lasciar esordire Verdone alla regia, ma inizialmente per lanciarlo aveva chiamato papà. Usciamo d’estate per cercare di resistere. Significa chiedere agli esercenti di avere pazienza. Non basta che ci accolgano come eroi per poi smontare il film dopo tre settimane. Ce ne vogliono almeno otto. L’esperimento è quello di cercare di sfruttare i Multiplex, partendo dalle sale grandi e man mano spostandoci su quelle piccoline ma restando presenti. Il mercato ora è maturo ma dobbiamo muoverci tutti nella stessa direzione”.
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