TORINO – Un allegro trio di gagliardi settantenni con un progetto: quello di trasferirsi all’estero, dove la misera pensione valga qualcosa, dove ricominciare una vita diversa e magari un po’ più frizzante. Una tendenza reale, sono circa 50mila i pensionati italiani che si sono trasferiti in paesi dove il costo della vita è più basso. E dove non ci sono “uragani, inondazioni, meduse”.
Ed ecco allora il Professore, ex insegnante di lettere classiche molto distinto, Giorgetto, popolano di Trastevere sempre in bolletta, e Attilio, robivecchi e fricchettone, che si unisce volentieri ai due amici riandando col pensiero ai tanti anni passati on the road. Tra nostalgie, battute di spirito, birrette e strani incontri, si mettono a raccogliere fondi per attuare il loro sogno finendo anche per “adottare” un ragazzetto africano che vorrebbe emigrare in Canada. Mostrano così un’umanità che commuove lo spettatore imprimendo alla divertente commedia una virata evangelica, come spiega Ennio Fantastichini, l’attore scomparso un anno fa, in una intervista video: “Un film per molti aspetti cristiano, con una gentilezza del tocco”.
“Quello compiuto dai tre amici è un gesto etico che avviene in modo totalmente spontaneo, con semplicità”, sintetizza Gianni Di Gregorio. Che fa pienamente centro con il suo quarto film Lontano lontano, al Torino FF e in sala con Parthenos dal 20 febbraio. “L’idea nasce da una conversazione con Matteo Garrone, che conoscendomi bene mi ha stimolato a scrivere su questo tema. L’idea mi folgorò e dopo tre anni di lavoro sono arrivato a scrivere prima un racconto, pubblicato da Sellerio, Poracciamente vivere, e poi la sceneggiatura con Marco Pettenello. Da questo spunto sono arrivato a parlare di un tema che mi sta molto a cuore: l’istinto buono, quello che abbiamo tutti, chi più e chi meno”. E poi c’è la voglia di relativizzare il senso di povertà che molti italiani vivono. Così la figlia di Attilio dice al padre: “Di che ti lamenti? Guardati intorno. Quando c’è da mangiare e una casa non è povertà”.
Nel film, prodotto dalla Bibi Film di Angelo Barbagallo e Rai Cinema, ha un ruolo importante il tema delle migrazioni: “Gli sbarchi e le tragedie in mare sono entrati prepotentemente nella storia. Così è nato un nuovo personaggio, il vero viaggiatore dei nostri tempi, incarnato da Abu (Salih Saadin Khalid), un giovane africano arrivato in Italia in gommone dopo un viaggio di due anni. Loro sono tre velleitari, lui è il cittadino del mondo”.
Per Giorgio Colangeli alias Giorgetto, “Oggi i giovani stentano a trovare un posto perché gli anziani non mollano mai, si considerano immortali. Giorgetto tratta Abu come un parente, con semplicità, gli dà le chiavi di casa per farsi la doccia. Dobbiamo chiudere i porti? È una domanda senza senso, perché questi stanno già qui, lavorano con noi, sono integrati, non possiamo fare a meno di loro in tante attività. Il problema è stato superato dai fatti. Il martellamento dei media e la propaganda di alcuni politici funziona, ma la cosa è già successa, dobbiamo solo imparare a conviverci”.
Il film, come abbiamo detto, è segnato da una perdita immensa, quella di Ennio Fantastichini. “Ennio è stato un uomo e un attore straordinario – commenta Di Gregorio – nascondeva dietro la sua spumeggiante leggerezza una grande tensione artistica e morale e ha trasformato il suo personaggio in un archetipo. Per tutti noi che abbiamo fatto questo film è un’enorme assenza”. Attilio è l’ultimo ad entrare nel terzetto, quasi per caso, ed è un po’ l’erede del Vichingo di Pranzo di Ferragosto. Il ruolo sembrava scritto apposta per lui. “Ennio – dice Colangeli – non aveva distanze tra quello che interpretava e quello che era. Era una di quelle persone che ti lasciano tanto, perché sono in contatto con il loro io profondo”. E il regista fa cenno alla complicità che si era creata fra gli attori: “Ci siamo ritrovati come se ci conoscessimo da 30 anni, forse per la nostra romanità. Abbiamo riso molto, anche se è stato un film faticoso con cento location in tutta Roma. Eravamo delle trottole, figuratevi che per camminare sotto al sole ci si sono scollate le suole delle scarpe”. “È vero, è un film pieno di esterni, un film di strada – conferma Colangeli – in casa ci stiamo pochissimo”. “Roma – aggiunge Di Gregorio – è una città piena di amore, l’antica accoglienza romana c’è ancora, disseminata qua e là, anche se il centro si sta spopolando e le cose vanno male, ma la speranza rimane”.
Tra le location il Bar San Calisto, famoso ritrovo a due passi da Santa Maria in Trastevere. “Ero emozionato a girare lì, ci vanno tutti, i poveracci, quelli rimasti e quelli che sono emigrati nelle periferie, gli intellettuali, gli artisti. Gato Barbieri suonava lì, il poeta Rafael Alberti lo frequentava”, chiosa De Gregorio.
Nel cast, tutto azzeccato ed efficace, anche uno splendido Roberto Herlitzka, anziano economista che dispensa consigli, Daphne Scoccia (la figlia di Attilio), Iris Peynado (l’insegnante di portoghese), Galatea Ranzi, la bella frequentatrice del bar.
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