La Calabria di Muccino non piace agli intellettuali calabresi

Gabriele Muccino è ospite della Festa di Roma per presentare il cortometraggio Calabria, terra mia, interpretato da Raoul Bova e Rocio Morales, che racconta le bellezze della Regione


“Se gli americani guardano all’Italia in questo momento di pandemia? Per fortuna non sono in America in questo momento, quindi non so come sia il clima lì, ma non credo che gli americani guardino all’Italia come esempio: sono molto concentrati su loro stessi. E non credo che in questo momento di pandemia sia diverso”.

Ad affermarlo sul red carpet della Festa del Cinema di Roma è Gabriele Muccino, ospite della kermesse per presentare il cortometraggio Calabria, terra mia, interpretato da Raoul Bova e Rocio Morales e che racconta le bellezze della regione. Una serata alla quale avrebbe dovuto prendere parte anche la presidente Jole Santelli, scomparsa poco meno di una settimana fa. “La Calabria è una terra incredibilmente affascinante, imprevedibile – dice Muccino – Nelle intenzioni di Jole c’era quella di farla conoscere, perché è sempre stata una regione che è come sono i calabresi: chiusa e riservata. Le leggi del mercato e della conoscenza vogliono invece che tutto questo sia raccontato”. Il regista spiega poi come ha approcciato il film: “Il mio è un racconto emotivo, un racconto puro – conclude – una storia d’amore che sfrutta la Calabria come sfondo e come percorso di un’avventura d’amore”.

La proiezione del film, prodotto da Viola film per la Regione Calabria, è stata seguita da un dibattito, moderato dalla presidente della Fondazione Cinema per Roma, Laura Delli Colli, con il regista, i protagonisti, il producer, Alessandro Passadore, e il presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì. La storia è quella del viaggio di un uomo (Bova) che accompagna per la prima volta la sua compagna spagnola (Munoz Morales) alla scoperta della sua terra d’origine.

Gli intellettuali calabresi hanno però stroncato il corto costato 1,6 milioni di euro. L’AGI ha raccolto le voci del mondo della cultura. “Un lavoro artisticamente incommentabile”, per lo scrittore Gioacchino Criaco. “Muccino può piacere o no – dice – è certamente uno che di cinema ne capisce, ma il suo cortometraggio è di una pochezza assoluta che non ti aspetti”. Criaco, impegnato in questi giorni nella promozione del suo ultimo romanzo “L’ultimo drago d’Aspromonte”, conosce la materia. Il suo best seller Anime nere è diventato un film. “Questo cortometraggio – aggiunge – è esattamente il contrario di quello che Jole Santelli voleva ottenere. Il suo ultimo post è stato dedicato proprio alla presentazione del corto di Muccino che, ripeto, è un prodotto incommentabile: carente sul piano della recitazione e su quello della sceneggiatura”. Criaco, molto attivo sui social, interviene costantemente sui problemi della sua regione. “C’è un errore di fondo – dice – in cui la politica calabrese incorre continuamente: che il problema principale della regione sia l’immagine e che cambiando certi stereotipi tutto si risolva. In realtà occorre prima un lungo processo culturale, occorre cambiare la sostanza delle cose, poi cambierà la percezione che si ha della Calabria. Adesso ci rideranno tutti dietro”.        

Non meno critico è Santo Gioffrè, autore di “Artemisia Sanchez”, romanzo da cui è stata tratta una serie televisiva. “È volgare – spiega – perché trasmette l’idea di una colonia sottomessa alla madrepatria. Le atmosfere sono da Padrino, sembra ambientato negli anni ’50. Ne risulta sminuito ogni senso comune. Di Muccino, da servi, hanno comprato solo il nome e lui, da leghista antelitteram, ci ha trattati da coloni”. 

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20 Ottobre 2020

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