Mentre approda sul grande schermo Kraven – Il Cacciatore, torna alla mente l’iconica frase scritta da J.K Rowling per il suo Harry Potter: “Mi apro alla chiusura”. L’avventura del film con Aaron Taylor-Johnson protagonista, in sala con Eagle Pictures dall’11 dicembre, racconta infatti allo spettatore un’Origin Story supereroistica proprio quando sui giornali rimpalla in queste ore la notizia dell’epilogo, anticipato e per ora definitivo, del chiacchierato Sony Marvel Universe. Un inizio senza molto futuro. Non a caso, contravvenendo a una regola non scritta dei Cinecomics contemporanei, Kraven – Il Cacciatore non ha nessuna scena post credits. Un schermo nero alquanto emblematico saluta gli spettatori a fine titoli di coda. Non accadeva da Avengers: Endgame. Allora si trattava di una dedica ai Fan, giunti alla fine di un ciclo narrativo importante. Qui, invece, ha tutto un altro senso. Un addio vero e proprio, almeno per ora. Perché le vie del multiverso, lo sappiamo, sono infinite.
Una serie di importanti insuccessi, tra cui si è distinta al botteghino solo la trilogia di Venom (forte di un divertito Tom Hardy come protagonista), ha convinto Sony a rinunciare al suo universo narrativo dedicato ai villain di Spider-Man. Prima de Il Cacciatore era stato il turno di Madame Web, che nonostante un cast di giovani e gradite attrici del rinnovato star system hollywoodiano, tra tutte l’acclamata Sydney Sweeney, aveva raccolto a inizio anno appena 90 milioni di dollari a fronte di un budget superiore ai 100 milioni (senza contare i costi di marketing). Prima ancora, erano stati i risultati di Morbius, con Jared Leto frontman di un’avventura dalle tinte dark, a far scricchiolare i progetti del cosiddetto SSU, Sony’s Spider-Man Universe.
Le previsioni per il nuovo Kraven – Il Cacciatore non sembrano riportare ottimismo in casa Sony, che nel 2018 aveva scommesso su un’idea fuori dagli schemi: un universo dedicato ai cattivi nati dalle penne di Stan Lee e Steve Ditko come contraltari del loro eroe di punta, Spider-Man, senza però la partecipazione di quest’ultimo. Ecco perché l’attenzione della casa di produzione detentrice dei diritti del personaggio si sposterà ora su ben altri progetti, a partire da Spider-Noir, con Nicholas Cage nei panni di un Uomo Ragno hard-boiled. Un modo per dare seguito anche al successo – quello vero, tanto di pubblico quanto di critica – del film animato Sony Spider-Man: Into the Spiderverse, in cui Cage dà voce proprio a uno Spider-Noir da subito amato dai fan.
Kraven, invece, entra a corsa finita per raccontare la storia di Sergei Kravinoff: “il Cacciatore”, affidato per l’occasione a Aaron Taylor-Johnson. Il film diretto da J. C. Chandor vede anche la partecipazione di Russell Crowe ed è un concentrato di action vecchio stile, con tante frasi roboanti che sembrano uscite da altri noti titoli del genere. L’SSU non ha mai nascosto la sua natura marcatamente old-school, e in alcuni casi – ancora: quasi solo in Venom – si è rivelato uno strumento di distinzione rispetto al più gioioso e ormai codificato stile Marvel. Anche in Kraven, sin dalle prime scene l’Universo Sony sembra vantarsi del sangue che appare insistentemente a schermo. “Il Caccaitore” di Taylor-Johnson, come un combattente d’arti marziali del cinema di Hong-Kong, picchia chiunque con qualunque oggetto gli capiti sotto mano, mettendo in gioco l’istinto animalesco ottenuto da ragazzo dopo essere sopravvissuto all’attacco di un leone durante una battuta di caccia con il padre (Crowe). Grande importanza nella costruzione di questo antieroe – i protagonisti dell’universo Sony sono villain, ma c’è sempre qualcuno più cattivo che in un certo senso giustifica il loro agire “malvagio” – il rapporto con il padre, un criminale russo senza alcuna morale.
Sin da quando è piccolo, l’uomo ha insegnato al figlio che nella vita bisogna essere cacciatori spietati, e che solo così si può dimostrare di essere veri uomini. A subire la retorica agé del Crowe-criminale è anche l’altro figlio (Fred Hechinger), fratello di Sergei. Il film racconta un pezzo della loro gioventù con un lungo flashback ambientato durante una battuta di caccia, setting metaforico per i passaggi più importanti della storia. Qui fa anche la sua apparizione l’altro cattivo principale della storia, Rhino, interpretato da un buon Alessandro Nivola. Tra botte, salti e ruggiti – la metafora animale è colonna portante di una sceneggiatura scritta a sei mani: Matt Holloway, Art Marcum, Richard Wenk – Kraven racconta la caccia di un uomo pronto a mettere fine ai peggiori criminali del mondo, tra cui spicca proprio suo padre. Gli stunt cercano l’intrattenimento e nel loro eccesso riescono a tenere lo spettatore dove invece la sceneggiatura finisce inesorabilmente per lasciarlo indietro. Kraven si apre alla chiusura dell’universo Sony, e a suo modo, senza tutte quelle aspettative per un futuro ormai archiviato, diventa un divertissement senza pretese.
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