Walt Disney non accenna a fermarsi. Anche Biancaneve, il primo lungometraggio dello Studio uscito nel 1937, “prende vita” e si fa live-action. Un’operazione che Disney porta avanti da anni, con buona pace della critica – incerta sul valore artistico di tali rifacimenti – e per la gioia dei box office, che da tempo confermano la bontà, in senso economico, di questa strategia. Anche Dreamworks, concorrente di lunga data di Pixar e Disney, si prepara a breve a debuttare con un primo live-action tratto dalla trilogia animata di Dragon Trainer. Per Biancaneve, Disney ha scelto il regista Marc Webb e una coppia riconoscibile di attrici: Rachel Zegler per la dolce principessa e Gal Gadot per la malefica regina. Biancaneve – senza sette nani, almeno nel titolo – è atteso in sala il prossimo 20 marzo.
Il remake non ha mai celato le proprie ambizioni: ripensare la storia dei Grimm per i tempi correnti, mettendo da parte Principi e baci non richiesti. Una versione moderna e progressista, senz’altro “corretta”, ma con poco mordente e priva del guizzo artistico dell’originale, capace di infondere la fiaba con l’arte dei più importanti animatori della prima epoca Disney.
Zegler ripensa Biancaneve e restituisce una donna forte e decisa, leader atteso per liberare il Regno dall’oppressione della malvagia Regina. Il nuovo Biancaneve cerca nel loro rapporto una diversa prospettiva per il racconto. Il cattivo governo della strega si contrappone alla promessa di libertà e gentilezza di Biancaneve, che arriva a camminare tra il popolo come una vera salvatrice. Il tema amoroso, comunque presente, fa un passo indietro, e si apre una vicenda più politica. A contrapporsi, ancora prima che due donne giudicate in bellezza dallo specchio magico, sono i valori opposti che incarnano. Il nichilismo spregiudicato della Regina non può molto contro l’ideale di gentilezza che la giovane Biancaneve propone. Saranno le parole, infatti, a fare la differenza nello scontro finale, e Biancaneve – ottima politica – farà valere la propria idea di mondo, convincendo persino gli sgherri nemici. Un confronto che si acuisce se si pensa alle voci che vorrebbero le stesse Zegler e Gadot lontane anni luce sul piano politico; uno dei tanti rumors che da mesi circondano la pellicola.
Numerose polemiche infatti hanno fatto parte da subito di questo progetto. Fin dall’annuncio del cast, con la scelta di un’attrice latina come protagonista, si è aperto un acceso dibattito sul rispetto delle caratteristiche originarie della fiaba. Rachel Zegler, intervistata sulla questione, ha definito il film originale del 1937 “datato”, chiarendo da subito che la sua versione è focalizzata sulla crescita personale e sull’indipendenza della protagonista piuttosto che sulla classica storia romantica. Anche i sette nani hanno subito una trasformazione radicale, sostituiti da creature digitali per evitare stereotipi, salvo poi sollevare ulteriori proteste da parte di attori con nanismo, che hanno denunciato la perdita di opportunità professionali. Alla polemica generale si aggiunge ora l’effettivo risultato, che vede gli storici Mammolo, Brontolo, Eolo, Dotto, Gongolo, Cucciolo e Pisolo sparire dietro volti anonimi realizzati in CGI; prima privati della poesia dell’animazione e poi della vitalità che ci si aspetterebbe in un vero live-action.
I messaggi del nuovo Biancaneve sono inattaccabili. È moderno, preciso, rispettoso di tutti. Giusto per i tempi che corrono. Sorge però il dubbio che non solo di questo possa vivere un film; che la presenza di tutti i temi utili ad allinearlo al presente non basti a salvarlo dall’oblio in cui potrebbe incorrere. La regia di Webb si schiaccia su una fotografia senza personalità e solo qualche roboante scenografia (la casa dei sette) restituisce l’emozione di entrare, davvero, nella fiaba. Ha ragione Zegler: l’originale propone un’idea di mondo datata, soprattutto per l’immagine della donna da salvare. Eppure, è un’opera senza tempo. Testimonianza di una creatività che supera i pregiudizi dei suoi stessi creatori. La regia, l’animazione, le musiche; se la morale del film originale è invecchiata, non lo è il riuscitissimo incontro tra arte e intrattenimento che lo anima. La prossima volta, oltre che correggere i temi della storia, Disney potrebbe partire da lì: dall’arte che rende una storia meritevole di essere ricordata.
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