La buona uscita: la Napoli che non ti aspetti

Esce il 5 maggio con Microcinema, nei capozona, l’esordio al lungometraggio di Enrico Iannaccone


Esce il 5 maggio con Microcinema, nei capozona, l’esordio al lungometraggio di Enrico Iannaccone (già vincitore del David di Donatello per il corto L’esecuzione, che ha realizzato questa nuova pellicola in soli 20 giorni di riprese), La buona uscita. Una storia grottesca e feroce, incentrata sulla giovane borghesia napoletana, ricca, strafottente, cinica e asociale, e rappresentata in particolare da due poli, quello maschile, Marco Macaluso (Marco Cavalli), imprenditore disonesto ed egocentrico, e Lucrezia Sembiante (Gea Martire), donna libera con grande carica sessuale che si accorge però dei segni dell’età. Il film è prodotto da Mad Entertaiment di Luciano Stella insieme a IK Media, Altre Storie e Zazen Film con il contributo del MiBACT.

E’ una Napoli diversa, stramba e particolare. Non la Napoli di Gomorra e delle sparatorie, dove c’è sì la criminalità ma si manifesta più con la connivenza che con la violenza. “Una specie de Il capitale umano in salsa napoletana”, lo definisce scherzando il produttore Stella provocando il regista che, giustamente, ci tiene a sottolineare che c’è anche molto di più: “I miei corti –dice Iannaccone – si basavano su uno schema molto deciso, il ‘fattaccio di notte’. Volevo discostarmi, e pensavo di scrivere una commedia, poi tutti mi hanno detto che in realtà non lo era. Parlo della solitudine, della libertà, ma anche di quanto questa possa far paura. E lo simboleggio inquadrando spesso il mare aperto e tempestoso. Le mie fonti di ispirazione sono Antonioni, Ferreri e Pasolini ma amo moltissimo anche il cinema di Haneke. Ho lavorato in maniera teatrale, su linguaggio barocco e battute singole, proprio a simulare l’incomunicabilità che c’è tra i personaggi. Sono maschere. Si può fingere di avere sentimenti e relazioni finché non entra in ballo il meccanismo della paura”.  

“Il personaggio ha la mia stessa età – dice Gea Martire – per cui è chiaro che mi ci sono identificata facilmente. Fa i conti con la vita, una cosa che non si dovrebbe fare mai, è un grande errore. Quindi si trova di fronte alla paura di essere sola e la riscatta con un matrimonio futile e noioso. Poi però si ravvede e recupera il suo spirito”. “Non difficile costruire il mio personaggio – spiega Cavalli – basta guardarsi intorno, leggere i giornali, osservare certi tipi umani che girano al Vomero, il loro ghigno, metterlo in scena è stato molto divertente. All’inizio pensavo che i dialoghi fossero troppo pomposi ma infine mi ha convinto che le cose dovessero essere esattamente così”.    

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02 Maggio 2016

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